Il richiamo del trilinguismo
Ian Carta è un giovane 24enne fresco di laurea, si è diplomato alla Libera università di Bolzano, Facoltà di Design e Arte, la scorsa primavera. Attualmente sta facendo un tirocinio nell’ufficio stampa dell’università dopo averne seguito uno anche all’estero, in un’agenzia di design, la Denkwerk, sita a Colonia e ora progetta di restare in Alto Adige a tempo indeterminato. Madre inglese, di Birmingham, e padre italiano, di Novara, Ian, già perfettamente bilingue, aveva in testa, una volta finito il liceo linguistico, di trasferirsi dal Piemonte all’Alto Adige per migliorare il suo tedesco ancora piuttosto “ruvido”. Il giovane decide allora di iscriversi all’unibz “che aveva già una certa fama anche dalle mie parti”, proprio per la peculiarità dell’insegnamento trilingue.
“Se fosse stato solo per l’università - dice - sarei potuto restare nella mia regione o andare in Lombardia, per esempio, ma ho voluto continuare il percorso delle lingue già iniziato al liceo”. Un vessillo, quello del trilinguismo, che tutte le matricole puntano a trasformare in distintivo personalizzato da appuntarsi sul petto. Ma questa specifica e lungimirante metodologia di insegnamento è, di fatto, garantita e all’altezza delle aspettative? Riecheggiano ancora, del resto, le parole del presidente della Provincia Arno Kompatscher che recentemente aveva denunciato una carenza di docenti di madrelingua tedesca nella facoltà di Scienze della formazione primaria di Bressanone e una conseguente sproporzione nella didattica trilingue, smentita tuttavia con decisione dai vertici dell’Ateneo.
"Deve esserci un equilibrio fra i docenti delle varie lingue per un’offerta formativa che sia davvero trilingue, anche se questo equilibrio non è assoluto, e a Bolzano il metodo funziona"
“Ogni professore insegna nella sua madrelingua, cosa che trovo molto sensata perché è il modo migliore per imparare - sottolinea l’ex studente -, in ogni caso certamente non mi aspettavo che il docente di italiano potesse insegnare in tutte e tre le lingue ma, perlomeno nella Facoltà di Design e Arte, c’è sempre stata la disponibilità di spiegare i concetti nella madrelingua degli studenti che restavano indietro. Ritengo - aggiunge - che debba esserci un equilibrio fra i docenti delle varie lingue per un’offerta formativa che sia davvero trilingue, anche se questo equilibrio non è assoluto, e a Bolzano il metodo funziona, peraltro ho anche saputo che sono stati inseriti nell’organico più professori di madrelingua tedesca”.
Per una università che voglia continuare a giocare in serie A, secondo Ian, non bisogna rischiare di fare selezione dei docenti sulle base delle conoscenze linguistiche, le competenze devono valere più, “altrimenti finiamo in una nicchia in cui si fa sfoggio di questo trilinguismo ma si diventa deficitari dal punto di vista formativo, detto questo, visto che ne va del mio futuro conoscere più lingue, è sacrosanto che io mi metta d’impegno per imparare, nel mio caso, il tedesco e superare l’esame”. Ribadire le ragioni di una scelta non è casuale: “Sarei potuto andare a studiare al Politecnico di Milano che pure offriva molto, ma come molti ragazzi ho preferito Bolzano. Per quel che riguarda la Facoltà di Design, infatti, all’unibz possiamo contare sulle officine per realizzare le nostre idee che quindi non vivono solo sulla carta o sul computer e ciò non è da sottovalutare, spesso, infatti, in altri atenei bisogna cercare un laboratorio esterno per sviluppare i progetti, è anche per questo che l’università bolzanina è così attraente”.
E il fascino indiscreto del plurilinguismo ci mette il suo, “è un concetto che si espande oltre le mura universitarie, io ad esempio ho fatto facilmente amicizia con ragazzi di madrelingua tedesca con i quali inizialmente comunicavo in inglese. Probabilmente in istituti più grandi le dinamiche sarebbero diverse ma quello che accade in questa seppur ristretta realtà è di fondamentale importanza dal punto di vista dello scambio culturale e della condivisione che, nel nostro specifico campo di studi, è molto rilevante per lo sviluppo delle idee. E non è vero che c’è chiusura o incomunicabilità fra i due gruppi linguistici, o perlomeno non fra quelli della mia generazione, i tempi stanno cambiando, come non accorgersene?”.