Società | Gastbeitrag

Tutti quei nomi meritano luce

Aspettando il presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Memoriale dedicato ai deportati nell'ex Lager di via Resia a Bolzano. Un ricordo di quello che è stato.
Memoriale
Foto: Comune Bz

Li abbiamo sempre avuti nel cuore e nel ricordo quei nomi, per tutti gli anni che abbiamo protetto quel muro, che aveva racchiuso il destino di donne e di uomini perseguitati. Assieme all’architetto Pellizzari, li descrivemmo, 54 anni fa, su un grande monolite di porfido, piantato davanti all’ingresso da via Resia. Qui, donne e uomini diversi per nazionalità, diversi per lingua, diversi per religione ed etnia, patirono, anche fino alla morte, lottando assieme per la libertà contro il nazifascismo. Era stato già allora svuotato di tutti i resti, per far spazio alla vita e alla casa di 152 famiglie. Era il 1965, cinquantadue famiglie che abitavano quei resti, furono ricoverate altrove. Io le ricordo, affollate una sera nel bar in via Resia, minacciare di dar fuoco a tutto, pur di avere un altro luogo dove abitare. Perché avete lasciato demolire tutto? Tante volte ho dovuto rispondere, anche ieri, quando i nomi sono diventati luminosi.

 Qui, donne e uomini diversi per nazionalità, diversi per lingua, diversi per religione ed etnia, patirono, anche fino alla morte, lottando assieme per la libertà contro il nazifascismo

Più tardi, merito della Provincia, il muro divenne monumento. I dubbi degli abitanti all’interno furono attenuati dalla certezza che avrebbero risparmiato per sempre la costosa manutenzione. Personalmente promisi che nessuna delegazione avrebbe varcato l’ingresso. Negli ultimi decenni abbiamo accompagnato delegazioni italiane ed estere, solo lungo un lato esterno del muro.

 

 

Il percorso fu arricchito nel 2004, con una serie di grandi tabelloni illustrativi, posti sull’altro lato della strada. Venne l’emerito Presidente Scalfaro e venne Mike Bongiorno. Dimenticavo, in questa occasione, da ricercatore, Dario Venegoni, erede di due dei nomi, ci regalò 7809 storie individuali, annunciando che i nomi potevano essere 9.500. Dal 1985, a guidare Bolzano c’era allora il sindaco Ferrari, il nostro cippo era piantato accanto al gruppo bronzeo di Trevi, nel giardino, davanti alla chiesa di S.Pio X ed accoglieva le delegazioni in visita al luogo. Quante delegazioni? Quanti ex internati, quanti loro parenti? Molti, molti diventarono affettuosi amici. Una dozzina mi chiese di poter affiggere sul muro un nome, una targhetta ricordo. “No! Il muro non si tocca, ma faremo, faremo”.

Eravamo moltissimi e felici di avere finalmente illuminato tutti i nomi di un immenso sacrificio

Con un poco di ritardo ieri, inaugurando i nomi luminosi abbiamo dato anche a loro una risposta. Come mi ero augurato, eravamo in molti. Io perso in mezzo a loro riconoscevo con fatica amici di Trento, di Verona, di Milano, La Spezia e ancora, ma anche i bolzanini erano molti, diversi, che non conoscevo. Eravamo moltissimi e felici di avere finalmente illuminato tutti i nomi di un immenso sacrificio.

Tutti potranno ora ricordare Il luogo, quel tempo e quello spazio che ha rinchiuso donne e uomini che resistevano anche solo per sopravvivere, aggrappati al valore della Pace che volevano, della Libertà che supplicavano, dell’uguaglianza dei loro diritti che pretendevano. Rimanevano donne e uomini interi. Organizzati dentro e fuori, informavano, lottavano, costruendo solidarietà, riuscivano a fuggire. Proprio dentro Il luogo gli italiani scoprirono e riaffermarono la differenza tra i nazisti e i sudtirolesi, che, in molti, giovani e vecchi, erano ostaggi dei nazisti. Scoprirono, non ancora assieme, che lottavano per la medesima battaglia di libertà e democrazia. L’avrebbero chiamata autonomia. Tutto questo è racchiuso in quelle migliaia di nomi per sempre luminosi.

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