“Anche le foreste sono inquinate”
salto.bz: Sergio Angeli, ricercatore di ruolo della Libera università di Bolzano nonché esperto di apicoltura e di entomologia agraria e forestale, lei è uno degli autori della ricerca sui pesticidi intitolata “Botanical origin of pesticide residues in pollen loads collected by honeybees during and after apple bloom”, appena pubblicata sulla rivista scientifica “Frontiers in Physiology”. Da dove nasce questo studio, su un tema attuale e dibattuto come quello dei fitofarmaci in Alto Adige?
Sergio Angeli: La ricerca nasce, come spesso succede in ambito universitario, dalla curiosità di approfondire lo sviluppo delle conoscenze. Questo studio ha una genesi lunga: circa 7-8 anni fa mi sono confrontato con i colleghi della Fondazione Mach, in Trentino, Paolo Fontana e Valeria Malagnini, e poi con gli esperti di apicoltura del Centro di Ricerca Laimburg, Manfred Wolf e Benjamin Mair, a proposito dell’analisi dei pollini. Era nata in me l’idea infatti che si potessero dividere i pollini in base al colore, permettendo così di ricercare l’origine dell’inquinamento da pesticidi nei diversi tipi di polline.
Ma l’idea rimase nel cassetto?
Sì. Forse i tempi non erano maturi. In tempi recenti però una studentessa del nostro corso in Scienze Agrarie e Agroambientali della Facoltà di Scienze e Tecnologie di Bolzano, Lisbeth Marie Bauer, mi ha chiesto di svolgere la sua tesi di laurea di Bechelor su un argomento inerente l’apicoltura. Io le avevo proposto l’idea appunto nel cassetto e da lì siamo partiti. Non da soli, visto che ci sono sei autori e diversi rappresentano enti della provincia di Bolzano, istituti vicini alla Libera università: una bella collaborazione.
Chi sono gli altri autori e di quali realtà fanno parte?
Innanzitutto abbiamo agito d’intesa con Luca D’Ambrosio, direttore del laboratorio di analisi alimentari dell’Agenzia per l’ambiente e la tutela del clima, struttura della Provincia di Bolzano. Il quale era in grado di fare le analisi sui 270 tipi diversi di pesticidi. Contemporaneamente abbiamo chiesto aiuto a Edith Bucher e Michele Rossi di un istituto della stessa Agenzia, il laboratorio biologico, per le analisi pallinologiche. In pratica si tatta della caratterizzazione dell’origine botanica dei pollini, secondo i tipi di piante da cui provengono. Il sesto autore, non in ordine di importanza, è il mio braccio destro Riccardo Favaro, assegnista di ricerca della facoltà. Anche il suo apporto è stato determinante soprattutto per l’analisi dei dati e la statistica. Insieme il team ha portato avanti uno studio con caratteri innovativi.
Quali sono gli aspetti nuovi?
Noi non abbiamo fatto solo le analisi chimiche dei pollini raccolti tout court, ma abbiamo suddiviso ogni campione di polline raccolto dalla api per tipologia di colore. Le api infatti durante i loro voli sono fedeli al tipo di pianta che visitano. Il polline che raccolgono e appallottolano sulle loro gambe, per trasportarlo, ha solitamente un’origine botanica precisa. Ad un determinato colore corrisponde una determinata specie botanica. Ad esempio il polline di melo è verde, poi c’è il tarassaco che ha un colore arancione molto vivo e via dicendo.
Dove e quando si sono svolti i prelievi?
I 60 campioni sono stati rilevati nel 2017 in otto località di cui sei in Alto Adige, soprattutto nella parte occidentale, e due in Trentino, in due momenti diversi, durante e dopo la fioritura del melo.
Che risultati ha dato la ricerca?
L’obiettivo principale è stata l’analisi del Pollen Hazard Quotient (PHQ), l’indice di possibile tossicità per le api in base ai diversi composti chimici rilevati. Abbiamo riscontrato, seppure in alcuni casi, livelli estremamente pesanti di rischio per le api. Alcuni campioni raggiungevano valori di 150-160 volte la DL50 per giorno per le api nutrici, in particolare per il chlorpyrifos-ethly anche nel polline di tarassaco. Segue l’imidacloprid, il chlorpyrifos methyl e il phosmet, con rispeddivamente 28, 20 e 7,6 volte la DL50.
Ci sono aree maggiormente inquinate nelle quali le api sono in pericolo?
Non abbiamo inserire le coordinate gps, per non individuare esattamente i terreni. In totale abbiamo trovato 13 insetticidi, 21 fungicidi e 2 erbicidi. Possiamo dire che ad esempio per quanto riguarda il Chlorpyrifos-methyl e il Phosmet, la sostanza chimica più impiegata, le api in talune zone hanno raccolto pollini con più di 2 ppm di concentrazione, rappresentando un notevole rischio per le api. Naturalmente la pericolosità maggiore è data dagli insetticidi, più che dai fungicidi. Ma credo che il risultato più importante, nuovo, della nostra ricerca interessi la dispersione di questi composti nell’ambiente.
Può spiegare meglio?
La presenza di residui di pesticidi non è una novità, è già stata misurata, ad esempio anche sui ghiacciai, sull’erba dei giardini pubblici, ecc. Le analisi dei diversi tipi di polline dimostra però e soprattutto la rintracciabilità delle sostanze in base all’origine botanica dei pollini, permettendo di tracciare la dispersione e i gradi di tossicità non solo nei frutteti o in ambienti vasti ma in prossimità della are agricole dove si potrebbe facilmente misurare l’inquinamento, utilizzando le api come campionatore.
In un raggio di quanti chilometri?
Le api compiono al massimo una distanza di tre chilometri dall’apiario. Non sempre naturalmente. Però significa che si tratta di parecchi ettari in cui sono presenti i residui. Anche volendo calcolare solo 1,5 km di raggio, si arriva alla ragguardevole cifra di 700 ettari perlustrati da ogni singola famiglia. È stato calcolato che in questo territorio le api di una famiglia effettuano due milioni di microprelievi al giorno, considerando 6 voli giornalieri per ape bottinatrice.
Ed è davvero la prima volta che si ottiene questo risultato scientifico?
Certamente. La forza dello studio è nel nuovo metodo di analisi, che cumula l’esame chimico su singole frazioni di polline e quello palinologico e che ha permesso di tracciare la diffusione per specie botanica, aspetto mai rilevato prima.
Vista la pericolosità dell’inquinamento per le api, quali sono le conseguenze sull’ecosistema e per l’uomo?
Siamo a livelli di tossicità alti, ma la dinamica di detossificazione su 30.000 api per famiglia è sconosciuta. L’impatto è sicuro, ma non è detto che ne provochi la morte, magari l’indebolimento. È interessante però notare che il polline è un indicatore dell’inquinamento molto più del miele: perché il nettare viene ingurgitato dalle api e se questo è tossico gli insetti vengono disorientati e non riescono a tornare all’alveare. Muoiono insomma. È una forma di tutela per le famiglie di api e di conseguenza per l’uomo, che gode di un miele salubre.
La specie però è fondamentale per l’ecosistema, giusto?
Certamente, le api sono utilissime sia all’ecosistema agrario che a quello naturale. Agli insetti si deve l’80% dell’impollinazione delle piante coltivate e buona parte delle piante spontanee. Le api contribuiscono al 35% della produzione agricola mondiale ed hanno un valore economico pari al 10% della produzione ortofrutticola mondiale. Durante un recente dibattito scientifico, le api sono state definite “le specie più preziosa del pianeta!”.
Soddisfatti del riconoscimento per la ricerca?
Sì, la pubblicazione è su una rivista di alto impatto tra gli scienziati. La metodologia sviluppata può essere d’esempio per altri casi, a livello internazionale. Questo ci rende molto soddisfatti.
Warum wird nicht auf die
Warum wird nicht auf die Wichtigkeit der Synergien in der Insektenwelt hingewiesen? Vielfaches Insektensterben bringt den Microkosmos in und um die Biene aus dem Gleichgewicht.
Warum werden Fungizide nahezu unbeachtet oder verharmlost? Sie töten die freien Hefesporen in der Natur; der Insektenwelt fehlen somit die Duftboten über Nektar- und Pollenquellen. Fungizide und Kälte, so die diesjährige Vermutung, wären verantwortlich für die geringe Honigernte.
Aber nicht nur die Insektenwelt leidet: Brot und Kuchenteige benötigen im Vergleich zu den alten Rezepturen ein Vielfachen an Treibmitteln weil viele Fungizids-Rückstände im Mehl ein Aufgehen des Teiges beeinträchtigen.
In risposta a Warum wird nicht auf die di rotaderga
Eine Defintion für Experte
Eine Defintion für Experte (Forscher): Ein Experte ist jemand, der immer mehr und mehr über immer weniger, bis er schließlich alles über nichts weis.
Diese Ergebnis bestätigen
Diese Ergebnis bestätigen meine diesbezüglich Skepsis schon seit jungen Jahren. Damals wurde Spritzen beim Bienenflug mit Ausnahmen verboten.
Ich war in der Lichtenburg und sah und roch, wie trotz Vollblüte Spritzwagen durch die Apfelreihen fuhren. Ich wunderte mich. Doch ein anderer Kursteilnehmer klärte mich auf: nicht-bienen-gefährdende Mittel sind erlaubt.
Ich schrieb einen Leserbrief mit der ironischen Frage: Ja wird da dann Kamillentee gespritzt?