Società | Trasparenza

Il diritto di sapere

Dall'ebola alla riforma della sanità altoatesina, senza dimenticare i disservizi nei trasporti. L'informazione deve sempre essere chiara, trasparente e completa.

Primo caso ➔ Il fantasma di Ebola aleggia sull'opinione pubblica europea. Dopo il caso dell'infermiera spagnola contagiata si moltiplicano le accuse di scarsa informazione nei confronti dei responsabili politici e sanità.

Secondo caso ➔ I passeggeri di un treno, fermo da parecchio tempo in aperta campagna, cercano inutilmente un responsabile cui chiedere ragione dell'inesplicabile arresto e qualche informazione su quando potranno ripartire.

Terzo caso ➔  L'assessora alla sanità della provincia di Bolzano Martha Stocker respinge al mittente le richieste di chi vuole prender visione del cosiddetto "Studio Pasdera" sui costi degli ospedali altoatesini. Se venisse reso pubblico, afferma, si scatenerebbe una guerra tra medici. 

Tre situazioni, tre scenari del tutto diversi tra loro per gravità e caratteristiche, ma uniti da un fattore comune: quello in base al quale i comuni cittadini vengono privati del diritto di sapere.

Nel caso di Ebola si ripresenta una situazione che abbiamo vissuto molte volte in passato. Dall'allarme per la SARS, a quello per l'AIDS a quelli meno gravi e localizzati per qualche focolaio di colera o della più innocua salmonellosi. Ad un'opinione pubblica giustamente angosciata si somministrano dapprima delle dichiarazioni generiche da parte dei rappresentanti politici del genere "non c'è alcun pericolo" oppure "La situazione è sotto controllo" che hanno solo il potere di far salire automaticamente il livello di angoscia. Bisognerebbe invece dare un'informazione quanto più dettagliata possibile, ma farla dare da coloro che per competenze e conoscenza possono davvero certificare con la loro storia professionale la verità di ciò che dicono. Chiudere le informazioni in cassaforte nella speranza che questo non alimenti il panico serve ad ottenere esattamente il risultato opposto.

Il caso del treno è ormai un classico, può essere riportato in qualunque situazione riguardante le forme di trasporto collettivo: ferrovia, aeroporti, traghetti. Lo scenario è sempre lo stesso: una folla di persone che, comperando un biglietto, credevano di aver acquistato anche il diritto a essere informati in modo completo e tempestivo di qualunque variazione che modifichi i tempi e modi del loro viaggio ed invece vengono abbandonati a se stessi per ore e ore, senza nessuna informazione. Una situazione giustificabile forse un tempo quando le stesse comunicazioni tra i centri operativi e gli addetti sul campo erano complicate. Oggi, nell'era dei cellulari, non ci sono più giustificazioni. Il capotreno, la hostess al desk di imbarco possono e devono avere come compito fondamentale quello di tenere informati i viaggiatori su quello che sta avvenendo e su quello che presumibilmente avverrà.

Infine, il caso della sanità altoatesina. Quando l'assessora Stocker rifiuta di fornire all'opinione pubblica i dati dello studio Pasdera sui costi della sanità altoatesina commette la bellezza di tre sbagli in un colpo solo.
Primo errore: motivando la sua decisione con il fatto che, se i dati fossero noti, si scatenerebbe una guerra tra reparti ospedalieri l'assessora mostra di avere un'opinione pessima, e probabilmente sbagliata, del personale sanitario altoatesino. È più che probabile invece che medici e infermieri saprebbero valutare con maggior competenza e cognizione di causa l'analisi degli esperti. C'è poi da considerare che, sino ad ora, le polemiche più sguaiate sull'argomento sono state fatte invece dai politici e in particolar modo da quelli dello stesso partito dell'assessora Stocker.
Secondo errore: pur ammettendo che nel rapporto vi siano elementi che possono agitare le acque, il tenerlo segreto, dopo averne peraltro sbandierato pubblicamente alcuni elementi, non può che provocare un danno maggiore, autorizzando sospetti, sortite demagogiche, polemiche basate sull'ignoranza piuttosto che sulla conoscenza.
Terzo errore: non sono più questi i tempi nei quali la politica può esser fatta nel segreto di stanze chiuse. È una pratica che già in passato ha dato pessimi risultati in Alto Adige e che comunque non è più tollerabile, qui come altrove. I cittadini hanno il pieno diritto a conoscere tutti gli elementi in gioco sulla base dei quali poi i politici prenderanno, come è loro diritto-dovere, le proprie decisioni  assumendosene, ovviamente, la responsabilità politica.

È il diritto, ormai imprescindibile, ad un'informazione chiara, trasparente e completa.
È il diritto di sapere.

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Willy Pöder Sab, 10/18/2014 - 05:57

Dice Maurizio Ferrandi: "È diritto imprescindibile ad una informazione chiara, trasparente e completa". Lo dice ai politici responsabili settoriali e a tutti gli altri funzionari di uffici pubblici ed enti parificati. E ha assolutamente ragione.
Quello che non dice Maurizio Ferrandi: È il dovere del giornalista di dare la notizia. Altrettanto importante. Non la fa sempre. Prendiamo per esempio lo scandalo delle pensioni. È risaputo che certi media sapevano delle liquidazioni mastodontiche ancor' prima delle elezioni in ottobre del 2013. Però nessuno ha dato la notizia. Soltanto settimane dopo le elezioni fù accesa la miccia e la bomba è scoppiata. Eppure, esserne stato informato prima delle elezioni, sarebbe stato molto importante per gli aventi diritto al voto.
È giornalismo questo? Ne dubito. Tutto c'iò considerato, i giornali ed i giornalisti non devono affatto lamentarsi della poca fiducia che godono. E colei, una giornalista, che di recente pubblicamente disse la frase: "I giornalisti sono i rappresentanti della verità", probabilmente è ancora ferma al binario tronco. Le auguro che possa partire al più presto - e senza deragliare mai.

Sab, 10/18/2014 - 05:57 Collegamento permanente
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Willy Pöder Sab, 10/18/2014 - 06:07

Dice Maurizio Ferrandi: "È diritto imprescindibile ad una informazione chiara, trasparente e completa". Lo dice ai politici responsabili settoriali e a tutti gli altri funzionari di uffici pubblici ed enti parificati. E ha assolutamente ragione.
Quello che non dice Maurizio Ferrandi: "È il dovere del giornalista di dare la notizia". Principio altrettanto importante. Non lo fa sempre. Prendiamo per esempio lo scandalo delle pensioni. È risaputo che certi media sapevano delle liquidazioni mastodontiche ancor' prima delle elezioni in ottobre del 2013. Però nessuno ha dato la notizia. Soltanto settimane dopo le elezioni fù accesa la miccia e la bomba è scoppiata. Eppure, esserne stato informato prima delle elezioni, sarebbe stato molto importante per gli aventi diritto al voto. Probabilmente avrebbe avuto una notevole influenza sul risultato finale.
È giornalismo questo? Ne dubito. Tutto c'iò considerato, i giornali ed i giornalisti non devono affatto lamentarsi della poca fiducia che godono. E colei, una giornalista, che di recente pubblicamente disse la frase: "I giornalisti sono i rappresentanti della verità", probabilmente è ancora ferma al binario tronco. Le auguro che possa partire al più presto - e senza deragliare mai.

Sab, 10/18/2014 - 06:07 Collegamento permanente