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L’artista un tempo conosciuto con il nome di Benedetto XVI

“Altra ciornata di merda”, pensò Joseph Ratzinger, versandosi il caffè.
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Una pila di piatti sporchi gli aveva dato il buongiorno dal lavello, e quell’odore di tabacco misto a incenso che non se ne andava mai. Sul tavolo di finto legno, bicchieri di plastica con un dito d’acqua nera e mille cicche annegate, macchie di sugo incrostate e un filtro fatto con un biglietto da visita. Sembrava impossibile che una cucina potesse ridursi in quello stato dopo solo tre settimane.

“Cuando ci zi mette lo Zpirito Zanto può ezzere taffero stronzo”. Stronzo. L’unica parola che pronunciava bene. Stronzo. Stronzo. Se lo ripeté più volte in testa mentre accendeva la Tv sulla prima messa di Francesco. Accese la prima sigaretta della giornata.

Da quando non era più Pontefice, il caffè lo prendeva amaro. Non gli piaceva. Ma lo zucchero era finito da una settimana e, stando tutto il giorno sdraiati sul letto, non si materializza da solo nella credenza.

Già aveva dovuto fare uno sforzo indicibile per incontrare Francesco, il giorno prima. Allora alzati di buon’ora, fatti un bagno poi la barba, togliti il pigiama a righe da notte e metti quello bianco da lavoro. Poi l’incontro, i sorrisi per i fotografi, e i baci al veleno finali.

Francesco gli aveva sussurrato “Ciao, ex Papa” e Ratzinger, come in un copione provato all’infinito, aveva risposto “è dalla finale di Roma del 1990 che ti devo portare i saluti di Andreas Brehme”.

Francesco lo aveva guardato con un misto di disprezzo e pietà che avrebbe regalato a Ratzinger un’altra settimana di caffè amaro.

Doveva reagire, trovare un altro motivo per vivere. Ma cosa poteva fare? Aveva già provato a insabbiare lo scandalo su Don Franco, il parroco di Tirenachi che aveva dato un’ostia non consacrata. L’immoralità di Suor Daniela, che in confessione aveva detto a Frà Cristoforo di aver sognato un amplesso selvaggio con Cristiano Malgioglio. Era riuscito in entrambi i casi a non far parlare più dell’accaduto, ma non era stata la stessa cosa.

Aveva pure provato a cercarsi un lavoro. “Puonciorno, sono Joseph della Fastweb, sarebbe interessato ad un campio di operatore? … pronto? Pronto??”. Era durata una settimana. Tempo in cui cercava nuove amicizie su Twitter, mettendo foto da Papaminkia fatte con l’autoscatto e retwittando Andrea Scanzi. Inutilmente. Era pure andato vicino ad un attimo di felicità quando, sfruttando la stessa connessione criptata dello IOR, era riuscito a trovare il nuovo porno di Sara Tommasi. La soddisfazione era per l’idea di avercela fatta, più che prettamente sessuale. “E pensare ke in cioventù me la potevo fare”, pensò, guardando quelle tette ricoperte di sperma. “Zperma altrui”, si sorprese a dire a voce alta, “zono ztato un kretino. Anzi, uno stronzo. Stronzo. Perké riezco a tire pene zolo stronzo?”.

 

Spense la cicca consumata fino al filtro nel bicchiere insieme alle altre. Si rimise a letto. Le tende in quella camera erano sempre chiuse, e nonostante fuori ci fosse il sole, in camera sembrava sera. La luce filtrava dalle fessure fra le persiane. Guardò il soffitto. E pensò a quel giorno. “Zì! Ztavolta con Zeman la Roma fincerà il campionato! Mi ci zcommetto il pontificato!” aveva detto a Scola da ubriaco. Era uno scherzo, la goliardata di due amici in chiesa. Ma avrebbe dovuto capire che era stato già un segnale. Tutto era andato rotolando da quel giorno.

“Maledetta, maledetta idea! Maledetta idea!” pensò, stringendo gli occhi chiusi. Allungò una mano fuori dal letto e, senza neanche guardare, afferrò la bottiglia già semivuota di Jack Daniels.

“Non zi beve la mattina”, si disse a voce alta, sorridendo. “Oh, fankulo”. E si attaccò alla bottiglia. Poi accese un’altra sigaretta.

Dopo quell’episodio con Scola, Georg gli disse “se mi ami, leggi questo libro”. Era Perché non possiamo essere cristiani, e meno che mai cattolici, di Odifreddi. Ratzinger conosceva bene i capricci di Georg quando non lo assecondava, era come un bambino. Ma ne era totalmente dipendente. Una volta si era rifiutato di vestirsi da hippie e cantare “Hotel California” con la chitarra, e Georg ostentando freddezza gli negò il bacio della buonanotte per una settimana, con la malizia di chi sa di avere il coltello dalla parte del manico.

Così l’aveva letto. Un po’ alla volta, la mattina, dopo colazione. E, incredibile a dirsi, si era convinto. Odifreddi aveva ragione. Una controconversione avvenuta interamente sulla tazza del WC. E fu un coraggio tutto suo rendersene conto, senza nascondersi. Quando chiuse il libro, si sentì, per la prima volta, un uomo. “Difficile tifentare uomo da vecchio, ma meglio tardi ke mai”, sussurrò al crocefisso che teneva anche in bagno. “Ti ho pregato tante folte, ma forze zolo atesso lo faccio daffero. Gezù kristo, unigenito figlio tittìo, nato tal Padre prima ti tutti i zecoli, Tiotattìo, luce da luce, tioféro da tioféro, generato e non kreato della ztessa zostanza del Padre… dammi un zegno”.

 

E il segno era arrivato. Quella stessa notte, in sogno. Aveva sognato sua madre, malata, che lo chiamava dalla parte opposta di una strada caotica e trafficata. Lui urlava “mamma!”, ma la sua voce non si sentiva. Allora iniziava a correre, più veloce che poteva, facendosi largo fra la calca e scansando le macchine, per raggiungerla. Ma lei si era girata e lentamente stava scendendo le scale di una stazione di metropolitana. Tanto più lui andava veloce quanto più lei andava lenta, ma non riusciva mai a raggiungerla. Lei venne inghiottita nel vuoto di sua stessa volontà.

Allora il sogno si spostava ed era in Paradiso.

“Vieni, ti faccio vedere cosa c’è”, gli aveva detto Gesù in persona. Così Gesù e Raztinger oltrepassarono una porta, e Raztinger vide. Guardò Gesù, smarrito. Gesù annui e disse “mi dispiace. Non avevate ragione voi”. E richiuse la porta con una lentezza innaturale, tagliando progressivamente fuori dalla visuale di Ratzinger le dodici vergini.

 

La bottiglia di Jack Daniel’s era finita. La terza sigaretta pure. The Artist Formerly Known As Benedict XVI continuava a guardare il soffitto. Il sole iniziava a calare, ma questo si sarebbe potuto capire solo dall’angolo con cui i sottili tagli di luce filtravano dalle persiane socchiuse. Lui non era più capace di tanto, non lo sarebbe stato mai più.