Palcoscenico | Opera

Lorit, ovvero Tirol al contrario

Sul palcoscenico del Teatro SanbàPolis di Trento ha debuttato domenica 21 gennaio l'opera lirica contemporanea "Lorit Un'opera della fine dei tempi" scritta da Marius Binder.
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Foto: MoniQue
  • I personaggi sono: Il Bel Paesaggio (Laura Schneiderhan, mezzosoprano) il Turismo (Manuel Ried, tenore), il Padrino delle funivie (Jubin Amiri, baritono), l’Ultima Generazione (Milena Pumberger, mezzosoprano) e La Morte/ La Folla (Bernhard Wolf, attore). Foto: MoniQue
  • Il compositore austriaco Marius Binder, affiancato da un altrettanto giovane team (libretto Robert Prosser, direzione musicale Christof Huber, regia Christina Constanze Polzer, scene e costumi Julia Neuhold, Drummer/Electronics Lan Sticker, Luci Luca Bellemo) ha vinto con il progetto Lorit Un'opera della fine dei tempi la quarta edizione del concorso di teatro musicale Fringe, promosso dalla Fondazione Haydn di Bolzano e Trento che firma la produzione dello spettacolo insieme al Landestheater di Innsbruck.
    Cinque gli interpreti e cantanti sul palco a impersonare figure allegoriche, come quelle presenti nelle rappresentazioni dei Misteri di tradizione medioevale, introdotte da un mix di musica eseguita dai musicisti dell’orchestra regionale Haydn in versione cameristica e da inserti elettronici preregistrati che via via da ambientazioni naturali si fanno più artificiali.

  • La Morte che coincide con La Folla è la prima a entrare in scena a sistemare gli sci degli altri che saliranno sulla cabinovia: un servitore muto con abiti e trucco colorati, silenzioso e sempre presente, come un’ombra appiccicato agli altri quattro. Un arlecchino sbiadito che si rivelerà solo alla fine in un monologo teatrale sulle grandi domande esistenziali, dopo aver tolto il trucco e dismesso gli abiti e scarponi da sci, quando anche il gruppo orchestrale avrà abbandonato il palco, dopo le ultime note che hanno il colore del ricordo di fiocchi di neve e tre funerei rintocchi finali.
    La fine è la catastrofe annunciata di un mondo che si sta disintegrando, dove la tradizione è svenduta e cede il passo ai riti del turismo di massa, mentre il paesaggio viene devastato. Si celebra anche un matrimonio tra il Bel Paesaggio e il Turismo, e il celebrante è il Padrino delle funivie. Tutti i gesti nell’opera, che non manca di ironia e umorismo nel libretto di Prosser, sono carichi di significato simbolico. A partire dalla salita in cabinovia, un rituale che ha assunto nella realtà la forma di un pellegrinaggio religioso.
     

    Lorit, letteralmente un Tirol al contrario, un’utopia farneticante a cui tutti gli altri aderiscono nell’illusione di salvarsi.


    E anche nei singoli personaggi. La figura dell’Ultima Generazione che vuole incollarsi alla vetta della montagna per protesta e intanto sale pure lei insieme agli altri nella cabinovia. O il Bel paesaggio che entra in scena in pelliccia, e uno pensa subito ai grandi predatori al centro del dibattito ambientale, attuale nel territorio alpino. O il Turismo che vuole solo svagarsi, perché ha pagato, non importa dove e come (magari in un wellness hotel finto tropicale in alta quota, dove ormai la neve esiste solo nel ricordo oppure è ricreata artificialmente con insostenibile dispendio di energia e danno per il territorio. E dove la tradizione, ridotta a puro cliché, è snaturata e venduta)

    È l’ultima cabina dell’ultima corsa dell’umanità, nel cui spazio ristretto appesi nel vuoto i personaggi si rivelano e rivelano l’abisso, ciascuno perseguendo cocciutamente la propria illusione. Finiranno tutti nell’abisso, abbandoneranno uno ad uno la cabina oscillante nella tempesta e, chi titubante chi esibendo incoscienza mascherata da coraggio, salteranno nel vuoto, non prima che il Padrino delle funivie non abbia partorito una nuova allucinazione inventando Lorit, letteralmente un Tirol al contrario, un’utopia farneticante a cui tutti gli altri aderiscono nell’illusione di salvarsi.

  • Foto: MoniQue

     Che il cinico Padrino delle funivie si suicidi saltando nel vuoto è forse un punto poco convincente, del resto è l’unica uscita di scena possibile per i personaggi che raffigurano, nessuno escluso, l’irrazionalità e la corsa verso l’autodistruzione di una società delirante in preda all’ebbrezza e frenesia che il fenomeno dell’overtourism ben rappresenta.
    Solo al Bel Paesaggio è riservata l’ascensione al cielo, almeno nelle intenzioni, nello stile della Madonna nel tradizionale Mistero sopravvissuto fino ai giorni nostri, rappresentato ancora ogni anno nella ricorrenza religiosa del quindici agosto nella città di Elche in Spagna. Lì una macchina scenografica suggestiva vede la Madonna e gli angeli sollevati verso l’alto a spargere oro sulla folla che si accalca nella basilica.

  • Martedì 23 gennaio

    Lorit Un’opera della fine dei tempi   sarà replicata martedì 23 gennaio alle ore 20 al Teatro comunale di Bolzano  e l’11 febbraio anche al Landestheater di Innsbruck. A Bolzano è prevista l’introduzione OperaTalk un’ora prima dello spettacolo, alle ore 19 nel foyer del teatro.

    Qui resta solo l’allusione  alla salita al cielo, per ovvi motivi di budget che non permettono la realizzazione di tale macchina teatrale. Resta comunque rispettata la tradizione delle rappresentazioni sacre popolari con l’opera che si rigenera a ogni rappresentazione, attraverso le improvvisazioni musicali previste nella stessa partitura di Binder e anche nell’attribuzione collettiva dell'ideazione di Lorit a tutto il team che ha lavorato insieme: dalla composizione alla regia, dalla direzione musicale alle scene e costumi e all’interpretazione, e ha spartito equamente il premio Fringe,  in spirito positivamente comunardo e mettendo in pratica un’idea evoluta di autorialità.

  • Foto: MoniQue
  • Il risultato è un valido spettacolo musicale, godibile e ben riuscito, che tocca il tema attuale del cambiamento climatico e degli incomprensibili riti del consumismo assurto ormai a religione, senza pretendere di dare un giudizio morale che spetta invece a ciascuno. Ammiccante la partitura e convincente l’esecuzione di strumentisti e cantanti che si destreggiano tra i generi musicali in un potpourri sperimentale.
    Fa pensare la coincidenza della prima assoluta di quest’opera critica, andata in scena domenica a Trento, con un evento tradizionale che ha avuto luogo nella stessa giornata a Castelrotto in Alto Adige. Le scene del Corteo e matrimonio contadino di Castelrotto ricalcano la stessa problematica di identità, tradizione e turismo, coi costumi tradizionali della valle rispolverati di anno in anno per l’occasione dai figuranti e le slitte trainate dai cavalli bardati a festa, tra le ali di turisti accalcati lungo il percorso e nella piazza del paese, dove i trattori avevano prima provveduto a coprire la strada di neve artificialmente. Neve che mancava per rendere fedelmente l’atmosfera storica e per lo svolgersi della commedia, a cui tutti vogliono credere.
    Il tutto molto allegro e suggestivo, ma un sapore di falso si insinuava comunque tra gli ottoni della banda musicale e il menù tipico di salsiccia e crauti nel tendone della festa.