Un anno di letture
Al passaggio dell'anno mi sia concessa una divagazione, una contraddizione, un anticonformismo. Questa rubrica si chiama “maltrattamenti”, dunque il presupposto potrebbe apparire scontato: qualcuno, qualcosa da stigmatizzare, qualcuno o qualcosa con cui prendermela. Sarebbe sciocco dire che c'è solo l'imbarazzo della scelta. Anche per maltrattare qualcuno bisogna pur scegliere, e non lo si fa mai a cuor leggero, senza cioè ipotizzare un legame affettuoso e solidale tra maltrattato e maltrattante. Però sono molte anche le persone e le cose che meritano riconoscimento e carezze, non ce lo scordiamo mai. Allora stavolta io vorrei accarezzare i cosiddetti “lettori forti”, quelle persone (presumo in maggioranza donne) che leggono almeno dieci, venti, trenta libri l'anno. Per non parlare dei lettori dei giornali, credenti di una religione laica dell'informazione (Hegel diceva che la lettura dei giornali è la preghiera mattutina dell'uomo moderno, o qualcosa del genere). Qual è il segreto della lettura, cosa ci affascina di questa attività in genere solitaria ma che ci rende anche più sensibili agli altri, creando caldi ponti d'intesa tra isole apparentemente fredde e silenziose? Una delle immagini più forti e più belle sulla lettura si trova nel film di Wim Wenders, Il cielo sopra Berlino. Nella grande biblioteca di Stato, opera di Hans Scharoun, situata in Potsdamer Straße, il regista aveva immaginato la casa in cui gli angeli trascorrono giornate a “sentire” il flusso dei testi che attraversa la mente dei lettori. Anche in questo caso, individui isolati, ognuno chino sulle pagine di un libro, ma tutti avvolti da un brusio ineffabile, la colonna sonora del sapere che non ha centro e si dirama per i sentieri dello scibile, creando connessioni invisibili. Il vecchio cantore Omero che sale le scale, poi seduto nella sala dove si trovano i mappamondi, e la sua melanconica riflessione: “I miei eroi non sono più guerrieri e re, ma i fatti di pace. Uno vale l'altro. Le cipolle, messe a essiccare, buone come il tronco d'albero che porta attraverso la palude. Ma ancora nessuno è riuscito a cantare un epos di pace. Cosa c'è nella pace che alla lunga non entusiasma e che non si presta al racconto? Devo darmi per vinto, ora? Se mi dò per vinto, allora l'umanità perderà il suo cantore: e quando l'umanità avrà perso il suo cantore, avrà perso anche l'infanzia”. Leggere è sempre ritrovare l'infanzia, ritrovare la speranza di cui è fatta l'infanzia. La speranza che nuove parole siano come l'anno nuovo, siano anzi proprio l'anno nuovo: profumi mai sentiti, cose mai viste, l'avventura della vita che ci piacerebbe vivere, la nostra vera vita. “Vorrei stare con te lì in basso – dice il non lettore di una poesia di Valerio Magrelli alla lettrice che gli siede accanto –, invece resto inchiodato a questo ponticello atterrito e remoto, separato, legato alla vertigine che amo, se amore è la distanza che ci chiama e insieme la paura di varcarla”. Auguro a tutti un anno di letture e di amore, senza paura.