Dire la verità. Anche quella scomoda.

Tra le antiche mura del convento di Marienberg, Arno Kompatscher ieri ha fatto la sua prima uscita pubblica dopo la richiesta della fiducia sul bilancio. Rispondendo ad una domanda cruciale: "Quanta verità sopporta il popolo?"
Avvertenza: Questo contributo rispecchia l’opinione personale dell’autore e non necessariamente quella della redazione di SALTO.

Parte da un esempio concreto, Arno Kompatscher, per dimostrare come lui vuole confrontarsi col tema della verità: la riforma radicale della politica dei contributi alle imprese.
Dopo decenni di sostegno a pioggia, il Presidente convoca le associazioni imprenditoriali e comunica loro la sospensione dei contributi , sia pur con un possibile compenso tramite riduzione delle tasse. Una verità nuda e cruda, una risposta inaspettatamente positiva da parte delle associazioni. Vuol dire che funziona e dire la verità, paga. Ma ad alcune condizioni: il politico parli quando è veramente informato e dica "non lo so, devo approfondire" quando ció è necessario.
Le situazioni siano presentate in modo esauriente e comprensibile; inondare l'opinione pubblica di informazioni indifferenziate non significa garantire trasparenza.

La politica non è la custode della verita, ma solo un anello nella  catena della trasparenza che deve servire a mettere in condizioni tutto il sistema di assumere le decisioni giuste. Cittadini ben informati partecipano con cognizione di causa alle decisioni a condizione che  la Politica lasci aperte le varianti (o questo, o quello) e non apra il confrono a cose fatte. E accetti anche l'opzione "zero", cioè che una certa cosa possa semplicemente non essere fatta.

Tutto il contrario di ciò che è stato fatto sul tema delle pensioni ai consiglieri regionali.
Al popolo, più verità, più diritto e più dovere di scelta , più corresponsabilità.