Oltre lo stigma dei “ragazzi difficili”
Una lezione fuori dall’ordinario quella che si è tenuta questa mattina, 31 maggio, all’Istituto Professionale Provinciale "Guglielmo Marconi" di Merano. Un laboratorio di street art, tenuto dall’artista e attivista Simone Ferrarini del Collettivo FX di Reggio Emilia, ha messo alla prova una quindicina di studenti e studentesse, scovandone potenzialità e talenti nascosti.
Ragazzi, spiega la scuola, che in molti casi subiscono la pressione della stigma – a partire dalla narrazione mediatica della “baby gang” – a causa dal paese di provenienza e di un contesto familiare difficile.
“La prima regola è che non serve saper disegnare. La cosa più difficile è avere un’idea – ha sottolineato Ferrarini –, Ma dopo neanche mezz'ora quei ragazzi sono riusciti a realizzare dei bozzetti davvero impressionanti per dei giovani di soli 14 e 15 anni. Uno di loro ha creato un concept sull'interpretazione del tema della giustizia sociale e della ricchezza, comparando il continente africano a quello europeo. Un altro ha affrontato il tema della sofferenza del popolo palestinese a causa dell'occupazione. Altri ancora hanno affrontato il tema dei sentimenti e del denaro, portando molteplici punti di vista: dal cuore pieno di banconote fino ad esplodere a un altro cuore infuocato accanto a una testa ghiacciata”.
Dopo aver sviluppato l’idea, i giovani studenti si sono recati nel cortile della scuola, dove hanno potuto così concretizzarla mettendo in comune consigli, colori e pennelli. “L’unica mia preoccupazione è che i ragazzi non riescano ad essere del tutto consapevoli della bellezza e del lavoro che sono riusciti a creare semplicemente mettendosi in gioco. Spesso sono loro stessi che minimizzano o sottovalutano quello che sono stati in grado di fare. Questi sono percorsi – aggiunge l’artista – in cui sei costretto a fermarti e ragionare. È un arte che ti permette di tirare fuori dei contenuti attraverso un linguaggio che ha un forte appeal sulle generazioni più giovani. Quello che conta non è tanto la parte estetica ma quello che riesce ad innescare questo tipo di intervento. Per questo – conclude Ferrarini – credo che chi si occupa di arte e cultura ha una responsabilità sociale. Tutto il resto è intrattenimento”.