Culture | salto arts

Chiusa aperta all'arte

Artists in Residence.
Hinweis: Dieser Artikel ist ein Beitrag der Community und spiegelt nicht notwendigerweise die Meinung der SALTO-Redaktion wider.

Era il 1424 quando Albrecht Dürer decideva di prolungare il proprio soggiorno a Chiusa per immortalare il fascino di quello che oggi rientra nel circuito dei borghi più belli d’Italia, fissando le proprie impressioni presumibilmente restituite dall’incisione “Das große Glück”. Tra Otto e Novecento poi, molti artisti provenienti dall’area germanica ne fanno la propria dimora, tanto che dal 1874 al 1914 la cittadina si trasforma in vera e propria colonia artistica. Parte da queste premesse l’iniziativa che, nel corso dell’estate 2015 ha trasformato una serie di abitazioni sfitte nel centro del paese, in altrettanti atelier artistici, per far riscoprire al borgo la propria vocazione. L’evento ha visto coinvolte tre artiste straniere, invitate da Kunst Boden_Nah ad entrare a far parte della cittadina, lasciando in cambio il proprio apporto artistico, come impronta del loro passaggio e soprattutto, per sollecitare Chiusa a riscoprire la propria vocazione artistica, che in passato ha ispirato e accolto tanti creativi. Dal 18 marzo, i lavori realizzati nell’ambito del progetto da parte di Elena Kairyte, Inga Shalvashvili e Ursula Schachenhofer – questi i nomi delle artiste coinvolte – sono proposti dalla mostra “Artists in Residence 2015”, ospitata alla Galleria del Museo Civico di Chiusa. Figlia di un regista e una musicista Elena Kairyte non tradisce le proprie origini studiando regia e sceneggiatura a Mosca, dopo aver conseguito il bachelor all’Accademia di musica e teatro di Vilnius in Lituania. Documentari, fotografia sono gli ambiti di interesse dell’artista che a Chiusa - dove è stata ospitata dal 10 luglio fino al 7 agosto dello scorso anno - si è dedicata alla produzione del documentario dall’emblematico titolo “Dolce far niente”. Fonte dell’idea iniziale forse l’Italia, o piuttosto una certa immagine di Sud in genere, che ha forte presa sull’immaginario comune. Nel corso della propria ricerca l’artista ha cercato di individuare a Chiusa, degli abitanti che incarnassero al meglio questo spirito, che vede il momento protagonista assoluto, a discapito della progettualità o del bisogno di svolgere qualsiasi attività.

Diverso il tema centrale di “Reflection”, il progetto sviluppato da Inga Shalvashvili, da sempre interessata a sondare i confini della cultura, alla ricerca di caratteristiche che spesso sfuggono all’osservazione. Anche in Alto Adige, così come accade in Georgia (patria natale di Shalvashvili), l’artista ha incontrato un contatto quotidiano tra culture diverse tra loro. Nel corso del proprio soggiorno a Chiusa – dove l’artista ha risieduto da fine luglio a fine agosto 2015 – Shalvashvili ha concentrato il proprio interesse sulle espressioni soggettive, ritrovandole in uno dei luoghi senza dubbio più intimi della nostra quotidianità: il bagno. Attraverso questo percorso l’identità viene ricostruita attraverso una serie di elementi individuati dall’artista, quali forma, funzione ed elementi personali.  I bagni di Inga Shalvashvili si trasformano in espressioni forse anche inaspettate di personalità, e valori quali preferenze politiche, valori nazionali e posizioni morali. L’obiettivo di questa ricerca è stato quello di analizzare un ambiente come quello del bagno, attraverso un approccio affine a quello dell’antropologia. Il lavoro di Ursula Schachenhofer, che ha studiato arte mediale alla Hochschule fuer Gestaltung di Karlsruhe, si concentra sull’influenza delle convenzioni sociali sul nostro modo di pensare e sulle nostre vite. Nel progetto Spurensuche affidandosi a vari mezzi espressivi, indaga le tracce lasciate nel corso del proprio soggiorno a Chiusa. La mostra proseguirà fino al 30 aprile.