Crac Signa, Schoeller sotto la lente

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Dopo il fallimento del colosso immobiliare austriaco SIGNA dell’imprenditore nordtirolese René Benko, attualmente in carcere, si moltiplicano le verifiche legali e finanziarie sui rapporti d'affari delle società del suo gruppo. Secondo quanto riportano la tedesca Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ) e il quotidiano viennese Der Standard, al centro dell’attenzione dei curatori fallimentari vi sarebbero anche i rapporti tra la Signa Prime Selection AG, il ramo più importante dell’impero Benko, e il gruppo industriale della famiglia Schoeller – cui sono stati ceduti il centro commerciale Waltherpark e la società Viva Virgolo di Bolzano.
Un azionista della Signa Prime Selection ha infatti ottenuto l’approvazione di un’ispezione straordinaria sulle operazioni di gestione e i rapporti con Schoeller Group e la INGBE Privatstiftung, fondazione privata intitolata a Ingeborg Benko, madre di René. L’indagine coprirà il periodo tra l’inizio del 2022 e la fine del 2023, e si concentrerà sulla raccolta di capitali, la vendita di asset aziendali e la conformità alle normative. Secondo il quotidiano austriaco Die Presse, la raccolta di capitali tramite Schoeller Group avrebbe “danneggiato gli altri creditori e azionisti della società”. Diverse proprietà immobiliari sarebbero state vendute, anche in forma di pacchetti, fuori da procedure competitive strutturate, in trattative cosiddette “off-market”.
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La famiglia Schoeller, interpellata dalla FAZ, ha dichiarato che non esistono rapporti tra la loro holding e la fondazione INGBE. La Schoeller Group ha confermato inoltre di aver concesso un prestito a una controllata della Signa Prime, sottolineando che questi fondi “hanno permesso al gruppo Signa di adempiere ai propri obblighi e di garantire il completamento del Waltherpark”. Il centro commerciale sarebbe stato acquistato con l’approvazione di tutti gli organi competenti e, grazie a ulteriori investimenti, “la sua realizzazione è oggi garantita”.
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Quando era insolvente Signa?
Il nodo cruciale – sottolinea Der Standard – è quando realmente sia iniziata l’insolvenza della Signa. La risposta è fondamentale sia per accertare eventuali responsabilità penali per occultamento di insolvenza, sia per definire la validità delle operazioni effettuate nel periodo precedente la dichiarazione formale di fallimento.
La società Grant Thornton, incaricata dal curatore fallimentare, sostiene che Signa Prime fosse già insolvente al 31 marzo 2022 – ben 21 mesi prima della richiesta ufficiale di fallimento presentata alla fine del 2023. Già alla fine del marzo 2022, si sarebbe registrata una voragine di liquidità di oltre 200 milioni di euro. Secondo i periti, parte dei finanziamenti ricevuti da Signa dalle proprie controllate sarebbero stati illeciti rimborsi di capitale e, dunque, nulli. Di conseguenza, avrebbero dovuto essere rimborsati immediatamente come debiti esigibili. Queste conclusioni sono contestate dagli ex dirigenti della Prime, che stanno tentando di presentare perizie alternative.
Nel frattempo, i curatori fallimentari stanno cercando di liquidare al più presto gli asset rimasti del gruppo SIGNA. Il secondo rapporto ufficiale dell'amministrazione straordinaria, citato dalla FAZ, prevede di concludere la liquidazione di Signa Prime entro la fine del 2026. Complessivamente, sono stati registrati 11,7 miliardi di euro di crediti, ma meno della metà è stata riconosciuta. Tra le cessioni già concluse, spicca la vendita della torre Upper West di Berlino (33 piani), ex sede tedesca del gruppo, acquistata proprio da Schoeller Group per 425 milioni di euro. Sempre secondo la FAZ, sono state già chiuse 27 transazioni extragiudiziali relative a azioni revocatorie e sono in corso 28 cause davanti al Tribunale commerciale di Vienna per un valore complessivo vicino ai 200 milioni di euro.
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