Società | L'intervista

L’intramontabile business del sesso

Pia Covre, ex sex worker e anima del Comitato per i diritti civili delle prostitute, stasera a Bolzano per parlare di prostituzione. “Decriminalizzare prima di tutto”.
two_prostitutes_by_cellar_fcp.jpg
Foto: Facebook

È un mercato vasto quello della prostituzione, un prisma complesso che include situazioni diverse fra loro, costrizione e libero arbitrio, ricchezza e miseria. Motivo per cui l’impianto legislativo italiano non è stato in grado finora di garantire diritti alle prostitute volontarie e al contempo di tutelare a dovere le vittime della tratta. Del “mestiere più antico del mondo” si discuterà stasera (11 novembre), alle ore 18, nella Sala polifunzionale Premstallerhof a Bolzano. Si parte con un’introduzione a cura dell’assessora alle Pari Opportunità Marialaura Lorenzini e del presidente del Centro culturale Salvemini Ardelio Michielli, mentre a moderare l’incontro sarà il direttore del Corriere dell’Alto Adige Enrico Franco.

Ospiti della tavola rotonda Pia Locatelli, deputata e presidente del Comitato permanente sui diritti umani; il sindaco di Bolzano Renzo Caramaschi; Giuseppe Tricarico, vice questore aggiunto della Polizia di Stato; Pia Covre, Comitato dei diritti civili delle prostitute di Pordenone; Martin Lintner, professore ordinario di teologia morale allo Studio Teologico Accademico di Bressanone; Marina Bruccoleri, responsabile dell’area Donna e Pari Opportunità - “La Strada Der Weg”, Davide Monti, operatore di strada del Progetto Alba e Tiziana Franceschi, psicoterapeuta Aied. L’iniziativa nasce dall’urgenza, da parte del Comune, di “avviare un percorso di confronto aperto e obiettivo con le diverse componenti coinvolte in città sul fenomeno, e quindi con la cittadinanza, con gli attori sociali, con i rappresentanti della pubblica sicurezza e con una rappresentanza delle dirette interessate”.

Fra i partecipanti figura la già citata Pia Covre, 68enne ex lavoratrice del sesso e attivista che, nel 1982 insieme a Carla Corso e ad altre colleghe, ha fondato il Comitato per i diritti civili delle prostitute (CDCP), una sorta di sindacato delle lucciole.

 

 

salto.bz: Covre, il lavoro sessuale è da sempre un “combustibile naturale” all’interno del dibattito politico. Oltre alla sfera sessuale, tocca la morale, le strutture sociali, l'autodeterminazione femminile. Qual è la sua opinione in merito?
Pia Covre: Per me il lavoro sessuale è un lavoro a tutti gli effetti. Quando coinvolge persone adulte e pienamente consenzienti deve essere riconosciuto e rispettato come qualsiasi altro lavoro.

Dunque legalizzare e - soprattutto regolarizzare - la prostituzione è l’imperativo?
È necessario innanzitutto decriminalizzare la prostituzione perché attualmente troppe operazioni di polizia, ordinanze dei sindaci, leggi dello Stato che non sono costruite bene, come anche la legge Merlin, non ostacolano di certo il proliferare di un sistema criminale intorno a questo fenomeno. Qualcuno poi, a ragione, obietta che non tutte le prostitute sono libere e autodeterminate, ecco perché c’è bisogno di un sostegno concreto per aiutare a uscire dal giro chi è costretto a praticare questo lavoro. A chi invece si prostituisce per libera scelta vanno riconosciuti i diritti. Non intervenire a livello legislativo significa lasciare queste persone in un ambito di illegalità e quindi, nei casi più gravi, di fatto consentire che vengano sfruttate all’interno delle reti criminali e nei casi meno estremi di diventare oggetto di piccoli ricatti.

Vincere la lotta contro la tratta della prostituzione non è evidentemente impresa facile.
C’è chi pensa che sia sufficiente eliminare la prostituzione per combattere la tratta, ma non è così. Il traffico di esseri umani è un fenomeno molto ampio che coinvolge molte persone di differenti età, sesso, e che praticano diversi lavori e attività. Ci sono ad esempio prostitute straniere che magari da anni si trovano irregolarmente sul territorio italiano, non fanno un lavoro riconosciuto, non hanno un reddito sicuro. È chiaro che in queste condizioni diventano per forza vittime della criminalità. Per loro tutte le porte ufficiali e legali sono chiuse, non ci sono servizi garantiti, non possono per dire prendere in affitto una casa o usare i soldi che casomai dovessero depositare in banca.

"Non si può di punto in bianco gettare al vento la legge Merlin che, malgrado tutto, garantisce una serie di diritti alle persone che fanno questo lavoro."

È altrettanto evidente che attraverso la legalizzazione non si arginerà di colpo il fenomeno della prostituzione.
Infatti. Si tratta di un discorso complesso, la norma va elaborata nel rispetto dei diritti umani e civili, non si può di punto in bianco gettare al vento la legge Merlin che, malgrado tutto, garantisce una serie di diritti alle persone che fanno questo lavoro. Quello che occorre fare è superarla. Il favoreggiamento, il cui reato è previsto dalla legge attuale, isola le persone, e non dà la possibilità di avere accesso ad alcuni servizi basilari. Qualora la prostituzione venisse legittimata allora anche il reddito sarebbe lecito e dimostrabile, mentre oggi chi si mette all’angolo di una strada potrebbe essere accusato di svolgere chissà quali gravi attività illecite.

Ci sono casi in cui molte sex worker scelgono la via del lavoro sessuale volontariamente ma anche come extrema ratio, perché non riescono a tornare nel circuito lavorativo. Tutto ciò fa parte di una responsabilità che la società si rifiuta di assolvere?
Direi che di sì, una mancata responsabilità non solo verso le donne che si trovano a svolgere un lavoro sessuale come ripiego ma anche per quelle che sarebbero qualificate a condurre attività di un certo livello e che invece si trovano ad essere disoccupate. Si tratta naturalmente di un problema generalizzato innescato da un sistema economico in crisi. E c’è un’altra cosa da puntualizzare.

Sì?
Parlo delle donne perché sono le più svantaggiate ma mi riferisco anche a molti maschi che galleggiano nelle stesse precarie condizioni.

"Quello della prostituzione è un settore in cui la discriminazione è forte e impedisce a chi la pratica di avvicinarsi a lavori tradizionali anche se si è qualificati per farlo."

Del fenomeno maschile della prostituzione, in effetti, si parla sempre poco.
Di quello maschile, ma anche dei transgender, ad esempio. Quello della prostituzione è un settore dove la discriminazione è forte e impedisce a chi la pratica di avvicinarsi a lavori tradizionali anche se si è qualificati per farlo, è un sistema che ha molti buchi neri. Sono tanti i motivi per cui il lavoro sessuale diventa una possibilità da prendere in considerazione anche da parte di chi, in altre circostanze, non lo sceglierebbe come alternativa.

Spesso sono i quartieri stessi che premono perché le amministrazioni locali trovino una soluzione a quello che definiscono “degrado”. In alcuni comuni si sono adottate delle “zone rosse” dove relegare le lavoratrici sessuali. E così la palla passa da un quartiere all'altro. In questo quadro cosa, secondo lei, è definibile come “degrado”?
Il fatto che le lavoratrici del sesso "occupino" una strada non costituisce necessariamente degrado. Certamente a qualcuno può dar fastidio vedere una donna che aspetta dei clienti, ma io ho lavorato per anni per strada e non c’erano intorno al mio posto di lavoro, immondizia o sporcizia, ubriachi o vagabondi. Molti anni fa quando le città e il tessuto sociale erano diversi mi ricordo che nella bellissima via Larga a Milano, accanto al Duomo, lavoravano delle prostitute e non c’era, in questo, alcun aspetto degradate. Se pensiamo di confinare le persone in zone periferiche, magari vicino alle discariche, è evidente che si crea un degrado, oltre al fatto che il luogo stesso diventa pericoloso per le ragazze che lo vivono. Sarebbe piuttosto opportuno rendere certe aree della città meno isolate e abbandonate, con una maggiore sorveglianza da parte delle forze dell’ordine, più illuminazione, panchine, cassonetti dei rifiuti, ma anche telecamere che scoraggino atti di aggressione.

Purché si usino esclusivamente a questo scopo, intende?
Precisamente. Se un sindaco vuole installare telecamere per poi prendere la targa dei clienti allora diventa tutto inutile. Personalmente avrei fiducia nell’utilizzo della videosorveglianza se usata appunto in modo appropriato e cioè come deterrente contro i delinquenti, per aiutare i cittadini a non subire aggressioni, non per andare contro di loro.

Parlando di diritti delle sex workers, prima avevamo le case chiuse, oggi c’è la strada. Una struttura chiusa aiuta la donna a sentirsi protetta, a non subire violenza, le consente di vivere e lavorare in un ambiente più sicuro. Non è stato fatto un passo indietro in questo senso?
Il  modello di casa chiusa che esisteva una volta non è più immaginabile però è vero, può essere senz’altro un ambiente più sicuro, ma ciò dipende sempre dal contesto cittadino in cui sorge, cosa che vale anche per il lavoro in strada. Lavorare al chiuso non dovrebbe essere proibito, così come accade oggi, inevitabilmente molte delle persone che oggi invitano a casa i clienti lo fanno perlopiù illegalmente. Se pensiamo di permettere alle prostitute di insediarsi in queste case solo in luoghi isolati non risolviamo nulla.

C’è anche da dire che la casa, al contempo, può diventare un alibi per la società che decide così di ignorare il fenomeno.
È sempre un brutto segnale quando la società non vuole aprire gli occhi, o tende a nascondere e a dimenticare. Non si può pensare di cancellare con un colpo di spugna le lavoratrici del sesso perché considerate le ultime nella scala sociale oppure pensare di multare i clienti con la speranza che si esaurisca anche la domanda del sesso.

"Vanno combattuti i criminali che lucrano sul traffico di esseri umani, e i criminali non sono i clienti".

Quindi sanzionare il cliente per voler ridurre il fenomeno della prostituzione, così come pensato anche dal sindaco Caramaschi a Bolzano, non è una soluzione efficace?
È ridicolo. Si possono e devono infliggere sanzioni al cliente della minorenne visto che non si possono acquistare o fornire servizi a chi non ha ancora raggiunto la maggiore età, ed esistono già delle leggi al riguardo. Il fatto è che chi vuole multare oggi la clientela lo fa perché in questo modo pensa di poter ridurre il fenomeno della tratta, ma vanno combattuti i criminali che lucrano sul traffico di esseri umani, e i criminali non sono i clienti.