Society | Colloqui 2014

„Revolution Bildung“: a scuola di ecologia

I bambini determinano in autonomia il proprio “ambiente naturale”. Ecco la ricetta dei 25esimi Colloqui di Dobbiaco per educare alla sostenibilità.

Dal fare al dire – imparare per l'era solare”, questo il motto della 25esima edizione dei Toblacher Gespräche, in Alta Pusteria. Dal 3 al 5 ottobre presso il Grand Hotel Dobbiaco si sono alternati 12 tra relatori e relatrici da Germania e Italia sulla „educazione alla sostenibilità“, scambiandosi esperienze in un weekend fitto di incontri e riflessioni. Nel corso dei Colloqui ci si è soffermati in particolare su due domande: apprendimento multimediale oppure sensoriale? Lasciar fare, “imperare liberamente” i bambini oppure, al contrario, guidarli nell'apprendimento?

VIDEO: Stefano Laffi, Andrea Baier, Vera Dwors, Josef Watschinger, Elisabetta Tola

Toblacher Gespräche / Colloqui di Dobbiaco – 4.10.2014 (2)

Ecosistema virtuale

Elisabetta Tola, laureata in agraria, lavora e “abita” in internet occupandosi di giornalismo dei dati: “Vi sono analogie tra la visione ecologica e chi lavora in rete: l'ecosistema digitale è resiliente come quello naturale”. Ma “dobbiamo usare la rete in modo sostenibile, perché è aumentata la quantità di contenuti che noi produciamo. Qual è il limite? Siamo noi, le nostre vite”. E' necessario superare il dibattito sulla separazione tra reale e virtuale, che ormai sono collegati e sovrapposti. Il tempo è accelerato pure nella vita reale. La questione fondamentale è invece come (e per quanto tempo) le persone utilizzano la rete. Riguardo al giornalismo, Tola osserva che “in Italia si parla della rete in maniera errata. 'L'ho letto in internet' non vuol dire nulla: i social media amplificano messaggi – e bufale – perciò i contenuti vanno verificati, risalendo alle fonti primarie, seguendo blogger autorevoli. Molti giornalisti non lo fanno”. I pericoli dell'utilizzo sbagliato si estendono alla scuola: “Vi sono pagine facebook gestite con inopportune impostazioni di privacy”.

Alla domanda se il tempo dedicato ai nuovi media tolga spazio alla didattica nella natura, il dirigente scolastico della Fachoberschule für Landwirtschaft di Auer/Ora Franz Tutzer risponde: “Si può mostrare la morte, cadere in un torrente, far vedere il mondo per come è senza farsi sottomettere da esso, e il web è una parte di esso, quindi non entweder oder bensì sowohl als auch”.

VIDEO: Il saluto dell'assessore Richard Theiner e l'intervento di Otto Herz

Toblacher Gespräche / Colloqui di Dobbiaco – 4.10.2014 (1)

Scuole modellate dai bambini

Wild sein, lebendig sein, in Beziehung sein, nicht beurteilt sein, ich selbst werden”: queste sono le (non)regole del filosofo e biologo tedesco Andreas Weber per una “infanzia selvaggia. La critica alla pedagogia di Weber consiste in una deregulation dell'apprendimento: “Weniger planen, weniger normieren, mehr spielen”. L'insegnante rinuncia alla “logica della valutazione” e così impara dai bambini, che giocano “ohne den Blick von Erwachsenen”.

Un esempio è il cortile delle elementari dirette da Josef Watschinger, preside dello Schulsprengel di Welsberg/Monguelfo. I bambini giocano senza la pianificazione delle loro insegnanti. E quando tornano in classe, le lezioni di geometria sono in atelier, la matematica è applicata in laboratorio, i bambini “si danno i compiti” lavorando in team: “I nostri alunni non volevano una classe frontale tradizionale, avevano bisogno di un'altra classe, con più spazio. E l'hanno realizzata, con mezzi semplici come dei cartoni da loro dipinti”. “Le direttive di edilizia scolastica in provincia di Bolzano aprono nuove prospettive, e l'autonomia scolastica è importante” conclude Watschinger.

Anche Otto Herz, pedagogista della fondazione “Civil-Courage” (indossa una maglietta con la scritta “Revolution Bildung”), sottolinea come il Lernraum debba essere modellato dai bambini, in modo tale da renderlo uno spazio più accogliente all'apprendimento – cosa che nessun architetto sarebbe in grado di fare: “Spesso gli edifici scolastici sono i più brutti della città, il loro lato estetico è trascurato”, ha aggiunto, “e le scuole più belle si trovano in Sudtirolo, tutti in Germania lo sanno!”. Inoltre, “coprendo a pannelli solari i tetti di 60mila scuole tedesche, potremmo sostituire un'intera centrale nucleare. Perché non fare una campagna anti-Atomkraft con un milione di insegnanti?”. Insegnanti che non sono più quelli di una volta – “Unterrichten era dall'alto in basso” – bensì mediatori tra scolari, genitori e personale: „Gemeinsam ist besser als einsam“.

VIDEO da cui è tratto il filmato "terza elementare" di Franco Lorenzoni (casa-laboratorio di Cenci, Umbria) – presentato in anteprima ai Colloqui di Dobbiaco.

Se il mondo era quadrato non funzionava

Spontaneità ambientale

L'educatore Sanni Mezzasoma (Panta Rei, Umbria) non è soddisfatto del sistema scolastico in Italia: “Non si ha idea di cosa debba fare la scuola, considerata unico ente formativo, tra educazione stradale, ambientale e via dicendo... ed è sempre l'edificio più brutto in città”. Spesso si assiste a contraddizioni meta-cognitive, “sto imparando ma non so cosa, chiudere l'acqua quando ti lavi i denti e poi tirare lo sciacquone con l'acqua potabile”. L'educatore ambientale non è un insegnante, trascorre tre-cinque giorni con i bambini, perciò serve un confronto tra centri educativi e scuole: “Ho discusso con altri colleghi sulla frustrazione dovuta a quei bimbi che, uscendo dai progetti educativi, gettavano cartacce per terra. Io invece lascio libertà ai bambini pure di sbagliare”.

Secondo Mezzasoma vi è una proliferazione di psicopedagogisti convinti sia sufficiente far divertire una classe con approcci emozionali: “L'educazione ambientale, pur essendo priva di una propria scientificità, vanta pratiche trentennali: vi assicuro che non c'è alcuna rinascita educativa se i bambini vengono lanciati nell'orto! Per divertirsi vai alle giostre!”. Per Mezzasoma “dopo la fine dell'attività si va a mangiare tutti insieme, un momento di convivialità importante; una rottura improvvisa sarebbe dannosa. E se c'è da intervenire nella realtà dell'agricoltura, non puoi dire ai bambini 'abbiamo fatto l'orto ieri': dai loro la zappa in mano per far capire l'utilità di una fresa”.

Infine Mezzasoma predilige lo spontaneismo: “L'adulto non deve occupare lo spazio di libertà dei bambini, ma liberarlo come spazio franco”. Michela Schenetti, ricercatrice dell'Università di Bologna, è di tutt'altro avviso: “Uno spazio neutrale è utopia, considerati i pericoli della società moderna: occorre piuttosto rendere flessibili gli spazi dove vivono i bambini – e riconoscere il ruolo degli insegnanti nel fornire competenze primarie un tempo parte dell'educazione familiare”.

VIDEO: Sanni Mezzasoma, Andreas Weber, Franz Tutzer, M. A. Quadrelli, Michela Schenetti

Toblacher Gespräche / Colloqui di Dobbiaco – 5.10.2014

Rapporti di potere

Stefano Laffi, autore de “La congiura contro i giovani”, sostiene che i veri filosofi della vita siano i bambini: “Le invenzioni sono dei figli, non dei padri”. “Per la progettazione di un parco a Milano, i genitori interpellati chiedevano cancelli e sicurezza, i bambini acqua e ombra”. “A 20-30 anni è l'età dell'oro della creatività, la storia del Novecento ci insegna che le più grandi scoperte scientifiche e le idee più innovative sono state di uomini che avevano questa età”, perciò dovremmo “pensare all'indice di spreco generazionale” di giovani “rinchiusi in infiniti master“.

Nella nostra scuola vige ancora il sistema della lezione frontale, delle interrogazioni fatte da domande di cui “l'insegnante conosce la risposta e alle quali lo studente deve rispondere così come piace al suo insegnante”. Nei luoghi del sapere ci si guarda la nuca, nessuna circolarità. “Ha senso la competizione? Dov'è la cooperazione? Puntare sui concorsi serve a formare pionieri e inventori?” si domanda Laffi, “l'università pubblica promuove solo gli esperimenti che hanno esito positivo”. “I social network sono luoghi della distanza per affrontare le incertezze”, conclude Laffi.

Karl Ludwig Schibel chiede se tutto questo giovanilismo non sia pericoloso: “Einstein ha fatto alcune scoperte appena 20enne, ma le sapeva illustrare a 60 anni. Un conto è sapere, un conto saper parlare”. Laffi concorda sul rischio del giovanilismo come ideologia, “l'ho visto in questo governo, e inquina il ragionamento sin qui fatto”. Il potere è però in mano agli adulti, che non lo mollano: “Anche qui le fotografe sono giovani e lavorano in piedi. Ai convegni i più giovani non li trovi dentro, ma fuori, magari al catering. I giovani purtroppo tendono ad accettare questo stato delle cose, anziché dare vita a proteste e disobbedienza civile”. A una vera rivoluzione solare.

Il blog di Salto.bz dedicato ai Colloqui di Dobbiaco