Politica | Intervista

"Rafforzare le sedi concertative"

40esimo anniversario della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome: l'avvocata Alessia Grillo racconta lo sviluppo passato e futuro dell'istituzione.
40esimo anniversario Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome
Foto: (c) Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome

Sin dall’inizio dell’emergenza Covid, la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome ha attirato l’attenzione mediatica. A gennaio la Conferenza ha celebrato il suo 40esimo anniversario. Ma cos’è la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome? Di cosa si occupa? E come viene coinvolta nei processi legislativi e attuativi del governo? Salto.bz ha parlato con l’avvocata Alessia Grillo, Segretaria Generale della Conferenza delle Regioni.

 

salto.bz: La Conferenza delle Regioni è nata 40 anni fa. Quali erano le esigenze che hanno portato alla sua istituzione? 

Alessia Grillo: L’esigenza principale era quella di un coordinamento fra le Regioni. Dopo le elezioni regionali nel 1970 e il completamento di quanto previsto dalla Costituzione con la nascita delle Regioni a Statuto ordinario - quelle a Statuto speciale erano già state istituite in un arco temporale che va dal 1946 al 1963 - cominciò a farsi sempre più pressante il bisogno di trovare dei punti di riferimento comuni fra le varie regioni, sia rispetto all’esercizio delle prime deleghe concesse dallo Stato alle istituzioni regionali, che per l'attività di proposizione nei confronti del Governo e del Parlamento. Per cercare di rispondere queste esigenze, le Regioni stesse, nel 1981, si riunirono in una sorta di patto collaborativo e decisero di istituire la Conferenza. 

 

 

Come è cambiato il ruolo della Conferenza delle Regioni e Province Autonome da quando è stata fondata?

L’attività di coordinamento costituisce ancora oggi il fondamento della Conferenza. Con l’evoluzione e l’ampliamento del ruolo delle Regioni, da un punto di vista amministrativo, costituzionale e politico, la funzione svolta dalla Conferenza si è rafforzata. Soprattutto dopo l’istituzione delle Conferenze intergovernative, ovvero la Conferenza Stato-Regioni e la Conferenza Unificata, ove si svolge il confronto tra lo Stato, le Regioni e le autonomie locali. La Conferenza delle Regioni oggi svolge un’azione fondamentale: non solo come luogo di sintesi fra le istituzioni regionali, ma anche come ente proattivo rispetto alle misure che poi vengono assunte dal Governo, sempre più spesso necessariamente basate sul principio della leale collaborazione istituzionale. In questo contesto è utile ricordare che gli accordi e le intese che vengono formalizzati in sede di Conferenza Unificata e Stato-Regioni, che richiedono la posizione unanime delle Regioni, vedono non solo il prodromico necessario coinvolgimento della Conferenza delle Regioni, ma in molti casi vengono raggiunti su proposta delle ragioni stesse.
La Conferenza arriva a svolgere anche un ruolo amministrativo, basti pensare a quanto accaduto durante l'emergenza Covid-19, quando si è deciso, dopo la prima ondata, di affrontare il tema della possibile ripresa delle attività. In quell’occasione la Conferenza ha ottenuto l’incarico dal Governo di elaborare le linee guida per la riapertura di importanti settori socio-economici. Linee guida che poi sono diventate parte integrante dei DPCM varati da quel momento in poi.

Quando c’è da subito un dialogo tra diverse realtà istituzionali, è più facile governare i processi e dare concretezza attuativa alle stesse scelte dell’Esecutivo.

La Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome non è un organo costituzionale. Secondo Lei, questo rappresenta un problema oppure un’opportunità?

La Conferenza delle Regioni è di fatto un organo collaborativo e quindi di carattere volontario. Non è un organo istituzionalizzato. Non c’è né una legge che la istituisce, né un riconoscimento nella Costituzione, sebbene il suo ruolo e la sua attività siano ormai richiamati esplicitamente in centinaia di disposizioni legislative. Per tanti anni questo non è stato un problema e forse ha pure favorito lo sviluppo della Conferenza. L’importanza assunta oggi però dalla Conferenza delle Regioni – come illustrato dall’incarico di elaborare delle linee guida per la riapertura delle attività economiche – fa sembrare opportuna una veste più puntuale, anche sul piano giuridico. Anche perché, come detto, emergono compiti che vanno al di là del solo coordinamento politico e rientrano ormai nelle prassi e nei procedimenti istituzionali.

Sono stati fatti dei passi in quella direzione? 

Al momento i Presidenti delle Regioni stanno approfondendo il tema e stanno verificando quali possono essere le varie possibilità di sviluppo istituzionale per la Conferenza.
Una cosa appare certa, come sottolineato anche dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nell’occasione del 50esimo anniversario delle Regioni a statuto ordinario, ad agosto: c’è ed è fortemente avvertita la necessità di rafforzare le sedi concertative a garanzia del principio della leale collaborazione fra Stato e Regioni, un’esigenza a cui già oggi contribuisce in modo determinante e significativo a Conferenza delle Regioni e le Province Autonome. Ecco perché l’auspicio, sottolineato da molti presidenti di Regione, è proprio quello di verificare le condizioni per una sua istituzionalizzazione o anche costituzionalizzazione.

 

 

Viene spesso lamentato il fatto che la leale collaborazione fra Stato e Regioni è impedita dal quadro costituzionale che, al posto della concertazione fra Stato e Regioni, prevede un confronto, spesso non vincolante per il governo. Qual è l'esperienza della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome in merito a questa osservazione?

In realtà il quadro costituzionale consente la concertazione fra Stato e Regioni attraverso “accordi” o “intese” sancite in Conferenza Stato-Regioni o in Conferenza Unificata. Quelli che andrebbero migliorati però sono gli strumenti che rendono possibile questa collaborazione, ovvero il modo nel quale vengono utilizzati pareri, intese e accordi. In più c’è bisogno di potenziare le aree di intervento. In altri termini sarebbe opportuno un coinvolgimento delle Regioni nelle fasi “a monte” che consentirebbe la partecipazione effettiva della Conferenza alla definizione delle decisioni. Le Regioni dovrebbero potersi esprimere non solo sull’attuazione della legislazione statale, ma anche nella fase di elaborazione di provvedimenti cruciali per l’attuazione del programma di governo, cito per tutti la Legge di Bilancio, rispetto alla quale però proprio negli ultimi anni, con la stipula di accordi puntuali, si sono registrati, sotto questo profilo importanti passi in avanti.

C’è ed è fortemente avvertita la necessità di rafforzare le sedi concertative a garanzia del principio della leale collaborazione fra Stato e Regioni

Quindi si potrebbe dare a regioni e province autonome l’opportunità di intervenire in anticipo e in modo istituzionalizzato.

Sì. Quando abbiamo sperimentato questa opportunità, le proposte messe in campo sono state condivise ampiamente e hanno facilitato il percorso attuativo. Le faccio un esempio: Nel 2015 la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome sottoscrisse un protocollo d’intesa tra Governo, Regioni e Autonomie locali per rendere più moderna la pubblica amministrazione. La legge nata da questo protocollo d’intesa, la legge 124 del 2015, e tutti i decreti di attuazione legati ad essa sono stati il frutto di quel protocollo e di una puntuale interlocuzione con il sistema delle Regioni. Questo esempio dimostra che quando c’è da subito un dialogo tra diverse realtà istituzionali, è più facile governare i processi e dare concretezza attuativa alle stesse scelte dell’Esecutivo.

Pur svolgendo un ruolo fondamentale, la Conferenza delle regioni è un organo ancora poco noto al grande pubblico.

Va detto che negli ultimi anni ed in particolare nel 2020 la Conferenza delle Regioni ha sicuramente aumentato la sua visibilità anche a causa delle misure che era necessario prendere per affrontare l’emergenza Covid-19, e credo che continuerà a crescere nel prossimo futuro.

Le Regioni dovrebbero potersi esprimere non solo sull’attuazione della legislazione statale, ma anche nella fase di elaborazione di provvedimenti cruciali per l’attuazione del programma di governo.

Secondo lei qual è il valore principale della Conferenza?

La Conferenza è un luogo di sintesi delle diverse esigenze territoriali e delle legittime ambizioni regionali. Una sede che va al di là dei singoli partiti a cui ogni Presidente risponde e che va al di là di una visione meramente locale. Per questo motivo la Conferenza è dunque diventata un interlocutore privilegiato ed attendibile del Governo e dello stesso Parlamento, come dimostrano fra l’altro le sempre più frequenti audizioni nelle commissioni parlamentari.