Con noi o contro di noi?
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Parliamone, parliamo di questa pratica squisitamente patriarcale che domina tanti (tutti?) i raggruppamenti della nostra società: o sei con noi o sei contro di noi. Che sia in un’associazione tra persone che condividono un obiettivo comune o in una categoria professionale, in una comunità religiosa oppure in una corrente politica. L’idea di base è quella del “noi contro il mondo” oltre a quella del “i panni sporchi si lavano in famiglia”. A pensarci bene, la prima affermazione è stoffa della quale sono fatte le guerre, la seconda uno dei motivi per cui continua ad esserci la violenza domestica e i conseguenti femminicidi. Una combo tossica, anzi esplosiva.
A chi si espone, a chi ci mette la faccia per le cose in cui crede, succede allora di essere attaccatə quando osa esprimere critica o posizioni diverse da quelle difese a spada tratta dal gruppo al quale dovrebbe sentirsi appartenente. Sì, succede anche nelle correnti femministe. Perché la buona pratica femminista del confronto e del dialogo alla pari non è poi così interiorizzata come pensiamo, oltre ad essere più faticosa della pratica patriarcale più consueta, quella della semplicistica polarizzazione: una pratica che incontro spesso. Ad esempio, se critico l’associazione che preferisce (non) risolvere questioni di molestie sessuali internamente piuttosto che cogliere l’occasione e affrontare il tema alle radici. Si tratta del “fratello” di uno schieramento politico affine che suggerisce di tacere le violenze esercitate da un compagno per evitare ricadute su tutto il gruppo. Oppure l’affaire non meglio definito ma riportato con voci di corridoio riguardo alla differenza fra espressione personale nel vestiario e uniforme di gruppo.
Il fenomeno è ancora una volta sistemico: all’arrivo di una voce fuori dal coro si chiudono le fila, ne esce unə portavoce che in modo più o meno manipolatorio, più o meno velato comunica il perché e percome del “noi contro il mondo” e del “i panni sporchi si lavano in famiglia”. Ne segue infine l’accusa di mancata sorellanza. In questo caso il femminile universale usato per una volta vale anche per gli uomini… da una femminista ci si aspetta sorellanza tout court, una lealtà-fedeltà totale, confondendola con una solidarietà acritica e cieca.Ebbene, secondo me la sorellanza, invece, sta proprio nella disponibilità al dialogo, al confronto e allo scambio alla stessa altezza degli occhi. Non si tratta di stare a fianco dellə altrə indiscriminatamente e a tutti i costi in nome della causa. Non sono le uniformi ad arricchirci, ma l’accettazione delle nostre differenze. Si tratta piuttosto di dare spazio a vissuti e pensieri diversi, di interrogarci rispetto alle azioni, di decostruire schemi interiorizzati e basarci su relazioni. La critica, così come la trasparenza, sono indispensabili per la costruzione di una reale crescita comune. Per una solidarietà e una sorellanza reale.
E ancora una volta: il privato è politico. Parliamone.