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Lo Psicologo del Lavoro e il Covid19

Primo articolo di una serie dedicata a psicologia, mondo del lavoro e cambiamento: oggi parliamo del ruolo dello psicologo del lavoro in questo difficile periodo.
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Foto: Paolo Profaizer https://www.profaizer.it/

Questo articolo inaugura una serie dedicata alla psicologia, al mondo del lavoro e al cambiamento: dallo smartworking alla fiducia, agli effetti della pandemia, a una società che sempre più abbraccia la tecnologia e la robotica in senso ampio. Lo psicologo del lavoro e delle organizzazioni Raffaele Virgadaula, in vista delle sempre più evidenti necessità di creatività dettate da questa quarta rivoluzione industriale, dedica il suo progetto Economia 4.0 nel 2021 al “periodo della fiducia”. Attraverso la metodologia del creative democratically development che vede interagire arte visiva, con quest’anno ospite l´artista Paolo Profaizer, musica e saperi della psicologia con i colloqui in giardino - SüdtirolO - Gartengespräche, fa emergere le risorse e gli interessi delle persone attraverso la scoperta della propria creatività, ritrovando il proprio sé, necessario per essere protagonisti del proprio ruolo in un mondo apparentemente dettato dalla tecnologia.

Presentiamo questo primo articolo, di Raffaele Virgadaula e Alessia Rattin, che tratterà dell’intervento dello psicologo del lavoro durante il periodo pandemico (smartworking e oltre).

Lo Psicologo del Lavoro e il Covid19

La nuova condizione cui siamo sottoposti, a causa dell’emergenza sanitaria in atto, può coinvolgerci a livello di stress, causando emozioni con risvolti nocivi. Lo stato di stress negativo, può ripercuotersi sul benessere  psicologico, fisico e sociale (Cox e Griffith, 1995).  

Lo psicologo del lavoro, inteso come professionista anche nella gestione degli stati emotivi, è la figura più  idonea per intervenire al fine di ridurre lo stress percepito e per prevenire possibili danni all’individuo e  all’organizzazione. 

Il primo ambito individuabile, in cui sono spendibili le competenze della psicologia del lavoro, è quello  legato al cambiamento dovuto all’introduzione del telelavoro.  

Secondo Fatzer (2001) il cambiamento dipende dalla percezione delle proprie risorse e competenze.  Cerchiamo allora di analizzare meglio il contesto in cui ci troviamo, al fine di capire quali sono gli strumenti  e le risorse che abbiamo a disposizione per vivere al meglio la trasformazione in atto. In condizioni di non emergenza il telelavoro può essere uno strumento strategico e portare con sè vantaggi  per lavoratori e aziende: favorire la conciliazione famiglia – lavoro, garantire maggiore autonomia  organizzativa, facilitare il lavoro di persone con disabilità, aumentare la produttività, diminuire assenteismo e turnover (Greer, Payne, 2014), ridurre i costi legati agli spazi aziendali e gestire i profitti a favore di una  riorganizzazione delle risorse (Nerdinger, Blickle, Schaper, 2008). 

Tuttavia, oltre a portare vantaggi, il lavoro da casa può anche avere risvolti negativi quali il rischio di  isolamento sociale, la difficoltà a stabilire confini chiari tra lavoro e vita privata, il disturbo derivante da altri  familiari, la necessità di una maggiore motivazione intrinseca al lavoro (Nerdinger, Blickle, Schaper, 2008)  ed infine le difficoltà comunicative derivanti dalla mancanza della comunicazione face to face (Greer, Payne, 2014). 

Oggi la realtà con cui dobbiamo fare i conti è diversa da quella a cui siamo abituati e l’attenzione verso gli  aspetti negativi del telelavoro va aumentata. Con le scuole chiuse e i bambini a casa può essere difficile  delineare un confine tra lavoro e famiglia e viene a mancare anche l’aiuto dei nonni nell’accudimento dei  figli. Per coloro che abitano da soli, essere costretti a lavorare da casa si traduce in isolamento sociale dovuto alla mancanza della rete lavorativa. 

In un contesto così delicato il supporto dello psicologo del lavoro può essere una risorsa per non venire  schiacciati dalla nuova situazione e per agevolare la situazione lavorativa casalinga. Se la scrivania di casa  diventa il nuovo posto di lavoro è in questo contesto che bisogna intervenire per prevenire ed eventualmente  gestire lo stress lavoro-correlato. 

Gli aspetti legati alla gestione dello spazio e del tempo possono venirci incontro per differenziare l’attività  lavorativa dalle questioni familiari. Attrezzare uno spazio dedicato al lavoro, aiuta ad identificare l’attività  lavorativa. Stabilire un orario di lavoro e cercare di rispettarlo il più possibile aiuta a creare una routine e  permette a colleghi e datori di lavoro di sapere quando potranno contattarci. È bene essere consapevoli che  per mantenere una comunicazione chiara ed evitare situazioni di conflitto che possono causare stress, è  importante che la comunicazione sia bidirezionale, che vi sia una chiara esplicitazione di bisogni e  aspettative, che vi siano un ascolto attivo e la presenza di feedback (Engemann).

Anche i datori di lavoro possono mettere in atto misure atte a prevenire l’instaurarsi di una condizione di  stress nel lavoratore. Tra le misure preventive indicate da Lehrer et al. (2007) troviamo la riprogettazione dei  compiti di lavoro, la dotazione strumentale e tecnologica adeguata all’ambiente casalingo, il concordare orari di lavoro e la gestione efficace del cambiamento.  

Da parte dell’azienda è essenziale che si instauri un nuovo modo di svolgere la leadership. Uno stile  autoritario non è più concepibile vista la distanza e i lavoratori non possono più essere controllati sulla base  della loro presenza. Ecco dunque che all’autorità va sostituita la fiducia. Tutto questo è accompagnato,  secondo Pace (2001), da un cambiamento in termini di approccio valutativo, che deve essere orientato al  risultato. 

Il rapporto di fiducia tra lavoratore e azienda deve essere bilaterale. Se da una parte l’azienda è chiamata a  riformulare il proprio stile di valutazione e controllo, da parte del lavoratore giocano un ruolo fondamentale  la responsabilità e l’autonomia nella gestione del proprio lavoro.  

L’ambito del telelavoro non è l’unico in cui lo psicologo del lavoro può intervenire. Vi è infatti una fetta di  lavoratori che continua a lavorare, basti pensare all’ambito della sanità, all’ambito del sociale, ma anche a  ditte di forniture e trasporti, così come a servizi di sanificazione, al settore alimentare, alle forze dell’ordine e una parte del settore dell’informazione e dell’amministrazione pubblica. 

In un’intervista Tissone, segretario generale sindacato di polizia Silp Cgil, afferma che i lavoratori in divisa,  così come tutto il personale che lavora nelle emergenze, sono esposti anche dal punto di vista della salute  mentale. Questo poiché si trovano “costretti” a fronteggiare una situazione nuova con costanti  preoccupazioni per la salute propria e dei propri cari. 

Per i professionisti nell’ambito sanitario la situazione è ancora più delicata in quanto sono costantemente  esposti al rischio di infezione e a un sovraccarico emotivo: carenza di adeguati dispositivi di protezione  individuale, turni di lavoro incalzanti, fatica fisica, riduzione delle risorse umane e in alcuni casi precarietà  organizzativa (De Mei, Lega, Sampaolo, Valli, 2020). 

De Mei, Lega, Sampaolo, Valli (2020) individuano alcune indicazioni che possono essere utili a lavoratori e  dirigenti delle strutture sanitarie per fronteggiare la situazione. Tra queste misure viene indicato l’accesso  alla consulenza psicologica, inteso come tempestivo sostegno per la prevenzione di gravi patologie legate  alla cronicità dello stress. 

Alcuni esempi di misure in cui lo psicologo del lavoro può essere di supporto per aziende e lavoratori sono le seguenti: supportare la direzione nel garantire una buona comunicazione interna all’organizzazione,  assicurarsi che vi sia un buon supporto tra pari; questo può essere fatto tramite una analisi aziendale volta ad  individuare i campi di intervento e alla formulazione di strategie che favoriscano il cambiamento. Altre  misure attuabili sono quelle rivolte ai lavoratori per sostenerli a mantenere uno stile di vita salutare e  relazioni sociali, per aiutarli prendersi cura di sé restando in contatto con il proprio stato emotivo. Queste  misure possono essere concretizzate organizzando, con l’appoggio della direzione aziendale, consulenze  individuali con dirigenti e lavoratori, in modo da tutelarne l’anonimato. Il supporto fornito in consulenza è  diretto all’individuazione di strategie individuali per far fronte alle difficoltà personali, lavorando su strategie e risorse del momento presente. 

Dal lavoro con la persona possono emergere bisogni più ampi legati alla riorganizzazione  aziendale. Tutte queste misure sono indispensabili per prevenire e tamponare lo stato di stress cui i lavoratori sono sottoposti. 

Emerge dunque che lo psicologo del lavoro è una figura che può essere impiegata su più fronti. Il sostegno  può essere fornito ad aziende e lavoratori, sia che siano in telelavoro sia che lavorino sul campo. L’intervento è essenziale per prevenire situazioni di stress, che a lungo andare potrebbero compromettere la salute dei  lavoratori, ed intervenire sulle stesse qualora già presenti. Il lavoro dello psicologo del lavoro ha effetti  positivi sia a livello di benessere e salute personale che aziendale. 

Raffaele Virgadaula e Alessia Rattin