“39ZERO” sarebbe il nome italiano...
È uscito il nuovo numero della rivista “39NULL”, un magazine trilingue (tedesco, italiano, inglese) che parla di temi della società e della cultura, i cui contenuti sono al contempo altamente politici. Perché diciamo “altamente politici”? La cultura quando si occupa di aspetti sociali molto aderenti alla realtà quotidiana automaticamente si fa politica, nel senso del suo significato originario che deriva dal greco polis, ossia comunità. La redazione di “39NULL” ha sede a Berlino ed è composta da un gruppo di persone originarie dell’Alto Adige, e per sottolineare la caratteristica poliglotta dell’iniziativa anche noi abbiamo voluto parlarne nelle due lingue più usate in Alto Adige (e da salto.bz) per incentivare e stimolare sia una lettura bilingue, sia una lettura reciproca, vale a dire, leggersi a vicenda: italiani che leggono i media tedeschi e tedeschi che leggono i media italiani, in quanto è proprio nel panorama mediatico che si specchiano maggiormente le differenze nonché gli interessi diversi e divergenti in auge nella nostra provincia. Così abbiamo proposto la prima parte della intervista con Martin Santner, il caporedattore di “39NULL”, in lingua tedesca e qui di seguito c’è la seconda parte in italiano. Con ciò vogliamo invitare chi legge a dare un’occhiata a entrambe, perché toccano volutamente aspetti diversi scelti a caso e non necessariamente sulla base di cui sopra, e a coltivare sempre di più l’interesse per i punti di vista dell’altro. Non da ultimo per rimanere in tema – ossia quello attorno cui gira il numero 6 di “39NULL”, ossia Erinnerung = Ricordare - a condividere la memoria individuale e collettiva.
salto.bz: Com’è nata la rivista “39NULL” e qual è la sua filosofia base? Pubblicata in Germania, quali sono i punti vendita?
Martin Santner: La nostra storia ha inizio nel quartiere Berlin-Neukölln nel 2013. Avevamo in mente di pubblicare un unico numero che rispecchi un po’ la vita che conduciamo all’estero perché avevamo scoperto che c’erano tanti e tante sudtirolesi che si trasferiscono in altri paesi, alcuni per rimanervi per sempre, altri per poi tornare. Era sorto il quesito: che cosa provoca questo dato di fatto in una piccola realtà qual è l’Alto Adige-Südtirol? Cosa succede se tanti dei suoi giovani laureati emigrano dando luogo alla famosa “fuga dei cervelli”? Abbiamo indagato e ne è uscita la prima edizione sotto il titolo Kommen, Bleiben, Gehen – Landflucht der Kreativen? / Arrivare, restare, andare – fuga dei creativi?
Per nostra grande sorpresa il numero era andato esaurito nel giro di pochi mesi e ciò ci ha motivato a continuare l’impresa. Siamo contenti di essere letti in Alto Adige, ma anche in Germania e Austria abbiamo ormai un pubblico fedele. Credo che la stima sia dovuta soprattutto all’ampia gamma di prospettive offerta, da quella di centro urbano a quella di zone di campagna, dalla globale a quella locale, da nord a sud, ecc., e al variopinto mix tra reportage, interviste, storie narrate in prima persona e saggi legati a immagini tra arte e fotografia. Forse svolge un ruolo anche il tono leggero e spontaneo che contraddistinguono le storie scritte nonché l’abbinamento tra testi e immagini?
Nel fare la rivista avete in mente un lettore ideale?
Non di preciso anche se è vero che godiamo di una certa libertà non avendo un editore alle spalle che vuole dettar legge e puntiamo in modo consapevole una certa nicchia orientandoci verso un rallentamento in generale. Crediamo fermamente che sia ciò che gran parte dei nostri lettori e delle nostre lettrici stiano cercando: riuscire a fermarsi un attimo per riflettere su un determinato argomento socio-politico-culturale.
“39NULL” vuole porre interrogativi, riflettere lo spirito del tempo, stimolare discussioni, elaborare contenuti di tipo culturale e artistico in modo intelligible per renderli accessibili a un pubblico più ampio. La nostra rivista si trova in edicola nelle stazioni e negli aeroporti in Germania, Austria, Svizzera, Alto Adige e anche online sul nostro sito www.39null.com . Siamo sempre alla ricerca di nuovi punti vendita che siano in linea con noi e la nostra idea onde sostenere il progetto.
Il nuovo numero è dedicato alla memoria e ci sono alcuni contributi riguardanti il nazismo e il fascismo. Lo sottolineo perché spesso il termine “memoria” sta simbolicamente per l’invito a ricordare quel preciso periodo storico. Lei che ne pensa?
Per me, che sono uno dei fondatori della rivista, è di estrema importanza parlare in ogni numero del periodo nazifascista e delle sue conseguenze. Da anni ormai ci stiamo spostando verso destra sul piano politico; è una tendenza che esiste a livello mondiale e non soltanto europea. Credo che la nostra cultura della memoria sia troppo focalizzata sulle testimonianze dirette, le quali - ovviamente - col tempo verranno a mancare per cui il nostro rapporto col passato rischierà di ridursi in una relazione strettamente oggettiva priva di ogni emozione. Ciò è molto pericoloso perché la scomparsa degli ultimi diretti testimoni non significa che ciò che c’era stato non potrà mai più ripetersi.
Purtroppo si manifesta sempre che le persone che disdegnano altre siano poi talmente convinte dei loro ideali da sfruttare a proprio vantaggio e piacimento questo loro disprezzo. A questo noi dobbiamo opporci! E dobbiamo farlo scrivendone, leggendo e parlando di questo tema, sia in pubblico che in privato, a scuola, in famiglia, nei media. L’arte e la cultura sono la nostra unica chance per combattere l’oblio. Per fortuna ci sono tanti eventi e tante persone che lo fanno, ma sono convinto che rimane sempre tanto da fare. Cito a esempio i testi di Helmut Luther, Sabine Mayr e Federica Matteoni presenti nell’edizione 2018.
Ho trovato importante in questo senso la conversazione con Barbara Plankensteiner, direttrice del Museo etnico di Amburgo, dal titolo Bye Bye Exotismus (Arrivederci, esotismo) che tratta di argomenti molto attuali, quali il modo in cui si confeziona lo “straniero” o il fatto che oggi occuparsi di etnografia non significa più occuparsi di popoli ma riflettere anche il nazionalismo. La frase evidenziata dice “è importante allontanarci dalla folclorizzazione e dallo sguardo esotico rivolto ad altre persone, in quanto essi creano e veicolano gli stereotipi”. Già da sola un vettore sul piano politico e sociale… Spera che “39NULL” lo sia altrettanto?
Certamente! Dimostrare l’eguaglianza delle persone era ed è uno dei principi base del nostro progetto. Siamo consapevoli che ci sono differenze culturali ma respingiamo con grande convinzione l’etnicizzazione e la culturalizzazione che determinano la creazione di valori rispetto a singole società. É di qui che nascono quei sentimenti di superiorità nel gruppo che emette quei valori, e la diretta conseguenza sono il razzismo e lo sciovinismo. Noi come redazione ci posizioniamo assolutamente contrari a ciò.
L’intervista con la signora Plankensteiner, a mio avviso, è rilevante perché nell’era della globalizzazione e della sparizione dei confini il significato dell’esistenza di un museo etnico va ridefinito ex novo vertendo così com’erano in una crisi identitaria nell’intero occidente: va cercata una nuova propria ragion d’essere. E qui - a proposito della memoria - si pone una domanda non da poco riguardo al passato colonialista e di come vanno trattati certi oggetti d’arte o di artigianato nel nostro periodo post-coloniale: quale storia deve e può essere narrata in un museo etnologico? Certi oggetti devono forse essere restituiti ai paesi dai quali furono rubati quando erano ancora colonie?
L’elaborazione grafica della rivista mostra una relazione dinamica tra testi e immagini. Come procedete in questo senso?
Collaboriamo in senso stretto e discutiamo ogni immagine. Tutti noi in redazione abbiamo un grande interesse per la fotografia, l’arte e la letteratura per cui il linguaggio visivo e l’aspetto estetico della rivista acquisisce un ruolo centrale. É importante sapere che un’immagine esercita un forte impatto e che il suo potenziale emotivo latente non è indifferente. Della fotografia si dice che rappresenti la realtà e la verità, motivo per cui un’immagine ha un alto grado di credibilità e veicola forti emozioni. Infatti, quando sfogliamo una pubblicazione è dalle immagini che estraiamo la maggior parte di informazioni: ecco perché la comunicazione visiva è talmente importante per noi. E – per tornare al tema della memoria – sogni e ricordi sono fatti di immagini, eppure, non di rado viene sottovalutato il potere da esse esercitate nella formazione delle nostre opinioni personali e dell’opinione pubblica.