Italianizzare il Sudtirolo? Un’impresa impossibile
Il libro “Mussolini e l’Alto Adige”, scritto dal giornalista ed ex caporedattore della sede Rai di Bolzano Maurizio Ferrandi, ripercorre la lunga storia del rapporto tra il duce e l’Alto Adige, una terra che svolse un ruolo chiave nell’ascesa del fascismo e nella gestione dei difficili rapporti che il capo del fascismo intreccio con Adolf Hitler.
La narrazione di Ferrandi prende il via con la lunga visita compiuta da Mussolini nel 1909 a Trento, per entrare in contatto con i socialisti e gli irredentisti dell’allora provincia meridionale del Impero Austroungarico. Transitando attraverso il dramma delle opzioni che nel racconto di Ferrandi si arricchisce di aspetti inediti e di retroscena, il libro si conclude con la morte tragica di Mussolini a Dongo, che interrompe un viaggio disperato che avrebbe dovuto avere come meta Merano.
Il libro è pubblicato per Curcu & Genovese Editore.
Maurizio Ferrandi, dal suo libro apprendiamo che Mussolini conosceva il tedesco. Anzi, che le conversazioni con Hitler si svolsero proprio nella lingua di Goethe. Non si tratta di un brutto colpo per i nostalgici superstiti della destra italiana che da sempre si battono contro l’obbligo del bilinguismo?
Mussolini conosceva certamente il tedesco, lo leggeva e lo capiva abbastanza bene. Non tanto, forse, da poter affrontare senza interprete una delle torrenziali allocuzioni del suo alleato Adolf Hitler. Erano gli stessi gerarchi fascisti, all'epoca, ad insinuare che il Duce, pur di non ammettere le sue difficoltà linguistiche, si lasciasse sfuggire qualche importante passaggio, durante i colloqui col Fuhrer.
La prima sezione del libro è dedicata al periodo trascorso dal giovane Mussolini in Trentino, con trasferte in Alto Adige. Quale fu l’impressione che il giovane socialista ebbe nell’incontrare la provincia tirolese dell’impero austroungarico alle soglie del suo dissolvimento?
Mussolini studia attentamente, durante i nove mesi del soggiorno trentino, la questione nazionale al confine settentrionale dell'Italia. Analizza lo scontro tra i movimenti pangermanisti tedeschi e quelli irredentisti italiani e ne fa oggetto di un saggio, scritto e pubblicato un paio d'anni dopo, che, secondo il suo biografo principale Renzo De Felice è la cosa migliore da lui scritta. Una cosa è certa: Mussolini aveva una conoscenza approfondita, precisa e meditata della questione e la utilizzerà quando dovrà governare la questione altoatesina.
Quale fu la qualità dei rapporti che Mussolini intrattenne con compagni socialisti, irredentisti e, dulcis in fundo, con Tolomei?L'irruenza rivoluzionaria e l'estremismo di Mussolini sono come un sasso gettato nelle acque tranquille della politica trentina di inizio secolo. L'uomo si fa apprezzare dai compagni socialisti e da Cesare Battisti in particolare per il suo impegno e per la sua irruenza, ma suscita anche diffidenze e una qualche ostilità. È significativo che preferisca affidare la correzione delle bozze del suo saggio ad un nazionalista sfegatato come Ettore Tolomei, piuttosto che al "compagno" Battisti.
Nel libro si descrive la spedizione squadrista del 1921 a Bolzano come una prova generale della marcia su Roma. Perché?
Nel settembre del 1922 Mussolini ha bisogno di testare la possibile resistenza di quel che resta dello Stato liberale nei confronti del fascismo. Sceglie le piazze di Bolzano e Trento perché qui un lungo lavoro di preparazione ha creato i presupposti per il colpo di mano. I fascisti arrivano e, senza che le forze dell'ordine all'esercito si oppongano, occupano scuole depongono il sindaco di Bolzano, vanno a Trento e cacciano letteralmente dal suo ufficio il commissario civile Luigi Credaro. È la dimostrazione, per Mussolini, che la strada è aperta verso la conquista del potere.
Nel 1935 Mussolini trascorse un’intera settimana in provincia di Bolzano. Quanto è concretamente trapelato dalle cronache dell’epoca, fortemente condizionate dalla propaganda?
In un regime autoritario, nel quale il mito del capo era uno dei fattori chiave nella costruzione del consenso delle masse, ogni spostamento di Mussolini diventava una sorta di rappresentazione gestita, dal punto di vista della propaganda, sin nei minimi particolari. Nulla era lasciato al caso e quindi le cronache scritte e filmate di quei giorni sono il prodotto di una strategia che non lascia spazio a nessuna forma di racconto realistico. Non sapremo veramente mai come quegli avvenimenti fossero veramente sentiti dalla popolazione di queste terre.
Mussolini in un primo momento aveva pensato all’Alto Adige come sede per il suo stato fantoccio dopo l’8 settembre 1943. E ancora pensava a Merano come destinazione della fuga negli ultimi giorni. Per lui, in definiva, cos’ha rappresentato l’Alto Adige? Che opinione aveva della popolazione di lingua tedesca della provincia di Bolzano?
Per Mussolini, liberato dai tedeschi dopo l'8 settembre 1943, l'apprendere che Hitler aveva di fatto staccato dall'Italia e posto sotto il proprio controllo diretto tutto il Trentino Alto Adige con la provincia di Belluno e tutto il litorale Adriatico, vale a dire assai più di quello che l'Italia aveva conquistato con la vittoria nella prima guerra mondiale, fu un colpo terribile. Cercò inutilmente di evitare questa amputazione, ma non ci fu nulla da fare. Sulla popolazione sudtirolese, proprio grazie alle analisi compiute ancora all'inizio secolo, non si fece mai troppe illusioni. Sapeva che l'italianizzazione delle persone sarebbe stata difficile se non impossibile. Si sarebbe accontentato di italianizzare la provincia, allontanando gli elementi più turbolenti e facendo affluire grandi masse di italiani.
Quali gli aspetti ancora interessanti da scandagliare nella ricerca storica sul rapporto tra Mussolini e l’Alto Adige? La storiografia di lingua tedesca, ad esempio, ha ancora strada da compiere in questo senso e quali vantaggi potrebbe trarne?
L'Alto Adige è una delle terre d'Europa che in meno di tutte ha fatto i conti con il proprio passato. Con la giustificazione della battaglia etnica tutti e due i gruppi hanno evitato accuratamente di tirar fuori dagli armadi i numerosi scheletri che ancora vi sono conservati. Ci si è concentrati, anche negli ultimi tempi, sulla generica condanna al fascismo e al nazismo, evitando di chiamare in causa i due opposti nazionalismi che nel Tirolo storico si combattono da oltre un secolo e mezzo e le cui radici culturali sono ben presenti e operanti apertamente anche nella nostra realtà odierna.
Maurizio Ferrandi
"morte tragica di Mussolini";
"morte tragica di Mussolini"; naja: ich würde Hitlers und Stalins Tod ebensowenig als tragisch beschreiben. Mussolini wurde von Partisonen erschossen, Hitler wählte den Freitod und Stalin starb an einem Schlaganfall. Was am Tode von Diktatoren tragisch sein soll, kann ich nicht nachvollziehen. Ob es "besser" gewesen wäre, wenn alle von einem Menschenrechts-Gericht zum Tode verurteilt worden wären?
Ich finde ja dass der Titel
Ich finde ja dass der Titel dem im Text besprochenen nicht gerecht wird
"Sulla popolazione sudtirolese, proprio grazie alle analisi compiute ancora all'inizio secolo, non si fece mai troppe illusioni.
Sapeva che l'italianizzazione delle persone sarebbe stata difficile se non impossibile. Si sarebbe accontentato di italianizzare la provincia, allontanando gli elementi più turbolenti e facendo affluire grandi masse di italiani."
Frankly, da braucht man keine grosse "analisi" und Vor-Ort-Studie, da will man uns mal wieder den grossen Strategen Mussolini unterjubeln?
Die Analogie heute währ:
Ich reise jetzt nach Innsbruck und beobachte messerscharf dass die Innsbrucker keine Italiener werden wollen.
Na ja, und dann wenn ich Nordtirol besetze, schick ich alles Sizilianer dorthin. Auch so ein geniale Strategenmove, des irgendwie-immer-noch verehrten Dudsche.
Molto fumo, poco arrosto.