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Momenti di gloria (perduta)

Heinz Gutweniger (Coni), Stefan Leitner (Südtiroler Sporthilfe) e Stefano Podini (Lipam) spiegano perché è una follia non candidare Roma alle Olimpiadi del 2024.

Roma non fa’ la stupida

Alle Olimpiadi di Roma del 1960 l’atleta etiope Abebe Bikila vinse la maratona correndo 42 chilometri scalzo, senza le “scomode scarpe” che gli furono consegnate prima della gara. Un’immagine-simbolo incastonata nella storia olimpica e della Capitale, che dovrà accontentarsi di rispolverare solo aneddoti d’annata dal momento che con ogni probabilità dovrà rinunciare al sogno di ospitare l'evento sportivo per eccellenza. Lo scorso venerdì 30 settembre, infatti, il consiglio comunale ha votato contro la candidatura di Roma (le rivali in corsa sono Parigi, Los Angeles e Budapest) ai Giochi del 2024, da subito fortemente avversata da Virginia Raggi, sindaca dei 5 stelle allergica ai 5 cerchi. “No ai giochi del mattone” aveva sentenziato la prima cittadina, “stiamo ancora pagando i debiti per gli espropri di Roma 1960. Non abbiamo nulla contro le Olimpiadi e contro lo sport ma non vogliamo che questo venga usato come pretesto per una nuova colata di cemento in città”. Un sonoro “no” motivato anche da un altro fattore inconfutabile: il rischio corruzione, ormai cruccio di ogni amministrazione capitolina.

Un’occasione ghiotta colta al volo dal premier Matteo Renzi che aveva così bacchettato la sindaca pentastellata: “Non si fermano le grandi opere, si fermano i ladri”. E invece si fermano le Olimpiadi. La partita appare inequivocabilmente chiusa, come certifica anche il presidente del Coni Giovanni Malagò. Malgrado il rifiuto del Comune la candidatura di Roma è sostenuta tuttavia dal governo e dalla Regione, tanto bastò a Madrid, nel 2009, per candidarsi alle Olimpiadi del 2016 (anche se poi fu scalzata da Rio de Janeiro). Ma il presidente del Coni è pessimista. Aleggia poi l’ipotesi del ricorso al Tar “per difetto di motivazioni”: visibile, secondo il Coni, è stata infatti “la scopiazzatura da Wikipedia” in riferimento alla relazione di Raggi sul ritiro dalla corsa olimpica di Boston, Amburgo, San Diego e Dubai. Nel frattempo, oggi (4 ottobre), il numero uno del Coni incontrerà a Roma il presidente del Cio - il Comitato olimpico internazionale che il 7 ottobre valuterà il resto del dossier olimpico - Thomas Bach che a Rio aveva dato, seppur mantenendo un certo aplomb diplomatico, la sua benedizione ad una allora papabile candidatura di Roma.


Ce lo chiede lo sport

"È forte la paura che le Olimpiadi possano generare un deficit poi difficilmente colmabile"

Il piccolo grande universo sportivo altoatesino fa il tifo “a bordo campo” perché il miracolo avvenga. “La discussione si è ormai spostata da un livello sportivo a uno politico - commenta il presidente del Coni altoatesino Heinz Gutweniger -, è improbabile che la decisione presa dal Comune possa essere ribaltata ma ora Malagò, giustamente, gioca l’ultima carta a disposizione appoggiandosi al Cio. Va detto che ci sono diverse città interessate ad ospitare i Giochi, ma purtroppo è forte la paura che le Olimpiadi possano generare un deficit poi difficilmente colmabile”. Basta non darsi per vinto: “Noi tutti presidenti del Coni - prosegue Gutweniger - abbiamo interesse che l’evento si tenga in Italia, sarebbe una conquista per lo sport, sempre che si riesca ad organizzare il tutto con criteri ottimali dal punto di vista economico, e questo rimane il più grande interrogativo”.

"Bisogna riportare lo sport al centro del dibattito"

Sulla stessa linea il direttore di Assisport Alto Adige-Südtiroler Sporthilfe Stefan Leitner secondo cui l’Italia ha bisogno di una manifestazione sportiva di alto livello per presentarsi con un certo prestigio di fronte al mondo intero. “Bisogna riportare lo sport al centro del dibattito e le Olimpiadi sarebbero l’occasione giusta per farlo, e inoltre potrebbero portare un input nuovo per tutta la popolazione, senza contare che ne gioverebbe anche il mondo sportivo altoatesino”. Il caso di Roma ha contribuito a mettere in evidenza le lacune dell’amministrazione Raggi, è questa l’opinione di Stefano Podini presidente della Lipam (Lega Italiana Pallamano Maschile), dirigente del Loacker Bolzano nonché ex azzurro della pallamano, tedoforo a Londra, Pechino, Vancouver e Rio e collezionista di fiaccole olimpiche (ne possiede in tutto 39, quelle dal 1936 ad oggi).

"Occorre avere il coraggio di cambiare idea se i numeri e i fatti aggiornati lo consentono"

Da sinistra: Heinz Gutweniger (Coni), Stefan Leitner (Südtiroler Sporthilfe) e Stefano Podini (Lipam)

“Quella della sindaca - spiega l'ex atleta - è stata una risposta demagogica per non tradire quanto promesso in campagna elettorale, ma occorre avere il coraggio di cambiare idea se i numeri e i fatti aggiornati lo consentono, quello sì sarebbe un segnale di maturità e professionalità, e invece si è deciso di non ascoltare le problematiche così come le opportunità che stanno dietro alla candidatura di Roma”. A cominciare dalla “buca” rifilata a Malagò che si è ritrovato ad aspettare la sindaca in Campidoglio mentre la stessa si trovava a pranzo in un ristorante insieme all'assessora alla Mobilità Linda Meleo, accumulando quei 35 minuti di ritardo che fecero saltare l’atteso incontro sulla candidatura italiana. Ad essere snobbata fu poi, durante la seduta dell’Assemblea straordinaria capitolina, Diana Bianchedi, coordinatrice generale del Comitato promotore dei Giochi a Roma. All’ex schermitrice, che avrebbe voluto far conoscere il dossier ai consiglieri (che non lo avevano letto), è stato negato l’intervento in aula.
 

Il colore dei soldi

“Dire che si sta ancora sborsando denaro per far fronte ai debiti lasciati dalle Olimpiadi del ’60 significa parlare per slogan - osserva Podini -, si dimostri a bilancio l’importo che staremmo ancora pagando. Perché - si chiede poi l’ex azzurro - non si dice invece che si sta ancora usufruendo di ciò che è stato costruito durante le scorse Olimpiadi? Pensiamo al villaggio olimpico con i suoi alloggi, o allo Stadio Flaminio e al Palazzetto dello Sport dove si fanno attività sportive dalla mattina alla sera, o ancora alla struttura del Foro italico che viene tutt’oggi utilizzata in maniera produttiva, nonché allo stesso Stadio Olimpico che ospita uffici di varie federazioni sportive”. Altra argomentazione sventolata dai “contrari” sono i disastri economici che hanno investito le città che hanno ospitato i Giochi, qualche esempio: Atene nel 2004 perse 10 miliardi di dollari; Pechino, nel 2008, 40; Monaco 1972 e Montreal 1976 videro lievitare i costi da 250 milioni a 2 miliardi di dollari.

“3 delle 6 piscine olimpiche di Londra 2012 - replica il presidente della Lipam - sono state trasferite a Rio e con molta probabilità verranno recuperate anche per Tokyo 2020 e verosimilmente anche per gli appuntamenti successivi, stessa cosa dicasi per lo stadio di beach volley di Copacabana, anche questo proveniente da Londra. Oggi tutta una serie di infrastrutture vengono riutilizzate perché negli anni si è capito che è meglio suddividere un costo fra 4-5 città piuttosto che sopportarlo da soli”. Il problema di Roma è un altro, conclude Podini: “Mi preoccuperei se dovessi costruire una linea della metro nella Capitale, che fra continui ritrovamenti archeologici durante gli scavi e scandali legati alla corruzione si finisce per spendere 10 milioni di euro al km anziché 2, ecco, quelli sono costi che avrei timore di non riuscire a tenere sotto controllo, non certo quelli delle infrastrutture sportive”.

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Claudio Campedelli Mar, 10/04/2016 - 07:51

Pur riutilizzando le piscine olimpioniche e non avendo particolari problemi archeologici evidentemente qualcosa quadruplica anche nei conti di Tokyo:

Tokyo 2020, allarme della governatrice: "Costi quadruplicati, così non ce la facciamo"

Fonte non Wikipedia:
http://www.repubblica.it/sport/vari/2016/10/01/news/tokyo_2020_allarme_…

Lo sport è qualcosa di diverso. Non certo cemento e tondini.

Mar, 10/04/2016 - 07:51 Collegamento permanente