La via altoatesina tra elogi e critiche
E’ giusto dare a tutti la possibilità di lavorare, a condizione che vengano rispettate le regole sanitarie. Ma siamo anche convinti che le sorti della nostra economia non siano poi legate all’anticipo di qualche giorno dell’apertura dei negozi e dei servizi.
Ora dobbiamo tutti lavorare per evitare una seconda ondata di infezioni, perché incrociare le dita e sperare nella buona sorte non è la scelta ottimale. La fiducia nei cittadini e nelle imprese è un approccio ovvio. Non viviamo in una dittatura e nessuno vuole uno stato di polizia e forme di repressione poco democratiche.
Chiudere a lungo le persone in casa da noi è improponibile. Purtroppo già in questi primi giorni molti cittadini hanno sfruttato questa fiducia attuando comportamenti rischiosi ben sapendo che il virus non è sconfitto. Da qui nascono i dubbi sulla capacità di far rispettare le regole in molte attività. Oltre alla complessità delle stesse si affida agli esercenti una grande responsabilità oggettivamente difficile da gestire.
E le sole forze dell’ordine non saranno in grado di assolvere da soli questo compito. Il sindacato che mette in guardia o denuncia abusi passa invece spesso per nemico di questa terra. Ma chiedere di operare con cautela e molta attenzione non c’entra nulla con l’autonomia! Forse aiuta concretamente questa terra chi esprime onestamente tutti i pro e contra di certe scelte.
La politica stessa si rende conto di certi rischi. Da una parte si sprigiona fiducia nei cittadini e dall’altra si minacciano chiusure nel caso in cui i cittadini si dimostrino irresponsabili. Così nel caso andasse male i colpevoli sono subito individuati, i cittadini irresponsabili! Ma spetta alla politica fare le scelte, richiamare all’ordine e reprime in caso di necessità senza guardare alle prossime elezioni. Poi lavoreremo comunque perché tutto vada bene. Una seconda ondata di infezioni avrebbe effetti devastanti per l’immagine di questa terra.
Ma vanno previste strategie in caso di nuovi focolai. In questo contesto va valutato se nel contrasto al virus siamo stati efficaci. I numeri dei morti lasciano qualche perplessità. Il personale sanitario invece denuncia problemi nel reperire mezzi di protezione.
Noi non vogliamo processi sommari, anche perché siamo rispettosi e grati dei sacrifici fatti dal personale, ma speriamo che si faccia tesoro di questa esperienza per affrontare future epidemie. Va anche detto subito che non esiste una strategia certa contro le pandemie se non l’isolamento per evitare il contagio e che gli effetti sulla società di cui l’economia è una parte importante sono sempre pesanti, anche pensando all’immunità di gregge.
La necessità di chiudere molte attività ha prodotto certamente guasti profondi all’economia mondiale, che si trova di fronte ad una recessione senza precedenti. Forse sbagliamo noi, ma anticipare di qualche giorno l’apertura di servizi e negozi può forse convincere le persone che le cose stanno per cambiare, ma difficilmente avrà un impatto dirompente sulla nostra economia.
La verità è che la politica non ha retto alle lobby locali. Siamo consapevoli che, con una forte pressione e un’opposizione politica ormai agguerrita, il presidente Arno Kompatscher doveva fare una fuga in avanti. Lascia però l’amaro in bocca il fatto che una discussione economica si sia poi spostata sul mancato rispetto dell’autonomia e sulla fiducia al Governo, tra l’altro negata a suo tempo dalla Svp.
Per parecchi rappresentava invece un’occasione ghiotta per riportare sul tavolo il tema della secessione e per altri ancora la possibilità di schierarsi contro il Governo in linea con il centrodestra italiano. La larghissima maggioranza in Consiglio sfrutta questa possibilità politica per portare, in base a motivi molto diversi, acqua al proprio mulino. In tutto questo non è stato preso in considerazione il mondo del lavoro.
Eppure anche noi facciamo parte del sistema economico. Ma a noi interessa soltanto la ricostruzione di un’economia sana e solida e la salute dei dipendenti e cittadini. Nella discussione non c’era spazio per chi stava fuori dall’agone politico e probabilmente era considerato d’intralcio.
Quello che emerge chiaramente è una politica governata dagli interessi di alcune categorie economiche. Poi la democrazia è anche questa. Chi ha i voti governa e questo va accettato. Ma il sindacato confederale farebbe bene a riflettere sulla “Sozialpartnerschaft” che nelle occasioni che contano diventa uno slogan privo di contenuti.
Ci sembra che molti non vogliano capire che questa crisi rappresenta una rottura forte con il passato e che tornare indietro sarà impossibile. Essa porterà a sconvolgimenti dal punto di vista sociale ed economico e farà da detonatore per cambiamenti radicali nel mondo economico.
Si modificherà il modo di produrre, la commercializzazione dei prodotti, il mondo del lavoro, i servizi e il trasporto. Sarà difficile tornare alla società usa e getta e del divertimento. La recessione stessa impedirà questo processo.
La digitalizzazione che è entrata con forza nella nostra vita provocherà cambiamenti profondi. Le infrastrutture vanno ripensate e adeguate alle nuove esigenze. Il potenziamento della rete per esempio sarà fondamentale. La stessa crisi della globalizzazione e la necessità o voglia di riportare alcune produzioni dalle nostre parti non significa il ritorno al passato, ma innovazione, ricerca e ingenti investimenti. Cosà c’entrano queste cose con la nostra terra?
Qui mi collego a Stefan Pan che in un’intervista recente afferma che i piccoli circuiti economici sono troppo stretti. Serve una visione europea per rialzarsi. Da questo punto di vista economico le pressioni di Assoimprenditori erano giustificate. Le aziende che esportano, se non forniscono il prodotto, vanno fuori mercato. Il cliente insoddisfatto cerca alternative.
Le aperture anticipate sono ben poca cosa rispetto ai problemi che abbiamo di fronte. La nostra struttura economica va ovviamente salvaguardata, ma se i tanti soldi saranno erogati a pioggia senza alcuna scelta strategica rivolta al futuro faremo ben poca strada.
Va bene il chilometro zero e la salvaguardia del tessuto economico esistente soprattutto in periferia, ma una via altoatesina autonoma ha bisogno anche di scelte coraggiose su quanto e su come investire i soldi messi a disposizione per uscire vincenti dalla crisi. Servono scelte lungimiranti e non una visione di corto respiro.
Questa pandemia finirà come sono finite le altre, ma se puntiamo solo alla ricerca del consenso politico recuperando soprattutto i modelli del passato, che sicuramente hanno portato benessere, finiremo chiusi su noi stessi, mentre attorno a noi il mondo cambierà velocemente.
Alfred Ebner