Alle radici della violenza razzista

E' risaputo che la razza non esiste e che geneticamente siamo tutti uguali; le mutazioni della pelle e dei lineamenti fisici sono infatti soprattutto frutto di adattamenti ai fattori climatici. Eppure il razzismo è un fenomeno sociale che ha avuto, e continua purtroppo ad avere, un ruolo importante nel determinare le relazioni interpersonali e tra i vari gruppi che compongono la nostra collettività.
Gianluca Gabrielli, uno dei due autori del libro "Il Razzismo", è un insegnante elementare che sta completando il suo dottorato di ricerca a Macerata. Il libro in questione di fatto deriva dalla sua tesi, rielaborata a quattro mani con Alberto Burgio, suo amico e professore universitario a Bologna.
Nella presentazione al Cristallo Gabrielli ha fatto riferimento ad alcune forme di razzismo del passato, che sono entrate a far parte della cultura occidentale. In particolare ha ricordato la discriminazione che subirono gli ebrei nel Rinascimento, quando erano di fatto ghettizzati dalla Chiesa che aveva bisogno di entrate ma preferiva non occuparsi in prima persona di queste cose. Agli ebrei veniva quindi di fatto impedito di fare mestieri alternativi a quelli degli usurai.
Gabrielli poi ha fatto una lunghissima parentesi dedicata al colonialismo italiano, da lui definito padre dell'odierno razzismo. Ha parlato in particolare delle “madame”, le donne di colore che in Eritrea, Somalia e Libia vennero obbligate a diventare serve ed a prostituirsi con i soldati. Ha anche mostrato come la cultura della superiorità della razza bianca venisse promossa fin da piccoli: i balilla venivano opportunamente addestrati a scuola utilizzando metodi più o meno espliciti.
Dopo l'excursus storico il pubblico ha manifestato una grande vivacità toccando temi di strettissima attualità, come la recente decisione in una scuola elementare di lingua tedesca del capoluogo di formare una sezione interamente composta da bambini immigrati. Un altro tema dibattuto è stato quello del razzismo negli stadi, con il caso emblematico di Balotelli, e successivamente la discussione si è spostata sulle forme tradizionali di razzismo dei giorni nostri, come quelle esistenti nei confronti degli zingari.
Particolarmente interessante è stata a questo punto la testimonianza che Gabrielli ha voluto raccontare, attingendo alla sua esperienza di insegnante di scuola elementare.
Di punto in bianco un ragazzino zingaro nella sua seconda elementare ha iniziato a puzzare tantissimo. E' stato così che, cercando di andare a fondo del problema, che Gabrielli ha avuto la possibilità di scoprire, parlando con i genitori, che in famiglia c'era stato di recente un grave lutto e che la temporanea noncuranza nel fisico da parte dei familiari era di fatto un modo tradizionale per esternare il dolore ed incanalare simbolicamente le energie dei parenti verso il defunto.