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Media revolution?

Sarà discusso oggi, 22 settembre, in consiglio provinciale il ddl a sostegno dei media privati. Sulla nuova normativa sono state espresse da più parti forti perplessità.

La legge
L’informazione, va da sé, è un elemento irrinunciabile della democrazia. E l’informazione si fa insieme ai cittadini che leggono, ascoltano, guardano, scelgono. Verrà discusso oggi (22 settembre), a partire dalle 14.30, in una seduta straordinaria del consiglio provinciale, il disegno di legge sul sostegno di emittenti private radiofoniche e televisive nonché portali di notizie online. La legge sulle “telecomunicazioni e le provvidenze in materia di radiodiffusione”, datata 2002, è stata infatti rivista dalla giunta provinciale, in data 16 giugno, prevedendo un nuovo e più semplice sistema di agevolazioni, sotto forma di contributi a fondo perduto per un totale di 1 milione di euro all’anno.

Le finalità del disegno di legge, così come recita l’art. 1, sono quelle di promuovere la libertà e la pluralità dei mezzi di informazione; potenziare l’identità linguistica e culturale delle persone appartenenti ai vari gruppi linguistici; garantire il pluralismo di idee nonché un’offerta indipendente, diversificata, calibrata e capillare di informazioni su tematiche locali, con un occhio rivolto alle esigenze delle minoranze linguistiche tutelate dallo Statuto di autonomia. La legge prevede alcune soglie minime di informazione locale per essere ammessi agli incentivi, in linea con le disposizioni UE. Nello specifico: le emittenti televisive private devono trasmettere per almeno 30 minuti al giorno contenuti incentivabili (programmi o articoli online autoprodotti che si riferiscono o sono di interesse per l’Alto Adige), tra cui notiziari locali per almeno 10 minuti al giorno nella fascia di massimo ascolto, eccetto le domeniche e i festivi ed escluse le repliche. Per accedere ai contributi 30 minuti è il tempo minimo che devono garantire anche le emittenti radiofoniche private, tra cui notiziari locali almeno tre volte al giorno, per un totale di almeno 20 minuti nella fascia di massimo ascolto, tolte, anche in questo caso, le domeniche, i festivi e le repliche. I portali online dovranno invece pubblicare quotidianamente almeno dieci contenuti incentivabili, calcolati in una media settimanale, escluse le repliche. 

I criteri vengono elaborati dal Comitato comunicazioni; “gli indici d’ascolto saranno importanti per l’ammontare degli incentivi, così come l’occupazione di giornalisti iscritti all’albo e le nuove assunzioni secondo gli standard dei contratti collettivi, con un’incentivazione di base per garantire il pluralismo e le piccole emittenti”, ha specificato il presidente della provincia Arno Kompatscher, giovedì scorso, 17 settembre, durante l’audizione in consiglio provinciale con i rappresentanti dei giornalisti.

Le critiche
Diversi sono stati i dubbi espressi in merito alla legge da parte di addetti ai lavori ed esponenti politici. Durante l’audizione della settimana scorsa Stefan Wallisch, segretario del sindacato giornalisti del Trentino-Alto Adige, ha lamentato lo scarso coinvolgimento nella stesura del ddl. “Lo abbiamo letto solo quando è uscito dalla Commissione legislativa”, ha sottolineato Wallisch che ora chiede una maggiore partecipazione nell’elaborazione delle norme di attuazione. Secondo il sindacato devono poter essere sostenuti solo media regolarmente registrati - requisito che in altre regioni non c’é - e che assolvono tutti gli obblighi previdenziali. I contributi - ha precisato ancora Wallisch - devono essere destinati agli editori che si avvalgono di giornalisti iscritti all’albo e assunti regolarmente secondo i contratti nazionali di categoria, mentre ai liberi collaboratori deve essere invece garantito l’equo compenso, come accade ad esempio in Veneto. Wallisch auspica un miglioramento della situazione attuale - abbattendo ad esempio il sistema delle false partite Iva -, e un coinvolgimento maggiore delle start up.

Anche secondo Fabrizio Franchi, presidente dell’Ordine dei giornalisti Trentino Alto Adige, “non si può far passare l’idea che chiunque possa fare il giornalista o qualsiasi testata possa accedere ai contributi” e ancora: “non é possibile dare finanziamenti a un’azienda con collaboratori non correttamente inquadrati”. A confutare tale presa di posizione Magnus Egger, della cooperativa Demos, editore della nostra testata salto.bz, secondo il quale i giornalisti devono essere messi nelle condizioni di organizzare autonomamente il loro lavoro dal momento che molti non vogliono un contratto di lavoro dipendente, ma preferiscono essere impiegati come freelance. Motivo per cui il legislatore non dovrebbe regolamentare questo aspetto della questione.

Fra i rappresentanti politici che si sono espressi sul tema Riccardo Dello Sbarba (Verdi), secondo cui bisognerebbe trovare un criterio di qualità adatto al panorama altoatesino, distinguendo ad esempio tra cooperative e imprese editoriali a fini di lucro. Il grillino Paul Köllensperger ha annunciato che il Movimento 5 Stelle, con una serie di emendamenti, cercherà di “togliere alla Giunta provinciale quella che è un’arma impropria nelle sue mani, ossia la facoltà di erogare i contributi pubblici (una torta da un milione di euro annui) alle singole testate sulla base di criteri da essa stessa fissati, con il solo - insufficiente - obbligo di seguire delle linee guida previste dalla nuova legge provinciale”. Il potere decisionale dalla Giunta va spostato al Comitato provinciale per le comunicazioni e occorre inoltre tutelare il più possibile la figura del giornalista, dicono i pentastellati, ma in che modo? “Premiando gli editori che assumono i precari ma senza penalizzare i piccoli portali”.

I commenti anonimi e la cultura “anti-odio”
Capitolo a parte è la questione dell’anonimato: chi scrive e commenta sui portali online deve identificarsi. A tal proposito, a fine agosto scorso, l’assessora provinciale con delega al personale, all'informatica e alla famiglia Waltraud Deeg aveva aggiunto un emendamento alla legge sui media. I portali online che permettono ai loro utenti di commentare senza indicare il proprio nome e cognome o che non siano rintracciabili tramite indirizzo IP non dovrebbero ricevere finanziamenti dalla Provincia. Ciò che ha convinto l’assessora ad inserire questa clausola nella legge è, oltre all’”hate speech” che spesso imperversa sui social network, il fatto che spesso i politici vengano insultati o fatti oggetto di commenti negativi da parte di utenti anonimi; un comportamento “vile”, aveva affermato in merito Deeg. Restando in tema Marco Angelucci, segretario dell’Associazione della Stampa di Bolzano, ha chiesto in che modo saranno effettuati i controlli sui media che pubblicano commenti offensivi chiedendo inoltre in che misura la categoria dei giornalisti sarà coinvolta nell’elaborazione dei criteri di attuazione della legge. Il Landeshauptmann Kompatscher ha quindi presentato l’emendamento sul passaggio relativo ai commenti anonimi, puntualizzando che i contributi verranno concessi solo ai portali che nei loro forum prevedono un accesso regolamentato e rintracciabile e che nominano un responsabile del forum stesso. “Non vogliamo essere complici della cultura dell’odio o dell’invidia”, ha dichiarato Kompatscher. Per vigilare sulla corretta condotta degli utenti online dovrebbe essere previsto un sistema di controllo che includa anche il Comitato provinciale per le comunicazioni.