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Il caso del partigiano Pircher

Stasera la presentazione del libro sull'incredibile vicenda della carcerazione del partigiano venostano Hans Pircher. Un estratto dall'introduzione di Romeo e Steurer.
partigiano Pircher
Foto: Alpha Beta

di Carlo Romeo e Leopold Steurer

 

Congedo da Fossano

 

Nel tardo pomeriggio dell’8 agosto 1975 la direzione del carcere di Fossano, in provincia di Cuneo, ricevette il fonogramma del Ministero di Grazia e Giustizia che comunicava la concessione da parte del presidente della Repubblica, Giovanni Leone, del “condono condizionale” al detenuto Giovanni (Johann) Pircher, condannato nel lontano febbraio 1954 dalla Corte di Assise di Appello di Trento per «omicidio volontario, rapina aggravata e violenza privata». Il maresciallo Dino Farci, comandante del carcere – che da mesi, insieme al direttore del penitenziario Luigi Dotto, non aveva fatto mistero, anche sulla stampa, della propria simpatia verso il detenuto e la sua triste storia – lo convocò subito per informarlo. Pircher era così frastornato che, per convincerlo che questa volta era davvero finita, ci vollero anche le “voci delle celle”, quelle dei compagni che di lì a poco lo chiamarono per ascoltare la notizia alla radio e alla televisione. La notte non riuscì a chiudere occhio e tutto il giorno seguente rimase in febbrile attesa. Troppe volte si era illuso. Eppure già tutta la stampa nazionale riportava il comunicato dell’ANSA in cui veniva an-nunciata la grazia al “partigiano Pircher”.1

 

Solo alle otto di sera fu accompagnato all’uscita. Sullo slargo antistante il portone del Santa Caterina lo attendeva un piccolo comitato d’addio. Strinse la mano al maresciallo Farci e al cappellano, don Felice Favole, mentre a nome del PSI di Fossano gli veniva consegnato un mazzo di fiori rossi. Ad aspettarlo c’era l’amico Franz Josef Schwienbacher, che l’avrebbe portato con sé a Torino e gli avrebbe procurato un lavoro presso la sua ditta di restauri edilizi. A quella tarda ora, così inconsueta per una dimissione, erano presenti pochissimi giornalisti. Alle loro domande Pircher rispose con sorrisi tirati e una dichiarazione di poche parole, nel suo duro italiano che i giornalisti si erano abituati ad aggiustare nella forma:

Ringrazio chi si è adoperato per tirarmi fuori di lì, per primo Roberto Miroglio, che ho conosciuto in prigione e che ha studiato a fondo la mia situazione, ha scoperto i madornali errori giudiziari commessi ai miei danni […] poi i giornali di tutta Italia che si sono battuti perché mi fosse resa giustizia, infine l’avvocato Lazagna, che è anche lui lì dentro e su di me ha scritto un libro.2

Si concludeva così la vicenda carceraria di Hans Pircher, dopo nove anni di detenzione. Eppure quella scarcerazione volutamente in sordina, «semiclandestina e ferragostana»,3 non poteva non lasciare un’ombra di amarezza in lui e nelle persone che l’avevano aiutato da vicino.4 La soluzione adottata non era stata una revisione del processo, né una completa riabilitazione e neppure una “grazia” vera e propria, bensì una “sorveglianza speciale” che sarebbe durata cinque anni. Una soluzione che sembrava voler attutire il più possibile il clamore dello “scandalo”, gli aspetti storici, politici e civili di quel “caso del partigiano Pircher” che ormai da mesi stava montando sulle pagine dei giornali, con interventi di politici e intellettuali, comitati, mozioni e petizioni.

 

 

Oltre il caso giudiziario

 

Il libretto qui riedito ebbe un ruolo significativo nella denuncia di questo “caso”. Giambattista Lazagna lo scrisse in forma di memoriale nel giro di nemmeno due mesi (tra il novembre e il dicembre 1974) e nelle condizioni del tutto particolari imposte dalla detenzione, senza poter svolgere direttamente ricerche all’esterno e basandosi esclusivamente sui documenti processuali e sulle informazioni che Hans Pircher gli veniva fornendo nei loro colloqui. A presentargli quell’«ex partigiano tedesco ingiustamente condannato» era stato un altro detenuto di Fossano, Roberto Miroglio, che la stampa chiamava ormai l’“avvocato dei poveri” per le sue straordinarie capacità di studiare i casi giudiziari dei compagni e indicare loro le possibili vie di uscita. Lazagna affiancò la battaglia “tecnica” per la revisione del processo, trasferendo l’intera questione su un piano storico e politico.

A quasi mezzo secolo di distanza, il memoriale di denuncia di Lazagna non rappresenta soltanto un testo militante degli anni settanta. Nonostante la sua brevità, i limiti nella documentazione e nelle linee interpretative allora disponibili, esso offre anche un interessante contributo a livello storiografico. Per la prima volta in forma così decisa, il libro attirò in Italia l’attenzione sulla presenza di un movimento di resistenza antinazista all’interno del gruppo sudtirolese. L’immagine di quest’ultimo presso il pubblico nazionale continuava a essere deformata da semplificazioni e generalizzazioni, al cui superamento non ave - va certo giovato il clima di tensione e di controversia (anche internazionale) degli anni sessanta.

Anche su scala locale, sudtirolese, il libro di Lazagna può essere letto oggi come un documento di “storia della memoria”. Pure in provincia di Bolzano, infatti, il clamore suscitato dal lavoro di Lazagna invitò a riaprire, giusto nel trentennale della Liberazione, pagine dimenticate della propria storia: la lacerazione seguita alle Opzioni del 1939, l’Andreas-Hofer-Bund di Hans Egarter, la persecuzione dei disertori ecc.5 I frutti di tale rilettura – se si eccettua il ruolo di solitario “apripista” di Claus Gatterer6 – si sarebbero visti solo nel decennio successivo.

(continua)

  1. Tra gli altri, nelle edizioni del 9 agosto 1975, “Corriere della Sera” (F. Felicetti, Concessa la grazia al partigiano Pircher), “l’Unità” (Graziato il partigiano altoatesino Pircher) e “Il Giorno” (Il capo dello Stato compie un atto di giustizia).
  2. F. Coliddà, Scarcerato a Fossano piange come un bambino, “Gazzetta del Popolo”, 10 agosto 1975. Altre cronache di giornalisti presenti e riportate nelle edizioni del 10 agosto 1975: Pircher è uscito dal carcere di Fossano, “Il Giorno”; R. Masutti, Liberato Johann Pircher. Si stabilirà in Piemonte, “L’Adige”. Era presente anche una troupe televisiva della RAI.
  3. Il partigiano Pircher non ha la grazia ma la sorveglianza speciale, “il manifesto”, 28 agosto 1975.
  4. Così Roberto Miroglio, da poco trasferito al carcere di Massa Carrara, in una lettera a Giambattista Lazagna (14 agosto 1975): «Pircher, domenica mattina, mi ha fatto pervenire un lungo telegramma di ringraziamenti che mi ha molto commosso, sino alle lacrime. Ora tutto è finito, lui è libero anche se ancora molto ci sarebbe da fare per la totale riabilitazione, con la revisione. Rimanderemo questa soluzione a tempi migliori, ossia a quando anch’io sarò libero come spero tanto anche per Lei».
  5. Caso Pircher: una buona occasione per “rileggere” la storia locale, “Alto Adige”, 11 maggio 1975.
  6. Gatterer aveva denunciato l’emarginazione e rimozione della resistenza sudtirolese nel dopoguerra, citando anche i processi dal 1945 in poi, nel suo Im Kampf gegen Rom, Europa Verlag, Wien 1969, pp. 791 ss. Lazagna ne venne a conoscenza solo nel gennaio 1975, chiedendone invano ad amici copia e traduzione.