Il tempo non fa bene all'Autonomia
Il tempo è la migliore medicina? Si dice cosí, ma non sempre è vero. Per esempio nel caso della lunga storia del “problema” altoatesino. La mediazione raggiunta nel 1972 tra le parti – lo Stato Italiano e i rappresentanti della Minoranza sudtirolese, con l’approvazione del secondo Statuto di Autonomia – è considerato ed è uno dei modelli più avanzati anche a livello internazionale. Quindi potremmo pensare ad un conflitto risolto e superato. Nella realtà, però, le cose non stanno cosí e molto dipende anche dal…tempo. Infatti, uscendo di scena le persone che hanno costruito quella mediazione e con loro, purtroppo, in parte anche la memoria delle motivazioni che ne sono state alla base, riaffiorano ogni giorno le ambiguità e le insoddisfazioni insite in ogni compromesso.
Con tutto quello che sta succedendo intorno a noi, si parla come non mai di Confini, di diritto all’Autodeterminazione, di Sovranità dello Stato, di Europa delle Regioni, di Competenze contese tra Roma e Bolzano. Esattamente, le stesso questioni alla base del conflitto e del compromesso raggiunto. Potremmo dire che non è mai finita e che i rischi di ripresa del conflitto non mancano. L’Autonomia che conosciamo non è scontata e non è per sempre. Il tempo non è la migliore medicina per consolidarla. Il “nuovo” anche in politica, non basta, tanto più se non ha memoria sufficiente e poca propensione ad affrontare le nostre complessità.
L’Autonomia non è “il massimo del minimo” (Arno Kompatscher) e nemmeno “l’Italia confina con la Germania” (Ministro degli Esteri, Luigi di Maio).