“Adesso basta: devono decidere”
A Bolzano lo stallo politico è un denominatore comune ormai da tempo e anche il consiglio provinciale ne risente. Un’ulteriore dimostrazione è giunta nelle ultime ore dall’ultimo incontro infruttuoso dei consiglieri di madrelingua italiana da tempo alle prese con un eterno gioco di posizione per la nomina politica di un giudice mancante al Tar. La salomonica decisione assunta ieri con il beneplacito del vicepresidente del consiglio Roberto Bizzo è stata quella di promuovere una commissione che scremi i migliori candidati dal folto numero di 30 che hanno manifestato interesse per l’incarico. Ma intanto da mesi i 5 moschettieri italiani del consiglio provinciale si ostinano a tirare per la giacchetta la Commissione dei Sei della quale anche Bizzo fa parte e che potrebbe a loro avviso intervenire con una norma di attuazione per promuovere lo sblocco della situazione, depotenziando l’aspetto sostanzialmente politico delle nomine dei giudici del Tar.
Per chiarirci le idee abbiamo dunque pensato di rivolgerci al presidente della Commissione dei Sei nonché giurista e parlamentare Francesco Palermo.
Francesco Palermo, qual è il Suo giudizio in merito ai tempi eterni per la nomina politica dei giudice ‘italiano’ mancante al Tar altoatesino?
Francesco Palermo: Va detto che in questa fare sono sul piatto due questioni parallele che proprio per questo non si possono incrociare. Una cosa è il problema politico tra i consiglieri di madrelingua italiana in consiglio provinciale, che hanno provato di introdurre in extremis una sorta di commissione di analisi vaga quanto quella introdotta analogamente dal governo a Roma. Altra questione è invece quella dell’introduzione di una nuova e più funzionale disciplina normativa su materia che finora era stata lasciata alla discrezionalità politica.
Per quale motivo anche a Bolzano varano ora una commissione?
La commissione farà delle valutazioni, darà un po’ di legittimità in più al processo, ma senz’altro non potrà risolvere il loro problema. Può dare un contributo sfoltendo il numero di candidato, ma il problema di fondo rimane perché in consiglio provinciale ne andrà scelto solo uno. E sarà per forza una scelta politica. L’impostazione dello Statuto di autonomia è questa, non se ne esce.
Quali i motivi dell’impasse tra i consiglieri provinciali italiani?
Fino a ieri ha funzionato una convenzione non scritta in merito ad un nome più o meno concordato. Era una cosa un po’ democristiana che funzionava con regole democristiane.
Il nodo è uno scontro interno al PD tra Tommasini e Bizzo?
A dire il vero non lo so, ma quello c’è sicuramente. Poi c’è Artioli che ha sicuramente da guadagnarci se diventa ago della bilancia. E al quadro si aggiungono due di opposizione (Dello Sbarba e Urzì) che più diversi non potrebbero essere. In questo momento nessuno li può aiutare. E io non riesco a capirli. Ma la situazione di stallo che si è creata rischia di provocare grandi difficoltà alla persona che alla fine verrà scelta.
Questo è il giudizio politico di Francesco Palermo presidente della Commissione dei Sei?
In parte sì, dato che com’è noto la Commissione che presiedo si sta occupando di questo tema ma in una prospettiva pro futuro, non certo per il passato e per le procedure in corso.
Quanto sta avvenendo in consiglio provinciale è una ragione in più per accelerare il varo da parte della Commissione dei 6 di una norma di attuazione che cambi il sistema di nomina dei giudici del Tar?
In realtà la nomina politica è regolata dallo Statuto e non da una norma di attuazione. Però la norma d’attuazione del 1984 che regola la materia ha in qualche modo estremizzato il discorso estendendo la nomina politica a tutti e non solo ai 4 giudici nominati dal consiglio provinciale. Questa norma del 1984 ora è veramente arrivato il momento di modificarla. Però il principio di fondo, ripeto, sta nello Statuto. Quindi in Commissione dei Sei il problema lo possiamo solo attenuare ma non risolvere.
Se si volesse superare la nomina politica dei giudici del Tar bisognerebbe dunque intervenire sullo Statuto di Autonomia?
Sì. Si tratta di due piani completamente diversi. Poi va tenuto presente che per diramare una norma di attuazione ci vorrebbe un anno. L’idea è quella di intervenire sui criteri perché oggi la situazione è completamente diversa rispetto al 1984. All’epoca i candidati non si trovavano, oggi sono invece troppi.
Tornando alla nomina del giudice italiano mancante però in consiglio provinciale continuano dire che una norma di attuazione potrebbe risolvere il problema.
È una balla.
Secondo Francesco Palermo quale sarebbe la soluzione ideale, legislativa e politica, per la nomina dei giudici del Tar in Alto Adige?
Nel Tar altoatesino ci sono due competenze che si scontrano, quella politica e quella giurisdizionale attualmente sono tra loro squilibrate. In particolare è molto difficile pensare a come potrebbe essere fatta una norma che tenga comunque conto delle funzioni specifiche che il nostro Tar ha rispetto a quelli di tutta Italia. E cioè quelle che riguardano l’arbitrato tra i gruppi linguistici. Casi di discriminazione per motivi linguistici, non iscrizione a scuola per motivi linguistici, discriminazione linguistica all’interno dei comuni e così via.
Le nomine politiche sono strettamente legate proprio a questo ruolo di arbitrato linguistico?
Si potrebbe anche dire che il Tar non garantisce più questo tipo di servizio. Ma è chiaro che questo va deciso all’interno di una modifica strutturale dello Statuto. Quelle garanzie giuridiche non si possono semplicemente togliere e basta. In un sistema che si basa su delicati equilibri etnici quella funzione di garanzia ci vuole. A meno che non si decida che non ne abbiamo più bisogno.
mi auguro solo che chi deve
mi auguro solo che chi deve nominare il giudice altoatesino, guardi bene il conflitto di interessi, che riguarda alcuni dei candidati, oggi sono in tribunale a rispondere per conto del ruolo che rappresentano e magari domani si trovano a giudicare il loro operato.....