Società | L'intervista

“È solo una costruzione mediatica”

Peter Koler, direttore di Forum Prevenzione, assicura: “Con i dati a disposizione non si può certo parlare di allarme alcolismo fra i giovani altoatesini”.

salto.bz: Koler, puntualmente sui media locali si torna sul binomio giovani-alcol, ma si può parlare di emergenza, specie fra i minori?
Peter Koler: Dobbiamo guardare alle statistiche attuali sui ricoveri per coma etilico, dati che arrivano in risposta a una richiesta fatta in un contesto politico (partita da Südtiroler Freiheit, ndr) e che sono raggruppati per fasce d’età che cambiano a seconda del comprensorio sanitario: nel 2015 si va dai 14 ai 17 anni per Bolzano, dai 13 ai 17 per Merano, dai 14 ai 18 anni per Bressanone, dai 10 a 17 Brunico. In base a quanto emerge dall'indagine il fenomeno è contenuto; lo studio non rivela assolutamente una problematicità riguardo il consumo di alcol fra giovanissimi. La verità è che con i dati a disposizione non si può gridare all'emergenza, si tratta piuttosto di una costruzione mediatica. Se guardiamo i numeri di Bolzano riguardo i ricoveri al pronto soccorso, dal 2009 al 2013, si parla di 25 ragazzi (fra i 12 e i 14 anni), in quattro anni, una cifra non esattamente allarmante.

Che è andata progressivamente calando?
In tutti i comprensori i ricoveri dal 2014 al 2015 sono diminuiti, e questo è un dato molto importante. Nel 2015 ce ne sono stati 23 a Bolzano, 16 a Merano, 33 a Bressanone, 11 a Brunico, 83 in tutto. Sono circa 7 al mese, più o meno 2 alla settimana.  

Il direttore del Forum Prevenzione Peter Koler (Foto: Screenshot - BildungsTV)

Si potrebbe fare ancora meglio, tuttavia.
Naturalmente il fenomeno non è da sottovalutare perché non è scomparso ma l’andamento è oggettivamente migliore. Senza contare che se guardiamo agli adulti che vengono portati al pronto soccorso in coma etilico, i numeri sono molto più alti. Chi fornisce l’alcol, chi lo produce, chi ci guadagna, chi causa gravi incidenti stradali, chi alza le mani sui famigliari sono principalmente gli adulti e puntare il dito sui giovani è spesso una forma di strumentalizzazione.

Intende una strumentalizzazione di tipo politico oltre che mediatico?
Beh sì, è un modo facile per mascherare altre cose, le macchie della collettività. C’è da tenere poi conto di un’altra questione riguardo i giovani.

Quale?
Nessuno parla delle dinamiche con cui si arriva al ricovero. Se si parla coi ragazzi si capisce che spesso andare al pronto soccorso equivale a un “incidente di percorso”. Mi spiego meglio: i giovanissimi non si rendono conto di qual è il limite e quando si perde il controllo, la gran parte di loro giunge in ospedale con un basso tasso alcolemico. C’è chi, fra loro, arriva al pronto soccorso e realizza di non voler più trovarsi in una situazione del genere, di non dover bere più così tanto, e quindi un’esperienza traumatica può in un certo senso diventare produttiva, una specie di deterrente per non ubriacarsi più.

Vale anche per i ventenni?
Il discorso è un po’ diverso in questo caso. Nei giovanissimi infatti spesso la sbornia non è “voluta”, mentre i ragazzi che hanno 18-20 anni bevono per una sorta di competizione, per misurarsi l’un altro, per vedere chi regge di più l’alcol. Ancora nell'ambito dei più giovani , inoltre, lo studio quadriennale HBSC sul comportamento e sulla salute degli studenti di 11-13-15 anni mostra che il consumo di alcol, oltre quello del tabacco, è in continuo calo così come diminuiscono le intossicazioni acute. Ripeto, non c’è un allarme nuovo, ma è noto, il tema giovani e alcol riempie, a ragione o a torto, le pagine dei giornali da vent’anni.


Anche il fenomeno del binge drinking non è così diffuso?
Esiste, certamente, e in certe occasioni accade che si ingeriscano 4-5 unità si alcol in una volta sola. Se una persona beve tanto da dover essere portata in ospedale è chiaro che si tratta di un fenomeno che deve essere tenuto sotto stretta osservazione, ma se si continua ad alimentare ansie non sempre giustificate può anche darsi che le persone non si facciano più curare.

Crede che ci sia un’informazione adeguata in Alto Adige sui rischi legati all’eccessivo consumo di alcol?
C’è un piano provinciale che integra tutte le misure utili per quanto riguarda la prevenzione, fra queste anche quelle rivolte ai giovani, con workshop annuali sul tema dell’alcol organizzati tramite centri giovanili.

E sono molto frequentati?
Sì, la nostra è una Provincia che si impegna molto in questo senso. Va aggiunto poi che negli ultimi anni è stato portato avanti un nuovo concetto di tutela per quanto riguarda le vendite. Fino a 5-6 anni fa andare a comprare alcol al supermercato era piuttosto facile, oggi le cassiere chiedono spesso la carta d’identità. Stessa cosa succede nei bar. E poi anche sul ritiro delle patenti c’è stato un calo.

Cosa ne pensa di iniziative come quella del bar “analcolico”, sono solo palliativi?
È fattibile e possibile fare progetti che non si basano sul consumo di sostanze. Anche il Forum Prevenzione ne ha alcuni, come l’“AF ZACK”, con i ragazzi che si ritrovano a trascorrere periodi assieme in una malga. Quando c’è divertimento e coinvolgimento la sostanza viene considerata secondaria se non addirittura controproducente, come quando si va a fare un’arrampicata in montagna: si sa che il bere pregiudicherebbe la buona riuscita dell’impresa. Il bar analcolico è una specie di copia di un qualcosa che esiste già e nei bar si va per consumare alcol. Il punto è che i giovani fanno quello che vedono fare agli adulti, e se questi hanno un comportamento irresponsabile riguardo l’alcol allora è facile che lo abbiano anche loro, per quanto in certi casi i giovani siano più consapevoli degli adulti, come nella guida ad esempio. Vengono infatti più frequentemente scoperti gli over 55 con un tasso alcolico superiore allo 0,5 rispetto ai giovani. Insomma, rendiamoci conto che i ragazzini hanno altre problematicità con cui fare i conti, che non hanno a che fare con il bere troppo.