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“Donne ancora troppo colpevolizzate”

Fecondazione assistita, dall’esperienza di Lucia Maroni nasce ‘Storia di un bambino al microscopio’: “Ognuno ha il diritto di avere il suo racconto. Basta stigmatizzare”.
Fecondazione assistita
Foto: wallsheaven

Qual è il regalo più importante da fare a un bambino? Per Lucia Maroni è una storia. Ma non una qualsiasi. Il dono più importante è quella storia in cui ogni bambino, sin dai primi anni di vita, riesce a riconoscersi e identificarsi. Quel racconto in cui può affermare con certezza e senza ombra di dubbio di essere lui, soltanto lui, il protagonista. Ma non per tutti è così. Lucia Maroni, autrice di Storia di un bambino al microscopio, parte dalla sua esperienza di donna che ha deciso di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita (pma) fino all’arrivo di Pietro, che oggi ha un anno e mezzo.

Mi sono però resa conto di quanto sia difficile parlare di procreazione assistita, di quanto la donna venga ancora oggi stigmatizzata perché costretta a vivere l’infertilità come colpa

Una storia di attesa e di tanti non detti attorno all’argomento della pma, vissuto con vergogna e sensi di colpa anche dalle stesse coppie che ne fanno ricorso. “Il processo medico è molto lungo, tanto che dico sempre che la mia gravidanza è durata ventiquattro mesi anziché nove - ha raccontato ieri, 29 aprile, durante la presentazione organizzata dal consultorio Aied -. La procreazione assistita è fatta di lunghe attese e in questo percorso vissuto con tanta pazienza si incontrano altrettante persone con i relativi vissuti. In breve tempo mi sono però resa conto di quanto sia difficile parlare di pma, di quanto la donna venga ancora oggi stigmatizzata perché costretta a vivere l’infertilità come colpa. Sin da subito - continua l’autrice - avevo il desiderio di riuscire a raccontare a Pietro la sua storia ma ho sentito poi la necessità  di raggiungere tutte quelle famiglie che di pma non riescono a parlare. Spero che ‘Storia di un bambino al microscopio’ possa diventare uno strumento anche per chi non riesce a trovare le parole per dare voce alle proprie storie e a quella del proprio bambino o bambina”.

 

Ogni genitore sa, racconta l’autrice, che a un certo punto arriverà la fatidica domanda del “Come sono nato?” e da qui, sostiene, è importante riuscire a presentare una storia reale “perché ogni bambino o bambina è perfettamente in grado di comprendere un racconto se presentato con le parole giuste” e perché “è un diritto di ciascuno conoscere e parlare della propria storia, senza vergogna e senza sentire la necessità di omettere particolari, specie se vissuti con dolore dai genitori”.

 

La meticolosa ricerca delle parole migliori da parte di Lucia Maroni per raccontare la fecondazione assistita è stata accompagnata dall’attento tratto artistico dell’illustratrice Anna Formilan: “È stato importante presentare una storia realistica accompagnata da un'atmosfera poetica, in grado di rendere giustizia a tutta l’attesa e al dubbio in merito a una realtà che ancora non sai se si materializzerà - spiega ancora la scrittrice -. Se so che la procreazione medicalmente assistita esiste e può esistere dentro un affetto, sono in grado di riconoscerla e integrarla dentro di me. È importante per un bambino avere un racconto in cui identificarsi. Spesso - conclude - non si racconta il ricorso alla pma per il timore di far emergere la parte più fragile del proprio io, perché significherebbe ammettere di aver avuto bisogno di uno stratagemma. Ma raccontare questo aspetto è un qualcosa di sano, perché la fragilità fa parte di noi e abbiamo tutti gli strumenti per affrontarla con serenità”.