Society | Incipit vita brixinensis

Quello stranissimo modo che hanno di reagire alla morte di un gatto

In quella parte del libro de la mia memoria, dinanzi a la quale poco si potrebbe leggere, si trova una rubrica la quale dice: Incipit vita brixinensis. Sotto la quale rubrica io trovo scritte le parole le quali è mio intendimento d'asemplare in questo post; e se non tutte, almeno la loro sentenzia.
Hinweis: Dieser Artikel ist ein Beitrag der Community und spiegelt nicht notwendigerweise die Meinung der SALTO-Redaktion wider.

Che le galline avessero il freno a mano e un sacchetto dietro al culo, non ne dubitavo di certo, lo diceva sempre, mio papà. Però poi, quando ci trasferimmo a Bressanone, di galline non ne vidi forse mai, e quelle che mi capitò di vedere non erano in quel modo accessoriate. Però un'altra cosa, avevo scoperto: c'erano questi tizi che uscivano dai bar che c'erano sotto casa, e facevano certi strepiti, e io chiedevo chi erano, e la mamma mi diceva geometri che misurano la strada. Certo che erano ben strane, le abitudini in quel posto.

Ma la cosa che più mi incuriosiva e preoccupava era la faccenda della lingua. Perché lì, m'avevano detto, la gente parlava tedesco. Come me la sarei cavata, pensavo. Ma il papà mi rassicurava, era facile: freddo si diceva 'cald', per esempio. Al che dedussi, e lui mi confermò, che caldo si dicesse 'fred'. Ma se poi non avessi capito tutto quello che mi dicevano? Anche per quello il papà mi aveva insegnato il trucco: bastava dire 'ciastudìt', che voleva dire che non avevo capito. Quando poi, qualche tempo dopo, a scuola cominciammo con il tedesco (all'epoca si cominciava in seconda), provai ad applicare quelle conoscenze, ma con mia meraviglia la maestra non conosceva, ad esempio, il significato di 'ciastudìt'. Al che, mi dissero a casa, Beh, ovvio, forse la maestra parla solo il dialetto.

Che poi la situazione fosse strana, lo capii presto. A scuola andavo e tornavo da solo, nei Settanta era possibile, adesso non so, che un bambino di neanche sei anni andasse in giro da solo. E una volta, un paio di bambini, erano enormi, li avevo visti a scuola e sapevo che erano di quinta, e i bambini di quinta erano dei giganti, e non gli sembrava vero, a loro, di trovare solo soletto un bambino piccolissimo, perché io ero piccolissimo, sarà forse che ero nato prematuro, da prendere magari un po' in giro. E mi bloccarono la strada, facendomi delle domande. Che, mi sembrava, questo tedesco che la gente parlava poi non era difficile, era proprio come l'italiano. Però poi arrivò quella domanda: Ce l'hai, il cazzo? E io non capivo, provai a dire 'ciastudìt', e in effetti mi ripeterono la domanda: Ce l'hai il cazzo? Ma proprio non capivo. Poi l'illuminazione: per qualche settimana un gattino era venuto sul nostro balcone, e gli davamo il latte. Poi più niente, e la mamma aveva detto Sarà finito sotto una macchina. E allora capii, perché avevo chiesto a mia mamma come si diceva gatto in tedesco, e mi aveva detto 'cazze'. E felice di avere capito e che mi avrebbero forse lasciato andare, risposi: Oh, per un po' l'ho avuto, poi però è finito sotto una macchina. Non capivo però perché ridessero, a me sembrava una cosa triste che un gatto fosse finito sotto una macchina. Ma loro ridevano, e mi ripetevano la domanda di continuo, e io pensavo che forse erano loro che non avevano capito la risposta, e allora insistevo con la storia del gatto, ma niente, ridevano. Certo, son ben strani qui, pensavo, che ridono per una cosa così.

E comunque, poi è arrivato un altro bambino gigante, ancora più grande degli altri, forse era un po' il loro capo, e ovviamente gli altri gli dissero: Vieni a sentire quel che dice questo qui, e mi ripeterono la solita domanda, Ce l'hai il cazzo?, e io a raccontare per l'ennesima volta la disgrazia del gatto finito sotto la macchina - che poi, chissà se era vero, che era finito sotto una macchina; e loro ancora a ridere. Ma poi quello grande, che poi dopo seppi che si chiamava Tiziano, questo Tiziano disse: Dai, è un bambino piccolo, non ha capito, lasciatelo in pace.

E in effetti si spostarono e potei proseguire la mia strada verso casa, pensando che, davvero, qui, in quel posto, la gente era ben strana, se reagiva così alla morte di un gatto.

Bild
Profile picture for user Alfonse Zanardi
Alfonse Zanardi Mon, 04/01/2013 - 00:14

A questo proposito mi viene in mente che noi da bambini (dall'altra parte) dicevamo scherzando quando ci si chiedeva cosa avremmo fatto d'estate: "Beh, prima andiamo al mare e poi andiamo al bergo."

Mon, 04/01/2013 - 00:14 Permalink
Bild
Profile picture for user e d
e d Mon, 04/01/2013 - 18:11

Idealmente, eccoti due cuoricini per il titolo e altri due per una vena narrativa che somiglia a una varice. Weiter so, lieber Freund!

Mon, 04/01/2013 - 18:11 Permalink