Cultura | Salto afternoon

Racconto per cerchi concentrici

Cronistoria di un incontro con 12 artisti.
Michael Fliri
Foto: Michael Fliri/Galleria Raffaella Cortese Milano

Di Alessandra Tempesti

Video-performance. Audio-performance. Vetro. Maschera. Griglia. Pittura. Oggetti del quotidiano. Libro d’artista. Ambienti. Androgino. Subculture del digitale. Schemi comportamentali.
Parole in ordine sparso. Vocaboli e espressioni concise che riemergono dall’incontro con 12 artisti di origine alto-atesina, o che hanno scelto l’Alto Adige come sede della propria attività artistica.
Le impressioni si espandono, si allargano.
 

Thomas Sterna fa aderire il linguaggio della video arte all’attualità della performance, che diventa scultura processuale e installazione in movimento. Hannes Egger si serve di istruzioni, espresse in forma grafica, testuale o più spesso sonora attraverso una registrazione audio trasmessa in cuffia, per rendere il fruitore parte integrante dell’azione performativa. Il vetro nella pratica di Alipaloma è un materiale ambivalente, esprime una fragilità e al contempo una durezza e una forza date dal valore semantico o simbolico dei soggetti rappresentati. La maschera di Michael Fliri è un’intercapedine, un vuoto da abitare con il proprio volto, da performare con la luce, fino alla sua smaterializzazione.

 

 

Le griglie di Mirijam Heiler sono il risultato di un atto di sottrazione che riconduce la pittura, e la fenomenicità del colore, a una struttura essenziale mai del tutto regolare. La pittura di Elisa Grezzani tende verso una bellezza che deriva dal tentativo di dominare e armonizzare la matericità e la forza del colore. L’oggetto di uso domestico (che sia “trovato” o parzialmente ri-creato) è un catalizzatore di attenzione (o disattenzione) per il modo in cui Alexander Wierer lo dispone nello spazio, ridefinendo lo spazio stesso attraverso la presenza silenziosa e magnetica dell’oggetto. Fotografo, editore e curatore, Nicolò Degiorgis amplifica le potenzialità dell’oggetto-libro, che da supporto diventa elemento significante dell’immagine fotografica, fino a espandersi in una dimensione installativa che cambia in relazione ai diversi contesti espositivi. La fedele ricostruzione scenografica degli interni degli ambienti di Franziska Schink è un punto di osservazione privilegiato per rileggere certe dinamiche sociali, sia del passato recente, sia del presente attraverso una sua reinvenzione retro-futuristica. La scultura figurativa di Peter Senoner è definita dalla presenza ricorrente di esseri androgini, creature provenienti da una dimensione fantastica dove l’umano si fonde con la tecnologia.

 

 

“Misticismo trash” è l’espressione con cui Karin Ferrari sintetizza il suo immaginario che attinge alle subculture del mondo digitale, costruendo pseudo-narrazioni disseminate di simbolismi occulti e teorie complottiste, che da un lato disvelano le mistificazioni sottese alle strategie di comunicazione del sistema capitalista, dall’altro gettano una luce sul nostro innato desiderio di crederci. Attraverso mezzi espressivi sempre diversi, Maria Walcher disinnesca schemi e modelli comportamentali assodati, portando il nostro sguardo su temi sociali e politici.
Come cerchi concentrici disegnati dai sassi gettati nell’acqua del fiume, le riflessioni si dilatano ancora, creando tangenze, punti di contatto o collisione.

 

 

Le modalità messe in atto da Thomas Sterna nel suo lavoro con il video portano ad una espansione del mezzo stesso, che si dilata in un concetto allargato di scultura. Le audio-performance di Hannes Egger spingono la visibilità della performance fino ad un limite estremo, dov’è l’assenza fisica dell’artista a permettere le condizioni per un’esperienza integralmente vissuta da parte del pubblico. Anche Nicolò Degiorgis porta avanti un lavoro intensivo sul mezzo, nel suo caso il libro fotografico, facendone un inedito campo di azione e strumento di documentazione e lettura critica della realtà. Se la pittura di Mirijam Heiler evade la narrazione e abita una “superficialità” orizzontale (quella della griglia) data anche dalla ablazione del colore con la trementina, Elisa Grezzani cerca invece la profondità, attraverso stratificazioni di colore e resina, in cui far sedimentare un proprio vissuto e allo stesso tempo prenderne una distanza. Quanto gli ambienti di Franziska Schink sono verosimili nei dettagli e quasi perturbanti nella ricostruzione del passato, quanto quelli di Alexander Wierer ci inquietano per la messa in scena di uno spazio apparentemente vuoto e l’assenza di riferimenti. Alipaloma sintetizza nell’elemento dello specchio l’impatto che i social media hanno sull’individuo, Karin Ferrari ci rimanda un flusso caleidoscopico, ipertrofico e amplificato dalla sua ricostruzione pseudo-documentaristica di quel mondo digitale.

 

 

La ricerca artistica di Peter Senoner si circoscrive dentro l’ambito della scultura, passando dal legno al bronzo, fino a lavorazioni speciali della materia, in una ricerca continua della levigatezza dell’epidermide delle sue sculture. Michael Fliri parte dalla scultura, con la realizzazione plastica delle maschere, per approdare ad un esito finale di natura fotografica. Maria Walcher si muove all’interno di diversi mezzi espressivi, con una predilezione per la duttilità della materia tessile e la sua intrinseca relazione con il tessuto sociale dell’esistenza umana.

Gli anelli concentrici si sono dissolti, la superficie dell’acqua è tornata liscia e uniforme.

Ciascun artista con la propria individualità, con la specificità della propria ricerca artistica.

Ciò che li accomuna è la condivisione, o la scelta, di un territorio che ha una storia a sé, con un passato recente che a tratti affiora, pone degli interrogativi, crea diverse prospettive di riflessione.

Con una fisionomia inconfondibile, quella del paesaggio alpino, anch’essa capace di imprimersi e lasciare tracce in forme e modi sempre differenti, declinandosi nelle diverse sensibilità artistiche.

 

salto.bz in collaborazione con Kulturelemente 

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