Il 2016 in cinque album
Il 2016 sarà ricordato come l'anno della Brexit, dell'elezione di Donald Trump e (ripetutamente) di Alexander Van der Bellen, del referendum costituzionale perso da Matteo Renzi – e di numerosi lutti che hanno colpito il mondo della musica. Prima di congedarsi dal mondo terreno, però, David Bowie ci ha regalato Blackstar, il miglior album dell'anno assieme a Skeleton Tree di Nick Cave & The Bad Seeds e al piccolo capolavoro dei Radiohead A Moon Shaped Pool, dove con Burn The Witch non manca un riferimento alla “caccia alle streghe” anti-migrazioni. L'atmosfera a tratti cupa e carica d'inquietudine del tempo presente è stata catturata da queste nuove uscite discografiche (che scaturiscono in primo luogo dalle esperienze personali degli artisti) ma non solo da loro. Ecco cinque proposte alternative, anche in playlist su YouTube e Spotify, per chiudere l'anno con un “guatn Rutsch” musicale. E buon 2017.
Daughter – Not To Disappear
Il titolo dell'album è una strofa di New Ways: „I need new ways / To waste my time (...) I’m trying to get out / Find a subtle way out / Not to cross myself out / Not to disappear “. Il trio londinese Daughter è una delle conferme (e, per il sottoscritto, scoperte) più preziose di questo 2016. Difficilmente collocabili, necessitano di un secondo ascolto. Le sonorità oniriche create da Igor Haefeli e Remi Aguilella si combinano alla gran voce di Elena Tonra, la cui timidezza e ritrosia ai riflettori ben rappresenta il carattere sfuggente, intimista e introspettivo dei suoi testi: solo a volte più aggressivi (No Care), scavano tra le inquietudini interiori in prima persona della cantautrice – nonché di un'intera generazione, come testimonia il brano Youth contenuto nell'album di debutto If you leave, tutto da ascoltare. “I feel numb in this Kingdom” è lo stato d'animo di Tonra in Numbers, che con il successivo „you better make me better“ azzecca uno dei passaggi musicalmente meglio riusciti degli ultimi mesi. Il video è parte di una trilogia con How e Doing The Right Thing (che tratta il tema dell'instabilità mentale). Se volete chiudere l'anno in bellezza, ascoltate il pezzo (inedito) The End.
PJ Harvey – The Hope Six Demolition Project
Il nuovo lavoro dell’artista britannica PJ Harvey nasce dai suoi appunti di viaggio tra Balcani, Afghanistan e Stati Uniti, proseguendo così la riflessione sulla guerra che ha nell’album Let England shake il proprio punto nevralgico. Anche nel brano The Wheel, ispirato dalla visione di una giostra abbandonata vicino Pristina, qualcosa non deve scomparire – ovvero la memoria storica: „Hey little children don’t disappear (I heard it was 28,000)“. Il video girato in Kosovo è del fotoreporter Seamus Murphy, già regista per Let England skake, sovvenuta a molti nel giorno della Brexit: „The West's asleep / Let England shake“. La performance di quest’anno sul palco di Glastonbury al solito non è passata inosservata, non solo per il vistoso copricapo dalle piume blu elettrico.
„What if I take my problem to the United Nations?“
Motta – La fine dei vent'anni
“Ho visto troppa gente in questi sette anni / per scegliere qualcuno ci ho messo dieci secondi (…) Amico mio, sono anni che ti dico andiamo via / ma abbiamo sempre qualcuno da salvare” canta Francesco Motta ne La fine dei (suoi) vent'anni, video ammiccante realizzato da Francesco Lettieri, autore dei videoclip di Calcutta Oroscopo e Cosa mi manchi a fare. Il polistrumentista nato nel 1986 a Pisa (lui vive a Roma, i genitori a Livorno) ha un passato di collaborazioni coi pisani Zen Circus e la livornese Nada. Il timbro di voce si sente provenire da quelle zone, ma è la sua idea di suono a colpire, così inusuale per la scena musicale italiana. Mio padre era comunista, dice Motta, „ma quello che mi manca sei tu“: „Era una canzone che mi vergognavo a cantare, perché metteva sul tavolo molte fragilità“ confessa Motta in un'intervista. Roma stasera è dedicata alle atmosfere notturne della sua città adottiva, Del tempo che passa la felicità è tra i migliori brani usciti nel 2016: “Sarebbe bello finire così, lasciare tutto e godersi l'inganno”.
Calcutta – Mainstream (deluxe edition)
Il tormentone indie Oroscopo che risuonando „tutta la notte, tutta la notte“ ha reso famoso Edoardo D'Erme in arte Calcutta, cantautore laziale classe 1989, non piace al suo stesso autore: „Una canzone scritta in una notte come regalo per il figlio – appena nato a Trento – di un mio amico. Lui m’ha risposto ma che è sto schifo?“. Uno schifo, se così si può definire, che ha fatto conoscere meglio l’album Mainstream uscito quest'anno in edizione “deluxe”: una rivelazione nel giovane firmamento musicale italiano, assieme a Motta e L'ultima festa di Cosmo. Ispiratore di meme hipster per i suoi testi e quell'aria fintamente dimessa, ai concerti un po' sfatta, in Gaetano „suona una fisarmonica, fiamme nel campo rom, tua madre lo diceva non andare su YouPorn, per lasciarti andare“, a Frosinone legge il giornale „e c’è Papa Francesco e il Frosinone in serie A“. Meglio non sapere cosa gli toccherebbe leggere a Bolzano.
Teho Teardo & Blixa Bargeld – Nerissimo
Con Nerissimo Teho Teardo e Blixa Bargeld si confermano una coppia più che azzeccata. La collaborazione italo-tedesca tra il compositore friulano e la voce degli Einstürzende Neubauten (nonché ex-polistrumentista a fianco di Nick Cave) nasce dal precedente Still Smiling, magistrale intreccio plurilingue dove Blixa Bargeld già si avventurava (Come up and see me e Mi scusi) nel cantare in un italiano “giovane e inesperto” mettendo le mani in avanti: “Mi scusi come parlo, il mio italiano non ha fatto molta strada, me la cavo un po' così (…) l'accento quello no, non se ne va”. D'altro canto gli esperimenti linguistici non sono per lui una novità, basti ricordare Blume degli Einstürzende nelle versioni francese, tedesca, inglese e persino giapponese. Tornando al suo nuovo lavoro con Teardo, fantastica l'interpretazione di Ich bin dabei dal vivo: il duo si è esibito lo scorso novembre all'auditorium “Sanbàpolis” di Trento – d'altronde es ist ewig schon November (fuorché nel clima meteorologico).