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"Diario del maestro di Cordes": acquisire consapevolezza per superare i confini

Il nuovo romanzo di Paolo Bill Valente racconta la storia di un maestro italiano che, in pieno fascismo, comincia a respirare 'aria di casa' in un paese dell'Alto Adige.

Con il Diario del maestro di Cordes lo scrittore e giornalista Paolo Bill Valente è tornato ad occuparsi dei temi che gli sono più cari, offrendo ai suoi lettori uno sguardo sui molteplici piani che caratterizzato l'incontro tra le persone. Un incontro mediato e reso in parte faticoso, nella terra altoatesina, da lingue e culture diverse. Ma in definitiva profondamente umano
Il maestro di Cordés, località immaginaria e paradigmatica del Sudtirolo durante il fascismo, fissa nel suo diario la profonda trasformazione che avviene, nel giro di una sola stagione, rispetto alle sue aspettative originarie nella nuova realtà in cui si trova prima catapultato e successivamente coinvolto, in un rapporto che tinge presto di appartenenza, attraverso la nascita di legami profondi
Per comprendere le motivazioni che sono all'origine di questa nuova fatica letteraria, pubblicata dalla casa editrice meranese Alpha Beta, abbiamo pensato di parlarne direttamente con l'autore. 

Il maestro di Cordes non è un personaggio nuovo nella letteratura di Paolo Bill Valente. Qual sono i motivi del suo ritorno?
Il narratore ha vissuto, nel frattempo, anni intensi sul piano umano e su quello professionale. E il nuovo maestro ne porta i segni. È più attento all’essenziale.

• Perchè un 'diario'?
La narrazione si sviluppa lungo i nove mesi di un anno scolastico. A quel tempo, anni Trenta, i maestri erano tenuti a scrivere una cronaca dei principali avvenimenti. Un diario, insomma. Nove mesi di scuola: gli stessi tempi di una gravidanza…

• Nella frase scelta per presentare sinteticamente il libro sono presenti alcuni concetti chiave del percorso personale e letterario/giornalistico dell'autore. 

Il maestro di Cordés documenta, nel suo diario, il percorso di consapevolezza che lo porta a riconoscere gli inganni della propaganda e a cogliere l’anima di una terra, nella quale comincia via via a respirare aria di casa

Cominciamo dal primo concetto: l'importanza della documentazione. E' importante nell'ottica della costruzione di una narrazione all'insegna della 'verità'?
La verità deve esserci nella sostanza. C’è un modo, ad esempio, di raccontare la storia, che mette insieme particolari “veri”, ma non rende giustizia alla verità delle cose. Se un racconto è ambientato nella storia, il rispetto della filologia del contesto (quindi una buona documentazione) è necessario per connotare in modo veritiero il messaggio nel suo complesso. Se c’è superficialità nel trattare la storia, chi ci garantisce la profondità di tutto il resto?

Un secondo tema cruciale sta nella necessità di un 'percorso di consapevolezza' personale'. Qual è lo specifico altoatesino di questo cammino?
Lo specifico, per quanto mi riguarda, è la dimensione del “confine”. So bene che la cosa non riguarda solo l’Alto Adige, ma proprio per questo è interessante. Conoscere, accettare, superare il confine, tutto questo è parte del mio personale percorso di consapevolezza. Lo è anche per Mario, il maestro di Cordés.

• Terzo tema: gli 'inganni della propaganda'. Nel libro si tratta di uella fascista, ma una volta caduto il fascismo in Alto Adige il problema è rimasto, anche se in differenti forme... 
La forma più tipica è quella della “storia addomesticata”, cioè della storia narrata in modo ideologico, per giustificare rivendicazioni e, a volte, prevaricazioni di segno opposto. È il caso dell’uso ideologico del valore-lingua e dell’esaltazione dei cosiddetti “valori etnici”…

• 'Respirare via via aria di aria di casa'. Quale sapore ha l'aria di casa degli altoatesini di madrelingua italiana? Nel cosiddetto disagio quanto c'è di irrazionale e di razionale?
C’è un disagio che è solo mancata accettazione della perdita di privilegi ingiustificati. Poi c’è un disagio che nasce dalla sensazione di non essere pienamente accolti e, in sostanza, di non contare nulla. In questo sono stati fatti passi avanti, ma c’è molta strada da fare. Ogni gruppo dovrebbe imparare a mettersi nei panni dell’altro e portarlo a “respirare via via aria di aria di casa”. È una questione di intelligenza prima ancora che di buon cuore.

• Nelle scelte fatte per tratteggiare i due personaggi principali l'autore si è in qualche modo rifatto a persone concrete da lui incontrate?
In tutti i personaggi c’è qualcosa che ho colto nelle molte persone concrete che ho incontrato. Per quanto riguarda i due maestri e la loro psicologia ho potuto attingere direttamente alla mia storia familiare. Entrambi i miei genitori sono stati maestri nelle scuole di qualche Cordés dell’Alto Adige.