Chronicle | Prodi

"Autonomia è anche essere liberi da ogni provincialismo"

Nel discorso pronunciato da Romano Prodi lo scorso 5 settembre traspare la visione aperta dell'Europa che caratterizzò il percorso di De Gasperi.
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Oggi mi trovo a fare colazione sotto il sole settembrino in via Franz Kafka a Riva del Garda, nel bel Trentino che appena un secolo fa era Austria-Ungheria, lo stesso impero dove nel 1883 nasceva proprio Kafka, scrittore ebreo e germanofono di Praga. Due anni dopo di lui a Pieve Tesino veniva al mondo Alcide De Gasperi, poi diventato uno dei più stimati capi di governo e statisti d'Italia.

Il 5 Settembre appena trascorso si è tenuta a Trento la Giornata dell'Autonomia, in occasione della quale è stato consegnato il sesto Premio Internazionale Alcide De Gasperi, reso quest'anno ancora più speciale dalla ricorrenza del 60. anniversario della morte di chi ha ispirato la manifestazione e che è stato uno dei primi veri europeisti. Di questa onorificenza, nella sua breve storia, sono stati insigniti tra gli altri Helmut Kohl, Carlo Azeglio Ciampi e Vàclav Havel.

Il 5 Settembre è anche l'anniversario della firma del trattato di Parigi tra De Gasperi e Gruber, documento storico che ancora oggi risulta decisivo per la nostra autonomia, che ancora oggi ha ripercussioni quotidiane sulla nostra vita.

Il premio 2014 viene assegnato a Romano Prodi, classe 1939, ex Pres. del consiglio, ex Presidente della commissione Europea, ex Ministro della Giustizia, ex Ministro dell'Industria e soprattutto grande europeista (nei fatti oltre che nelle parole) che in occasione della consegna ha tenuto un interessante discorso ricco di spunti di riflessione, che ci permettono di fermarci a ricordare alcuni avvenimenti storici chiusi altrimenti in qualche cassetto della nostra memoria - l’ideale insomma per una lettura da "poltrona dei pensieri" nel proprio salotto. Ci sembra doveroso ricordare questa cerimonia se pensiamo che il nome De Gasperi sia uno dei pochissimi davvero conosciuti e rispettati anche al di fuori dei confini della nostra regione, uno dei pochi politici ad aver portato una visione ampia della società in queste terre sempre troppo rinchiuse tra valli e passi, tra nazionalismi e tradizioni.

Riporto alcuni punti del discorso, tralasciando le personali simpatie politiche e ideologiche - alcune considerazioni le condivido, altre meno, ma in ogni caso ci permettono tutte di ragionare, il che ci fa sempre bene.

"Il passaggio non è di poco conto perché egli ha trasformato un'identità di lingua, di fede e di appartenenza in scelte politiche consapevoli, al servizio di un disegno italiano ed europeo. De Gasperi ha sempre considerato i confini in una prospettiva che guardava ben oltre la sua Provincia e ben oltre le regole dell'Impero in cui egli nacque e lo stato di cui fu leader. Questa è la radice autentica della sua e della vostra autonomia: essere liberi da ogni nazionalismo ma anche da ogni provincialismo, così da darvi la missione di considerare i confini non più come frontiera ma come occasione di una crescente cooperazione. Questo significa interpretare la realtà in maniera evolutiva, proprio come evolutiva dovrà essere anche la vostra autonomia. Un'autonomia che, in questo momento così delicato, è anche chiamata a rafforzare la cooperazione politica, culturale ed economica fra il mondo latino ed il mondo germanico"... "Voglio ricordare il generoso appoggio che, salve qualche infortunio verbale, il nostro Paese ha dato non solo all'unificazione germanica ma anche al difficile cammino iniziale della nuova Germania unita."..."Una scelta di cui mai ci siamo pentiti proprio perché essa era conseguenza della solidarietà che stava alla base dei principi fondamentali dell'Unione. Abbiamo accettato con generosità una scelta che ci ha penalizzato a lungo perché così richiedeva l'urgenza della storia e perché era esplicitamente inteso che alla generosità verso l'Est avrebbe dovuto seguire un'analoga generosità verso il Sud. Noi italiani non vogliamo oggi in alcun modo sottrarci alle regole che abbiamo insieme stabilito: chiediamo solo che nei confronti dei paesi del Mediterraneo si proceda con la stessa politica di cooperazione e solidarietà che è stata applicata nei confronti dell'unificazione tedesca e dell'allargamento verso i paesi dell'Est..." "De Gasperi, come Adenauer, Schuman, De Gaulle, Churchill, si è formato negli anni della prima guerra mondiale, o, meglio, in quella nuova "guerra dei Trent'anni" che comprende entrambe le grandi Guerre del secolo scorso e il dramma dei totalitarismi. A differenza dei suoi amici e colleghi De Gasperi ha perso una patria per ricostruirne - non soltanto per trovarne - un'altra. Ha infatti ricostruito dalle macerie l'Italia, la sua nuova patria. Dalla Grande guerra, durissima e drammaticamente divisiva per i trentini, ha imparato la diffidenza verso una politica non fondata sull'autodeterminazione e sulla autonomia dei popoli. E la diffidenza verso una politica che ha fatto del nazionalismo l'unico criterio di definizione della nazione. Per De Gasperi la politica è la costruzione dello stato democratico fondato su una visione del bene comune...".

"De Gasperi, nel secondo dopoguerra ha fondato una nuova politica estera dell'Italia, un paese che aveva cambiato linea e alleanze troppe volte, con esiti anche tragici. La sua bussola ancora una volta è stata la sua visione di lungo periodo, nel mettere in primo piano la pace, sempre mirando verso orizzonti più ampi, meno provinciali. È impressionante vedere il successo di De Gasperi tra il 1946, anno della "gelida" conferenza di Parigi e il 1951 quando fece il suo secondo viaggio trionfale negli USA. In pochi anni ha mutato l’immagine dell'Italia, facendola diventare un grande paese occidentale e in qualche misura riscattandola dalle colpe del fascismo. A Parigi portò il peso degli errori di un regime che egli aveva combattuto e che l'aveva imprigionato, ma rapidamente seppe cambiare il quadro di riferimento ponendo le potenze alleate dinnanzi ad una scelta politica inedita: la prospettiva di un’Europa dei popoli e di una crescente cooperazione fra di loro. Una cooperazione politica a tutto campo che, tuttavia, per potere subito mostrare effetti concreti, partiva dagli interessi economici e produttivi, non in nome della paura, ma contro la paura e a favore dello sviluppo e del lavoro. Così facendo riuscì a porsi come il migliore alleato della Germania, aiutandola a camminare verso il futuro e non verso il passato. Con l'aiuto di Schuman, che comunque ragionava soprattutto nei limiti della questione franco-tedesca, riuscì a fare della triangolazione tra Francia, Germania e Italia il nucleo di un motore politico inedito, efficace anche nel rispetto delle diverse posizioni geopolitiche."... "De Gasperi ha colto prima di molti altri il valore della necessaria stabilità di governo tentando, anche contro l'opinione di forti correnti del suo partito, di rafforzarla in modo da essere in grado di affrontare scelte sempre più difficili e complesse. Scelte di fronte alle quali la sola forza dei grandi partiti di massa non era sufficiente. Troppo grandi erano infatti i pesi e i rischi della Guerra fredda: per questo motivo egli fu sempre fedele ad una politica non di monopolio del potere ma di coalizione. All'Italia schiacciata dalla guerra fredda occorrevano governi resi stabili e forti da un’ampia convergenza di partiti. A questo obiettivo si orientava la proposta di una nuova legge elettorale maggioritaria, che non scattò per poche decine di migliaia di voti nelle elezioni del 1953 e che fu tanto criticata da essere definita "legge truffa".

"Ci sono oggi gli eredi di De Gasperi? La questione è stata dibattuta molte volte. La risposta non va tuttavia cercata solo in un singolo individuo ma nella forza delle idee, alle quali si deve aggiungere la particolare capacità che un politico per essere qualificato come statista deve possedere: dire la verità alla propria gente; avere una visione coerente e competente della realtà; avere il senso supremo della responsabilità al di là della propria convenienza di parte politica e della propria prospettiva personale; non vivere per se stesso, ma per una prospettiva comune. Anche a costo di vedersi rifiutato. L'eredità di De Gasperi va infatti ben al di là dell'uso politico della storia e sta nella ostinata ricerca di soluzioni, a volte forzatamente provvisorie, ma sempre dedicate ad allontanare i miti populisti che sempre corrompono le fondamenta della nostra società." (Romano Prodi, discorso alla consegna del VI Premio Internazionale Alcide De Gasperi, Trento, 5 Settembre 2014)