Compañero Hofer
Giornate indimenticabili, sicuramente, quelle di quel settembre 1960, al Palazzo di vetro, sede delle Nazioni Unite a New York. Gli occhi della folla, di obiettivi di fotocamere e cineprese erano puntati su un barbuto personaggio, in divisa militare, che non si separava mai dalla sua pistola, venuto da un'isola caraibica per parlare davanti al mondo della guerriglia con la quale, solo pochi mesi prima, aveva conquistato il potere. Fidel Castro si presentava al mondo con un discorso torrenziale di oltre quattro ore davanti all'Assemblea Generale dell'Onu.
L'impatto mediatico della sua presenza finì per relegare un po' in secondo piano un'altra vicenda che andava dipanandosi, in quegli stessi giorni, in quello stesso luogo. Dopo qualche esitazione l'Austria aveva deciso, qualche mese prima, di portare davanti all'ONU la questione altoatesina e di denunciare, davanti al maggior consesso politico internazionale, l'Italia come totalmente inadempiente agli impegni assunti nel 1946 con l'Accordo di Parigi per la tutela della minoranza sudtirolese.
Le cose non andavano per niente bene, in quel primo scorcio degli anni 60, a Bolzano. La Südtiroler Volkspartei aveva gettato decisamente alle ortiche la prima autonomia regionale e chiedeva con forza la concessione di uno statuto speciale alla sola provincia di Bolzano. Era una richiesta che, per il momento, Roma non pareva intenzionata a prendere nemmeno in considerazione. Tutti i tentativi di avviare un dialogo italo-austriaco, sia sul piano strettamente diplomatico che su quello più genericamente politico, parevano falliti, mentre sullo sfondo iniziavano a muoversi i gruppi più estremisti decisi a conquistare per i sudtirolesi il diritto all'autodeterminazione anche utilizzando, se necessario, il potere persuasivo del tritolo.
In questo plumbeo clima il Ministro degli Esteri austriaco Bruno Kreisky, intravvide la possibilità di dare al problema altoatesino uno "status" internazionale simile a quello concesso ad altre zone calde d'Europa e del mondo. In Italia gli alfieri del nazionalismo nostalgico volevano che il Governo si rifiutasse di salire a New York sul banco degli imputati per una questione che reputavano di mera rilevanza interna. Prevalse il buon senso di chi ritieneva pericoloso negare all'Onu una competenza, per poi trovarsi in difficoltà qualora, come più che probabile, la richiesta austriaca fosse stata accettata.
Fidel Castro e i suoi "barbudos" al centro della scena, dunque, e i sudtirolesi con le loro istanze di autodeterminazione confinati in secondo piano. Due capitoli distinti, almeno apparentemente, ma la storia è fatta anche di intrecci e di coincidenze curiose e particolari.
C'è una fotografia, scattata in quel periodo, che acquista un suo significato proprio in relazione alla questione dell'Alto Adige all'Onu. Ritrae Fidel Castro durante il suo viaggio a New York, attorniato da altri miliziani come lui in divisa. In mezzo a loro una figura solo apparentemente incongrua. Non indossa la divisa, non porta in testa il chepì d'ordinanza, non ha soprattutto il mento ornato da quella barba che i "guerrilleros" avevano giurato, secondo la leggenda, di non tagliarsi sino a quando non avessero conquistato la vittoria. Quel distinto signore è un professore universitario in materie letterarie, Emanuel Bisbe, da sempre vicino al movimento rivoluzionario cubano e che, dopo la presa del potere, nel 1959, viene inviato da Castro a New York come ambasciatore permanente alle Nazioni Unite. In virtù di questo incarico, poco più di un mese più tardi, venerdì 21 ottobre 1960, nell'ambito della Commissione davanti alla quale si svolge il dibattito sul problema altoatesino, tocca a lui prendere la parola e illustrare la posizione di Cuba rivoluzionaria sulle istanze di libertà e indipendenza dei sudtirolesi. I numerosi resoconti storici e giornalistici sul dibattito riguardante la questione altoatesina all'Onu riferiscono ovviamente l'uno dall'altro nella valutazione degli avvenimenti di quei giorni. Italiani e austriaci in particolare tendono a tirar l'acqua al proprio mulino, ma su una cosa tutti sono abbastanza concordi. Quello del delegato cubano è, tra tutti, il discorso che forse concorda più degli altri con la causa dei sudtirolesi e che suona come musica alle orecchie della piccola pattuglia che ha affrontato la lunga trasferta da Bolzano a New York. Qualche nota stonata in effetti c'è, quando Bisbe liquida come "corrotto e feudale" il vecchio impero di Francesco Giuseppe, ma poi il rivoluzionario cubano si riscatta appoggiando in pieno la richiesta austriaca di andare ben oltre i limiti della prima autonomia regionale. L'apoteosi finale avviene con la frase secondo cui il popolo sudtirolese ha saputo resistere alla tirannia di Napoleone, Hitler e Mussolini e quindi riuscirà ad uscire vincente anche da questa prova.
Il riferimento, sia pure indiretto, ai fasti dell'epopea rivoltosa di Andreas Hofer è come la ciliegina sulla torta. Un parallelo, barbe a parte, quello tra l'oste sanfedista della Passiria e qualche eroe della rivoluzione cubana come Ernesto Che Guevara che potrebbe apparire a prima vista incongruo. In realtà, se si vedono le cose calate nello spirito dei tempi in cui sono avvenute, dalla cima del Berg Isel si può forse intravvedere la sommità della Sierra Madre. Anche se il fenomeno non è stato molto approfondito sul piano storico, è indubbio che sulla grande crisi, nel mondo altoatesino, tra gli anni 50 e 60, esercitano la loro suggestione in maniera diretta tutte le guerre di liberazione che, in condizione diversa, si svolgono in quegli anni in molti paesi del terzo mondo e dall'America Latina. E poi non va dimenticato che, quando l'Austria di Bruno Kreisky decide di portare le istanze sudtirolesi davanti all'Onu non è certo dalle grandi potenze o dagli stati europei o dal blocco comunista che spera di ottenere appoggio. I possibili alleati sono proprio gli Stati di formazione più recente, che hanno appena conquistato l'indipendenza attraverso processi più o meno tumultuosi di liberazione. Cuba, all'epoca non ancora del tutto consegnata all'alleanza con l'URSS, è uno di questi ed è forse, tra tutti, quello che meglio sa accogliere l'invito.
Se ne ricorderanno con gratitudine il sudtirolesi molti anni dopo, quando la Provincia sceglierà anche Cuba tra le località dove avviare dei progetti di sostegno sociale. Quanto alle barbe di Andreas Hofer e Che Guevara, il "blasfemo" accostamento è stato riproposto di recente in una mostra a Merano. E nessuno si è scandalizzato troppo.