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Cultura | Avvenne domani

Il Regime di marmo

Una mostra dedicata a Hans Piffrader. Perchè è importante vederla e spostarsi con calma tra i diversi piani in cui è articolata-

È aperta sino al 26 ottobre, presso la Galleria Domenicani, nell’omonima piazza di Bolzano, la mostra che l’associazione degli artisti sudtirolesi, il Südtiroler Kunstlerbund, ha voluto dedicare ad un personaggio tra i più significativi, ma anche tra i più controversi della storia culturale di questa nostra terra nel secolo passato: Hans Piffrader.

Proprio lui. Il Piffrader che ha lasciato la firma in margine all’enorme bassorilievo di esaltazione del fascismo perenne e del suo Duce che ancor oggi compare sulla facciata di quella che doveva essere la Casa del Fascio, riadattata nel dopoguerra ad uso degli uffici finanziari dello Stato. Glorificazione tracotante di quella seconda Bolzano voluta da Mussolini, che, proprio al centro del bassorilievo saluta con il braccio alzato la “sua” creatura.

È importante vedere questa mostra e spostarsi con calma tra i diversi piani in cui essa è articolata. Un percorso che illustra innanzitutto le diverse fasi dell’esistenza di un giovane che si accosta, lasciando la natìa Chiusa, al mondo dell’arte con gli studi compiuti ad Innsbruck e Vienna e che si dimostra capace di recepire gli stimoli che gli vengono da ciò che può osservare in un momento particolarmente fecondo per lo sviluppo culturale in quei mondi in quelle terre. Sono gli anni in cui, dopo la drammatica esperienza bellica, Piffrader apre uno studio in via Vintler a Bolzano, dove può dar prova della maturazione complessiva della sua sensibilità artistica.

 Oltre a sculture di vario genere in bronzo e legno - si legge nella scheda di presentazione alla mostra -  la sua opera si dedica con ancor maggiore intensità alla grafica con matita e carboncino (talvolta colorato) e qualche dipinto ad olio su tela. Sia la tematica, sia l’esecuzione formale-stilistica delle sue creazioni di contenuto profano o di carattere religioso sono spesso condizionate dall’orrore per i traumatizzanti eventi bellici da lui vissuti: un`ossessione di surreale espressionismo e apocalittica tragicità pervade con agitata linearità e contrastanti effetti di luci-ombre molte scene di questo travagliato periodo creativo dell`artista (comparabile a tali visioni spettrali di Alfred Kubin). Nel corso degli anni 1930 la sua irruenza tematica e stilistica tende a placarsi e ricomporsi in scene di vita quotidiana e qualche ripresa di amanti o allettanti fanciulle.

Si avvicina però il momento nel quale il lavoro dell’artista sudtirolese prosegue su un altro piano, così come, l’allestimento della mostra stessa. Sono gli anni nei quali il regime fascista vuole consolidare anche sul piano culturale e artistico la sua presenza dominante in Alto Adige. Non sono pochi coloro che raccolgono l’invito, che si concretizza anche, nel 1938, in un’esposizione svoltasi nei locali di una scuola. Piffrader è tra i nomi che in questo matrimonio tra arte e propaganda si segnalano in modo particolare. Gli artisti partecipanti vengono ricevuti dal Duce a Palazzo Venezia e per Piffrader emerge l’occasione di ottenere la commessa per l’opera colossale sul frontale della Casa del Fascio che stava sorgendo sul corso Giulio Cesare. Visitare la mostra consente di entrare nel pieno della fase di creazione artistica del grande bassorilievo, dei motivi che vi affiorano, di quello che l’artista avrebbe voluto realizzare e che gli fu impedito di trasporre sul marmo e di quello che invece poté concepire. C’è lo spazio, nella mostra, anche per seguire gli ultimi anni dell’opera e della vita di Hans Piffrader. Anni nei quali l’artista si ritira in sé stesso. L’unica opera di quel periodo che ci lascia è, significativamente una “pietà”. Muore poco dopo la nomina a presidente di quel Kunstlerbund che oggi lo ricorda nel modo migliore. Raccontando attraverso le sue opere la complessità di un’esistenza che si muove attraverso i drammi e le contraddizioni di un tempo difficile.