elezioni
Foto: w
Politica | Accadde domani

Eravamo quattro amici al bar

...che volevano cambiare Bolzano: piccolo abbecedario in vista del voto del 4 maggio.
  • Partenza al piccolo trotto per la carica degli oltre 400 candidati, sei quelli alla carica di sindaco, impegnati per 45 giorni nella campagna elettorale per le comunali bolzanine. Tutti, d’altronde, sanno bene che lo slanciarsi in una corsa a perdifiato potrebbe significare arrivare spompati, anche soprattutto per l’esaurirsi delle modeste risorse finanziarie, al traguardo finale del 4 maggio.

    Tutto secondo tradizione con una piccola ma significativa novità. Un paio di candidati alla carica di sindaco, quelli, tanto per non sbagliarsi, che lo studio dei flussi elettorali indica come i più probabili competitori nel quasi certo ballottaggio, hanno deciso di andare a incontrare i loro potenziali elettori al bar.

    Appuntamenti fissati con largo anticipo e pubblicizzati con locandine che indicano l’orario e il nome dell’esercizio pubblico prescelto. I due leader, non si sa se per calcolo o per ventura, hanno evitato il pericolo di ritrovarsi ai lati opposti del bancone. Imbarazzo totale, ma anche, se vogliamo, opportunità mancata di dar vita a un confronto frizzante, come avveniva ai tempi in cui Berta filava e il candidato dell’opposizione si presentava in piazza per fare il cosiddetto “contraddittorio” durante il comizio dell’avversario di maggioranza.

    Pericolo sventato. Uno dei due candidati incontrava gli elettori davanti al cappuccino del mattino e l’altro invece per l’aperitivo serale.

    Ben collaudato dalla tradizione invece il sistema degli incontri con il gazebo volante piazzato strategicamente ai margini dei mercati cittadini più frequentati.

    Di comizi veri e propri, per ora, nessuna traccia. Di riempire le piazze come una volta avveniva, non si parla neppure con la garanzia della presenza di qualche big nazionale che pure si farà vedere, forse, in chiusura di campagna.

  • Ludi cartacei

    L’espressione “Ludi cartacei” ha un’origine sicuramente riconducibile alla retorica fascista. Mussolini esprimeva così, con sarcastico disprezzo, tutta la sua avversione per quelle elezioni con suffragio universale (donne escluse naturalmente) che al suo movimento avevano regalato ben poche soddisfazioni. Manipolando la legge e il funzionamento dei seggi riuscì a mantenere per qualche anno il controllo, ma poi mandò in pensione forzata tutto l’armamentario di schede e urne. Quel "cartacei" intendeva alludere al materiale su cui si stampavano le schede elettorali ma, quando nel dopoguerra le elezioni tornarono di moda, la carta fu una delle componenti essenziali di tutta la faccenda. Di carta le schede e tutto l’altro materiale necessario, di carta la quantità enorme di manifesti che gli “attacchini” dei partiti incollavano nottetempo sui muri delle città e dei paesi, sugli spazi non riservati, ma anche dove l’affissione non era nemmeno prevista, qualche volta anche dove erano previsti quelli delle altre forze politiche. Poi le squadre con la colla ed il pennello qualche volta si incrociavano e volavano i cazzotti. Oggi è un miracolo se i tabelloni grigi finiranno per esaurire i posti liberi prima del voto.

    Carta era anche quella dell’infinità di volantini, schedine, riassunti di programmi elettorali e sintetiche biografie di questo o quel candidato, immancabilmente corredati da immagini di volti sorridenti o di squadre assemblate per la foto di gruppo. Carta era quella delle lettere infilate nella buca della posta, con l’intestazione che doveva far presumere un invio personalizzato, rafforzato dalla firma riprodotta in calce con la copiatrice.

    Faremo i conti alla fine, ma l’esperienza delle ultime elezioni induce a credere che i Ludi siano sempre meno cartacei con buona pace dei portalettere, sgravati dalla fatica, e degli ecologisti plaudenti alla salvaguardia di qualche metro cubo di legname.

  • (Im)par Condicio

    Accantonati, in parte o del tutto, gli antichi artifizi cartacei la campagna surfa tra le onde delle emittenti radiotelevisive e, ancor di più, tra quelle di una rete che ormai tutto avvolge.

    Per quanto riguarda la radio e la tv, con particolare riferimento al servizio pubblico, c’è problema di applicare una normativa, quella denominata della “par condicio” che da un quarto di secolo ha messo in castigo il diritto-dovere dei giornalisti di fare il loro mestiere secondo le regole basilari della professione. Nata come rimedio, peggiore del male anche stavolta, all’impossibilità di bloccare con una legge sul conflitto di interessi tra il controllo berlusconiano di un numero crescente di mezzi di informazione e la contemporanea ascesa politica del soggetto stesso, si è trasformata in una rigida gabbia che mortifica la professionalità di chi lavora nelle redazioni.

    Così telegiornali e giornali radio diventano l’eco di quelle tribune elettorali organizzate a loro volta secondo regole calate dall’alto in base alle quali i candidati si spartiscono i tempi a disposizione a prescindere da quello che avrebbero da dire. Man mano che passa il tempo la censura elettorale diventa sempre più marcata coinvolgendo le comunicazioni istituzionali bloccando in pratica l’attività degli uffici stampa e degli organi di informazione sin nei più piccoli paesi. Dalla preistoria delle competizioni elettorali ci giungono norme come quella che impone il cosiddetto “silenzio” nelle 24 ore precedenti il voto. Divieto inventato per evitare che il votante dovesse passare, per arrivare al seggio, attraverso le forche caudine di comizianti, attivisti carichi di volantini, gruppi di fede opposta impegnati nell’ultima contesa. 

    Un rischio che oggi il nostro avente diritto non corre certamente più. In compenso la campagna elettorale prosegue su Internet, senza che nessuno possa porvi un limite, sino all’ultimo minuto di apertura dei seggi. 

  • In fin dei conti

    Nella rete finiscono così anche parecchi spiccioli provenienti dalle dotazioni dei partiti, dei movimenti e da quanto i singoli candidati sono disposti a scommettere sul proprio successo. La ripartizione dei fondi rispecchia dunque i cambiamenti intervenuti nelle strategie. Qualche spot televisivo e qualche messaggio radiofonico, parco uso di manifesti e volantini, presenza crescente nei social media con la speranza di intercettarvi i più giovani e coloro che rifuggono dall’accettare incontri per il cappuccino mattutino o per lo spritz serale, le strette di mano al mercato del sabato e il ritrovarsi ai piedi del podio dove sale il leader nazionale.

    È una delle grandi incognite di questa come di tutte le campagne elettorali negli ultimi anni: come fare a ritrovare una platea di elettori che un tempo rendeva l'Alto Adige una delle zone italiane con la massima affluenza al voto e che adesso, invece, volta sempre più spesso le spalle alle urne aperte.