Inflazione: la tassa occulta
E forse questo non fa neppure emergere la dimensione vera del disagio sociale esistente, non solo di tipo economico, ma anche psicologico. Ai due anni di Covid19 si è purtroppo aggiunta una guerra nel cortile di casa, con immagini raccapriccianti, che i media e i social ci sbattono continuamente in faccia. Sono avvenimenti finora sconosciuti alla nostra generazione, che si collocano in un contesto socio-economico e militare ben diverso dal passato.
Abbiamo alle spalle anni di benessere crescente e che ora sentiamo minacciato. E’ la prima volto che una potenza nucleare attacca il suo vicino europeo, che ha a sua volta centrali nucleari sul territorio. Si tratta inoltre di nazioni importanti per la produzione di energia, di grano, di mais e di olio di semi di cui abbiamo tutt’ora un forte bisogno.
Ma a prescindere da questa guerra disastrosa, con la ripresa dell’economia nel 2021 l’inflazione era già in forte aumento. La massa di denaro in circolazione, la voglia di consumo e di investimenti dopo due anni di sacrifici, la difficoltà dell’industria di ritornare ai vecchi ritmi dopo la forte frenata alla produzione, la carenza di materie prime e le difficoltà logistiche avevano già infiammato la dinamica dei prezzi.
La Bce, convinta di essere di fronte a una spinta temporanea al rialzo destinata a esaurirsi in tempi brevi, ha deciso finora di non intervenire alzando i tassi d’interesse per evitare un rallentamento della ripresa economica e di evitare grossi problemi alle finanze pubbliche per il debito pubblico esploso in questi mesi di pandemia.
Soprattutto i costi dell’energia hanno incrementato la dinamica dei prezzi. La guerra scoppiata in un momento già difficile per l’economia, ha ovviamente aggravato la situazione. Le incertezze sulle forniture delle energie fossili, - in primo luogo del gas -, dai Paesi in conflitto hanno poi aumentato le preoccupazioni. Come sempre in questi momenti assistiamo, inoltre, a fenomeni di accaparramento di determinati prodotti provenienti dalla Russia o dall’Ucraina. E le persone pur di trovarli non guardano ai costi, spingendo così i prezzi ancora più in alto.
Chi ci guadagna oggi sono le multinazionali impegnate nei settori energetici e i debitori pubblici e privati. In questo contesto risparmiare diventa invece un affare in forte perdita. Questo vale ovviamente fino a quando la Bce tiene bloccati gli interessi. Con il prevedibile adeguamento di salari e stipendi all’inflazione aumenterà inoltre la base imponibile e di concerto anche l’imposta pagata.
Con l’aumento dei prezzi aumenta pure il gettito dell’Iva. L’inflazione è perciò sotto vari aspetti una tassa occulta. Per questo lo Stato deve intervenire per evitare possibili tensioni sociali riutilizzando queste entrate supplementari a favore delle famiglie disagiate riducendo le aliquote su determinati prodotti essenziali o prevedere prestazioni sociali.
Ma l’inflazione incide anche in maniera diseguale sul tenore di vita. Chi arrivava a malapena alla fine del mese, sarà costretto a risparmiare sui beni primari come l’alimentazione, la casa, le bollette e così via. Di conseguenza si abbasserà sensibilmente il tenore di vita di parecchie persone, mentre i redditi più alti hanno ancora margini per evitare tutto ciò.
Sono problemi che chiamano in causa il sindacato. Esso deve svolgere un ruolo fondamentale in questa delicata fase. La ricerca della pace rimane ovviamente la questione centrale. E qui per una forza sociale diventa difficile dare risposte, se non per sensibilizzare le coscienze. Ma la pace è la condizione sine qua non per superare questo delicato momento perché la durata della guerra e delle sanzioni alla Russia producono già i loro effetti sulla politica e sull’economia internazionale e incideranno sempre di più con il perdurare del conflitto.
Ma oltre a ciò, non si risolverà comunque presto la mancanza di materie prime e di semilavorati. Poi ci sono questioni apparentemente secondarie, ma che creano ulteriori problemi. La politica sanitaria cinese rigida contro il Covid aggrava per esempio la situazione logistica internazionale per la chiusura di alcuni porti importanti come quello di Shanghai, dove un numero imprecisato di container è fermo. Ancora più preoccupanti sono gli effetti sulla produzione agricola in Ucraina con il rischio di aumentare la fame nel mondo.
In questo contesto complicato abbiamo il compito di tutelare il potere d’acquisto dei lavoratori e dei pensionati. Per questo dobbiamo rinnovare i contratti collettivi nazionali di lavoro fermi da tempo, cambiando il meccanismo oggi applicato, basato sull’Ipca (Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato per i Paesi dell’Unione Europea) depurato dal costo dell’energia importata. E’ più che ovvio che vada superato nella situazione attuale, dove l’energia fa da detonatore per l’inflazione.
Non possiamo neppure accettare blocchi più o meno evidenti dei salari. Ma non dobbiamo scordarci neppure dei pensionati, che vedono sfumare il valore delle loro pensioni. Nel contempo va salvaguardata e rilanciata la produttività del nostro sistema economico per evitare il meccanismo deleterio della rincorsa tra prezzi e salari ben nota ai più anziani.
Purtroppo permanendo questa situazione di incertezza non si può, infatti, neppure escludere una stagflazione cioè una stagnazione economica e un’inflazione alta. Una recessione e un’inflazione alta contemporaneamente sono un mix difficile da gestire e da superare senza peggiorare le condizioni di vita di tante famiglie.
Va anche detto che l’inflazione oggi purtroppo non è ancora una priorità per tante persone. Prevalgono ancora le altre preoccupazioni come la guerra e la pandemia. Chi oggi ha meno di 35 anni non conosce tra l’altro neppure gli effetti veri nel medio periodo della svalutazione della moneta. Poi in questo momento colpisce soprattutto le persone che erano già in difficoltà e che non hanno molto peso nella nostra società.
Ma prima o poi sarà anche coinvolto il ceto medio e allora ci si renderà conto dei costi economici e sociali della pandemia e della guerra in atto e su come questi incidano sulla vita quotidiano di molti di noi. A tutto ciò siamo chiamati a dare risposte con una proposta del sindacato da discutere sul tavolo del confronto con il Governo e le controparti. La soluzione non può ovviamente essere quella di scaricare tutti gli oneri sul lavoro dipendente e sulle pensioni, come invece proposto da qualcuno.
Alfred Ebner