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“La tecnologia è rapida, il diritto no”

Parla l'avvocato Bruno Del Vecchio, consulente del Sindacato dei Giornalisti, che ha recentemente tenuto una conferenza sulla regolamentazione dell'intelligenza artificiale. La domanda a cui rispondere: di chi è la proprietà degli articoli generati dall'IA?
Bruno Del Vecchio
Foto: privat
  • Bruno Del Vecchio, avvocato di Roma e consulente legale del Sindacato dei Giornalisti del Trentino Alto Adige, ha recentemente tenuto una conferenza a Bolzano organizzata dall’Ordine dei Giornalisti in materia di informazione e intelligenza artificiale (IA). Durante l’evento di formazione si è parlato dell’assenza di una regolamentazione dell’IA e sono state poste domande circa le questioni giuridiche che sorgono dall’utilizzo dell’IA nell’editoria. Una su tutte: di chi è la proprietà degli articoli della stampa generati dall’intelligenza artificiale?

    SALTO: Come consulente legale, lei si occupa anche delle leggi che toccano, pur per il momento in modo marginale, il tema dell’intelligenza artificiale e della stampa. Secondo lei, con che ottica si deve affrontare, nel diritto italiano, questa tematica così attuale?

    Bruno Del Vecchio: La questione è enorme. Uno dei temi più delicati è senza dubbio il diritto d’autore. Se l’IA, che semplificando a me piace chiamare macchina, acquisisce dei dati e ne restituisce altri come possiamo attribuire a qualcuno la proprietà di quei dati? Le domande sono tante: le macchine possono utilizzare tutto ciò che trovano, anche se il contenuto è protetto dal diritto d’autore? Viene riconosciuto questo diritto, perlomeno patrimoniale, a chi lo detiene?

    E i dati che utilizza non sono sicuramente pochi e facilmente identificabili…

    Esattamente. Più la macchina è raffinata più utilizza dati. Spesso acquistando questo materiale da chi è disposto a venderlo alle aziende proprietarie dell’IA. È quindi difficile trovare l’applicazione concreta del diritto d’autore di fronte a una quantità considerevole di informazioni. Sta al diritto risolvere questo cortocircuito. 

     

    “La Cassazione ha abbozzato un principio: per considerare la proprietà di un'opera è necessario che venga riconosciuta la creatività, che è una caratteristica umana”

     

    D’altronde, un ragionamento simile si può fare anche per le informazioni “in uscita”, ovvero quelle che provengono dall’IA. A chi appartengono, per esempio, gli articoli “giornalistici” generati dall’IA?

    Questa non è una domanda: è la domanda. Il diritto d’autore si chiede proprio a chi appartengano le opere: ad un giornalista? A quale, se l’articolo è stato generato da una macchina addestrata con tanti contributi diversi?
    Qualche esperto afferma che la proprietà è dell’editore che ha venduto i dati per addestrare l’IA, come ad esempio RCS - editore del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport - che ha recentemente siglato un accordo con OpenAI circa i contenuti economici. Certamente è una risposta sensata, che però deve saper rispondere a un’altra domanda: la figura del giornalista, e del diritto d’autore, quindi scompare?
    Diversamente, si potrebbe pensare che la proprietà sia dell’azienda dell’IA e degli ingegneri che ci lavorano. Ma sarebbe riduttivo. Il problema è di difficile soluzione. Come cittadino, quando leggo un giornale, so chi ha scritto un articolo e chi è il direttore responsabile. Se leggo una notizia generata dall’IA non so chi l’abbia prodotta, da chi provenga ciò che viene comunicato.

  • Bruno Del Vecchio: "Il diritto italiano si occupa molto poco di Intelligenza Artificiale. Le sentenze si stanno manifestando, ma con molta lentezza a fronte di un fenomeno che cresce molto rapidamente". Foto: privat
  • Come si sta muovendo la giurisprudenza italiana in tal senso?
    Il diritto italiano si occupa molto poco di IA. Le sentenze però si stanno manifestando, ma con molta lentezza a fronte di un fenomeno che cresce molto rapidamente. La giurisprudenza procede cautamente, però l’anno scorso c’è stata una risposta da parte della Corte di Cassazione. La Cassazione ha abbozzato un principio: per considerare la proprietà di un'opera è necessario che venga riconosciuta la creatività, e quest'ultima è una caratteristica dell’essere umano, non delle macchine.

    Secondo lei, come dev’essere utilizzata l’IA nel giornalismo? A livello deontologico saranno previste delle indicazioni?
    Credo che l'intelligenza artificiale debba essere utilizzata dai giornalisti per la ricerca delle fonti, per analizzare dei dati, e non come macchina generativa di testi e articoli. Altrimenti non ci troveremo più solo di fronte al problema del diritto d’autore, ma anche a quello della libertà dei cittadini ad essere informati e a sapere da chi vengono informati.
    A livello deontologico non c’è ancora nessuna regolamentazione. Proprio il Sindacato dei Giornalisti del Trentino-Alto Adige, attraverso un comitato di cui fanno parte anche membri dell’Università di Bolzano, sta provando a formulare una Carta che tratta di alcuni temi fondamentali e delle diverse tutele. Per farlo è necessario un approccio multidisciplinare, perchè non si tratta solo di diritto, ma anche di deontologia, economia e tecnologia.