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Un rettore italiano dalla Baviera

Intervista a Paolo Lugli, rettore in pectore della Libera Università di Bolzano e preside di ingegneria elettronica a Monaco: "Anche in Italia è possibile fare ricerca".
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Foto: Salto.bz

Salto.bz: Professor Lugli, già lo scorso primo ottobre doveva entrare in carica come nuovo rettore della Libera Università di Bolzano (unibz), ma il passaggio di consegne avverrà a gennaio 2017. Come mai questa scelta?
Paolo Lugli: Sono Dekan, cioè preside, del dipartimento di ingegneria elettronica della Technische Universität di Monaco di Baviera (TUM), quasi grande come tutta l'unibz; sono alla fine del secondo anno di mandato e in teoria avrei dovuto farne un terzo. Già dalla prima audizione dissi che il primo ottobre era una data del tutto illusoria: sta partendo il semestre nel quale tra l'altro sono impegnato in un corso, perciò la prima data possibile sarebbe stata il primo gennaio. In compenso, ho dato la disponibilità a seguire le questioni amministrative, in quanto c'è in preparazione l'accordo triennale con la Provincia, i budget delle facoltà sia per l'anno prossimo che per il triennio, quindi di fatto una volta a settimana mi reco a Bolzano. L'agenda è già piena per questi tre mesi.

Perché ha deciso di candidarsi al ruolo di rettore dell'unibz?
C'è un aneddoto simpatico. Qualche anno fa, parlando con la mia segretaria di allora, avevo detto scherzando: “Quando andrò in pensione – e qui in Germania si va in pensione tipicamente a 65 anni, per quanto ora abbiano aumentato l'età pensionabile a 67 – il posto ideale per me sarebbe Bolzano, all'università”. A maggio la segretaria, nel frattempo trasferitasi altrove, mi ha scritto di aver visto la chiamata per il posto di rettore della Libera Università di Bolzano. Ho cercato e ho guardato, e mi sono detto: “Però, questo sembra interessante”. L'università, devo confessarlo, da anni non era nel mio mirino, ma ho potuto constatare con piacere che rispetto all'ultima volta che mi ero informato erano partiti i corsi della Facoltà di Scienze e Tecnologie, più vicina alle mie competenze, e ho constatato la crescita che l'università ha avuto negli ultimi anni. Cosicché mi sono convinto che dovessi fare domanda, e poi è andata bene. In questo gioca anche il fatto che negli ultimi anni sono stato il preside di una facoltà importante della TUM, con 3500 studenti, 700 dottorandi e 50 professori: anche questo successe in maniera non pianificata o premeditata, mi fu chiesto e io diedi la disponibilità, e mi sono accorto che anche un lavoro, diciamo, molto manageriale in realtà mi piaceva, che questo tipo di attività fosse senz'altro interessante. Non in alternativa alla ricerca, bensì consentendomi di continuare ad avere contatti con i miei dottorandi e i miei assistenti, nonché con i miei studenti. L'unibz è abbastanza piccola nei numeri – per quanto complessa, con 5 facoltà – e abbastanza focalizzata, mi è stato detto che sarebbe auspicabile io possa continuare almeno parte della mia attività di ricerca. Ciò ha aperto le porte dal mio punto di vista.

Solo adesso sto cominciando a toccare direttamente le questioni del bilinguismo e delle minoranze linguistiche, oltre che della politica locale

Lei è perfettamente trilingue, possiede la doppia cittadinanza italiana e tedesca, è nato in Italia e lavora in Germania, quindi vive appieno questi due mondi. Come vede il Sudtirolo in quanto territorio plurilingue e di confine?
Il mio rapporto con il Südtirol (il professore pronuncia il toponimo in tedesco, ndr) è sempre stato professionale o turistico. Nel senso professionale, una decina di anni fa ho avuto un contatto tramite Finmeccanica e NASA con Walter Huber (già dirigente della ripartizione ambiente della Provincia e oggi presidente dell'Istituto per le tecnologie innovative di Bolzano, ndr) che era venuto a trovarmi a Monaco, e tramite lui con la “Leitner”, ovvero con Michael Seeber, per una serie di possibili attività inerenti alla mia ricerca: c'era un importante progetto NASA, cui partecipava anche un ricercatore di Bolzano. I contatti aimé non portarono ad altre iniziative concrete. Ma già allora ero rimasto favorevolmente impressionato. E poi dal punto di vista turistico mi sono recato un paio di volte in Südtirol, ho pure amici a Bolzano. Il territorio lo conosco, la sua bellezza e dinamicità mi erano note. Gli aspetti diciamo più quotidiani, forse, cioè le questioni del bilinguismo e delle minoranze linguistiche, oltre che della politica locale, le sto cominciando a toccare – e apprezzare – direttamente solo adesso, pur cosciente della storia degli ultimi 50 anni del Südtirol grazie ad alcune letture. Però viverlo di persona è diverso che leggerlo sui libri o sugli articoli di giornale.

La stessa università di Bolzano non è statale, bensì istituita dalla Provincia.
Essendo già in contatto con il Trentino – sono membro del comitato di valutazione della ricerca e dell'innovazione della Provincia autonoma di Trento – ho potuto vedere e apprezzare direttamente come l'autonomia della Provincia sia un fattore chiave per il supporto all'innovazione. Questo aspetto lo sto ritrovando a Bolzano, ed è un elemento molto importante per l'Università e gli enti di ricerca. Le università italiane soffrono soprattutto per la mancanza di fondi: dal mio osservatorio di Monaco vedo aimé che negli anni sta crescendo il numero di ragazzi italiani, bravissimi, che vuole uscire per trovare un lavoro, ma soprattutto una prospettiva. Stando a Monaco, ovviamente, mi fa piacere perché riesco ad avere dei dottorandi e degli assistenti bravissimi, però pensando alle prospettive dell'Italia questo è un vero peccato. Una provincia autonoma credo sia in grado di tentare d'invertire la tendenza – pur nella piccola dimensione delle province – e fare delle politiche che riescano a mantenere e offrire prospettive ai giovani, ma anche ad attrarre giovani da fuori.

A Bolzano ci sono molti studenti tedeschi, in effetti...
Il discorso della Germania diventerà – ed è già diventato – molto complicato, e riguarda l'offerta: mi trovo in un'università che è numero dieci in Europa, mentre l'altro ateneo di Monaco (la Ludwig Maximilian) è numero nove o undici, ci scambiamo di posto. Dal punto di vista dell'attrattività abbiamo un'offerta formativa completa ed è difficile competere, però la questione più pesante è che noi bavaresi, ultimi in tutta la Germania, abbiamo abolito le tasse universitarie due anni fa, quindi tale offerta formativa non è solo molto ampia e buona, ma anche gratis. Lo stesso vale per l'Austria. Per un tedesco venire a studiare a Bolzano significa avere delle motivazioni straordinarie, a meno che non si riesca ad attirarli. Una delle informazioni ricevute a Bolzano è che l'università copre il 40% della tassazione degli iscritti, in particolare per gli studenti bisognosi di classi sociali meno abbienti, o i meritevoli. Il problema è che gli studenti tedeschi vengono da famiglie che hanno mediamente un reddito più alto, perché i redditi qui sono ca. 30% più alti, e quindi sono penalizzati quando si tratta di avere sussidi e supporti. Va rivista tale questione, se l'obiettivo è – come credo debba essere – di attirare studenti in lingua tedesca da Svizzera, Austria e Germania.

Paolo Lugli (a sinistra) è nato a Carpi (MO) nel 1956, si è laureato in Fisica all’Università di Modena e poi ha proseguito gli studi con un Master e un dottorato di ricerca in Electrical Engineering negli USA, alla Colorado State University. Successivamente, ha insegnato e fatto ricerca nelle università del Colorado, di Modena e Roma (Tor Vergata), prima di approdare, nel 2002, alla cattedra di Nanoelettronica e alla Facoltà di Elettrotecnica e Tecnologie dell’Informazione della TU di Monaco, di cui è stato titolare fino ad oggi. I suoi interessi di ricerca si concentrano sulla nanoelettronica e sull’elettronica molecolare. Lugli, che ha la doppia cittadinanza italiana e tedesca, parla correntemente italiano, tedesco, inglese e dispone di ottime conoscenze di francese. Al suo attivo, ha oltre 350 pubblicazioni.

Lei tornerà “in patria”, per quanto il contesto dell'ateneo bolzanino sia strutturalmente diverso da quello di un comune ateneo italiano. Lei ha accennato allo stato dell'università e al dato sempre più importante (e allarmante) degli italiani che emigrano in Germania. Qual è il problema della ricerca in Italia?
Posso fare un esempio. Oltre che nel comitato di valutazione della provincia di Trento, sono stato nel comitato di valutazione dell'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) con sede a Genova, feci la valutazione del triennio 2012-2014. IIT è uno degli esempi di come, anche in Italia, si possano fare interventi a livello di ricerca e formazione che sono allo stesso livello dei migliori esempi mondiali, non solo europei. Ora, questo all'IIT è stato possibile perché essendo fondazione ha potuto agire più liberamente nei regolamenti molto più flessibili, e ha potuto offrire stipendi che sono competitivi a livello europeo, ed è così riuscito a far tornare molti italiani che hanno studiato all'estero, dottorandi negli Stati Uniti, rubando anche persone a Stanford e facendo una politica di assunzioni basata completamente sul merito, con comitati internazionali che hanno supervisionato tali assunzioni. Questa è la dimostrazione che anche in Italia è possibile fare ricerca, ma il settore pubblico, ovvero l'università e i centri di ricerca hanno dei vincoli a livello di stipendio che penalizzano rispetto ad altri istituzioni europee. E molte volte ci sono procedure estremamente complicate, anche se rispetto a vent'anni fa quando mi trovavo a Roma Tor Vergata molte cose sono migliorate, c'è l'abilitazione e un controllo di merito più attento rispetto al passato. Credo ci sia ancora molto da fare. Altro vantaggio di Bolzano è che per statuto l'università può assumere per chiamata diretta persone da fuori, difatti è stato usato questo strumento e la qualità del corpo docente dell'unibz è estremamente elevata.

Oltre a essere il primo rettore di lingua italiana originario dell'Italia, è il primo appartenente all'area di ricerca tecnico-scientifica. Come proseguirà la sua attività di ricercatore?
I miei attuali interessi di ricerca sono nella nanoelettronica, nanotecnologia, elettronica stampata e sensoristica. La mia attività di ricerca prevista all'unibz starà nel collegare l’attività di sensoristica alle ricerche già in corso nel campo dell’agricoltura intelligente, dell’automazione, del monitoraggio dell’ambiente e del territorio. Sensori di nuova generazione verranno realizzati con tecniche di stampa che consentono da un lato l’utilizzo di substrati non convenzionali per l’elettronica (quali vetro, plastica o carta) e dall’altro un basso costo di produzione. Inoltre, intendo intensificare gli studi sui materiali e componenti innovativi che possano essere utilizzati nei processi alimentari – dalla fase di maturazione in campo o serra fino alla distribuzione – così come in quelli industriali, per esempio nuovi componenti meccanici o trattamenti superficiali.

E gli obiettivi come rettore?
La mia intenzione è di consolidare le facoltà: l'unibz è cresciuta molto negli ultimi anni sotto l'attenta e lungimirante guida del presidente Bergmeister, del rettore Lorenz e del direttore generale Mathà. Occorre rafforzare l’organico delle facoltà, aumentare la loro attrattività, migliorare la loro collocazione internazionale e incrementare la percentuali di finanziamenti esterni. Inoltre, è necessario rafforzare l’interdisciplinarità nella didattica e nella ricerca: le varie facoltà devono trovare nuovi modi di lavorare assieme, usufruendo dei singoli punti di forza, nonché migliorare le politiche e attività di trasferimento tecnologico. La Libera Università di Bolzano deve darsi strumenti che valorizzino le ricadute della ricerca sul territorio, in stretto contatto con la Provincia, i centri di ricerca (come Eurac e Laimburg) e ovviamente con le industrie e associazioni locali.