Economia | Paradisi fiscali

Europa: serve fisco comune

Da tempo le multinazionali e alcuni super ricchi utilizzano scappatoie lasciate dalla legislazione fiscale europea per aggirare il pagamento delle imposte sui guadagni.
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale del partner e non necessariamente quella della redazione di SALTO.
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Foto: Fabio Petrini

Non è un caso che ogni tanto emergano scandali che sgomentano l'opinione pubblica. I Panama Papers, i Paradise Papers e gli accordi scandalosi tra Apple e l'Irlanda sono la punta dell'Iceberg di un fenomeno ben più esteso, l'evasione fiscale di fatto semi legale. Si utilizzano le lacune lasciate da un sistema, che si basa su 28 diversi sistemi fiscali. Infatti, la legislazione sul fisco è tutt'ora di competenza esclusiva dei singoli Stati europei. Questo ha portato inoltre a forme di concorrenza tra i singoli Paesi per attrarre potenziali investitori, abbassando pesantemente la tassazione sulle imprese che è scesa da una media del 31% di 20 anni addietro ad appena l'attuale 21%.

Purtroppo ogni modifica ha bisogno del parere unanime di tutti i membri dell'Ue. In tempi di sovranismo sarà ancora più difficile arrivare a un compromesso che possa finalmente chiudere questa falla a favore dei super ricchi e delle multinazionali. In periodi in cui sono in atto la globalizzazione e la digitalizzazione sarebbe una conseguenza logica armonizzare i sistemi fiscali tra i singoli paesi. Non è solo la politica dell'auterity a mettere a repentaglio la solidità della Ce, ma anche i mancati introiti fiscali, che non permettono il finanziamento del welfare. Per questo la rabbia non si orienta solo verso il sistema finanziario fuori controllo, ma anche contro queste pratiche poco conosciute, ma che, grazie a giornalisti coraggiosi, ogni tanto vengono alla luce. Ma oltre alle multinazionali anche le persone fisiche nascondono i loro guadagni nei paradisi fiscali.

Esistono da tempo progetti per bloccare queste furbizie ai danni della collettività a partire dalla tassazione dell'economia digitale o da una tassazione sulle transazioni finanziarie. Purtroppo soprattutto i paesi con modelli fiscali al ribasso contrastano l'introduzione di qualche regola anche minima per chiudere in larga parte queste lacune. Ora la Ce ha messi in campo un progetto per sbloccare la situazione superando la logica dell'unanimità anche in questo delicato settore. In futuro dovrebbe bastare la maggioranza qualificata per deliberare. Questo dovrebbe inizialmente riguardare le forme di evasione ed elusione fiscale e le pratiche finalizzate ad evitare il pagamento delle imposte, cioè tutte le forme di abuso oggi in vigore. In questa fase non sarebbe messa in discussione la sovranità sulla legislazione fiscale. Soltanto successivamente questo metodo dovrebbe allargarsi per arrivare a forme di tassazione eque indispensabili in un mercato comune. Nel mirino ci sarebbero l'introduzione della webtax  e la tassazione degli utili delle aziende. Va riformata anche l'imposta sul valore aggiunto, attualmente macchinosa e soggetta ad evasione. Si calcola infatti che, a livello europeo, sfuggono dall'erario 147 miliardi di euro per il mancato coordinamento e oltre 50 miliardi per vere e proprie truffe fiscali.

La partita che la Ce gioca non sarà facile e in vista di possibili cambiamenti a livello politico, dopo le elezioni europee, la situazione è del tutto imprevedibile. Trovare percorsi comuni è già oggi quasi impossibile, anche su temi a volte meno impegnativi. Nei trattati europei ci sono le possibilità di intervenire, anche di fronte alle resistenze di singoli Stati, qualora si sia di fronte a forme di competitività scorretta. Anche se possiamo tranquillamente ipotizzare che si tratta di concorrenza sleale, che potrebbe essere cambiata con una legge ordinaria a livello europeo, nel caso le consultazioni tra i Paesi non portano a risultati concreti, diventa comunque difficile ipotizzare questo percorso.

Alcuni istituti di ricerca parlano di perdite di gettito di oltre 800 miliardi annui per la mancanza di una politica fiscale comune. Anche i margini di manovra per i singoli Stati sulla tassazione dei capitali e dei patrimoni finanziari sono per questo motivo ridotti. Infine anche lo stato sociale nei singoli Paesi trarrebbe grossi vantaggi da una politica fiscale più coordinata.

Se guardiamo al nostro piccolo queste tematiche sembrano lontane. Ma in merito vogliamo soltanto ricordare le problematiche legate al commercio locale che ogni tanto vengono segnalate di fronte alla crescita esponenziale legata al commercio online. Non sono certamente le domeniche di chiusura il problema del commerciante locale, ma i prezzi estremamente competitivi di Amazon e Co. Esse non dipendono solo dal potere contrattuale nei confronti dei produttori dei beni, ma anche dalla possibilità di sfruttare al meglio le falle del sistema fiscale europeo, che per l'operatore locale sono impossibili da utilizzare.