Cinema | SALTO Weekend

L’horror di cui parlano tutti

Un gruppo di adolescenti cazzeggia con una mano mummificata che consente di parlare coi morti. Cosa mai potrà andare storto? “Talk to Me” vi aspetta in sala.
Talk to Me
Foto: Screenshot
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    In questi giorni al cinema (anche a Bolzano) trovate quello che, per il successo travolgente che sta avendo, noi boomer definiremmo pigramente “l’horror del momento”. Si chiama Talk to Me ed è l’opera prima dei registi, sceneggiatori e Youtuber australiani Danny e Michael Philippou distribuita dalla prolifica A24.

     

    Cos’è 

    Un gruppo di adolescenti annoiati scopre di poter evocare gli spiriti dei defunti tramite un’antica mano imbalsamata: dopo averla stretta si pronuncia una frase entrando così in contatto con i morti, ma bisogna assicurarsi di fermarsi dopo 90 secondi per non rischiare che la possessione diventi permanente. Tutti si appassionano al rituale - da riprendere puntualmente con lo smartphone per la pesca dei like - e vogliono sperimentarne l’ebbrezza. 

    Mia (Sophie Wilde, una forza della natura), in occasione dell’anniversario della morte prematura della madre, decide di voler partecipare con la sua migliore amica Jade (Alexandra Jensen) e il fratello minore di lei, Riley (Joe Bird), a una di queste sedute ma la situazione va fuori controllo. Si aprono le porte al mondo degli spiriti e Mia inizia a essere perseguitata da visioni terrificanti, ritrovandosi coinvolta in una possessione per aver abusato troppo a lungo del contatto con la macabra reliquia.
     

  • (c) A24

  • Com’è

    Talk to Me è un cupo e ben realizzato racconto di spiriti maligni che ruota attorno al concetto centrale della possessione demoniaca usata dai teenager come passatempo, evento virale e soprattutto per sballarsi. Il brivido delle sessioni diventa una dipendenza: evocare i demoni è come drogarsi, un’esperienza da condividere in gruppo, eccitante perché trasgressiva. Un modo per sentirsi vivi nello scollamento gentilmente offerto dall’era digitale, con il relativo bagaglio adolescenziale di pulsioni sessuali, solitudine e desiderio di integrarsi.

    La prima parte del film, che poggia sul filone di metafore teen e dinamiche adolescenziali fatte di ex, feste e pressioni da parte dei coetanei funziona bene anche perché l’attrattiva principale di Talk to Me deriva proprio dall’orrore che scaturisce dalla sua premessa (grazie anche al pazzesco sound design di Emma Bortignon). La seconda metà della pellicola paga invece la scelta di essere l’ennesimo recente horror costruito sul trauma della perdita, con un ultimo atto in cui la sua energia febbrile diventa un po’ troppo confusa e le regole dell’infestazione sempre più difficili da seguire.

    Il film non si spinge, in sostanza, molto oltre l’idea di partenza, per quanto brillante questa sia. Ma ha alcune trovate davvero efficaci per i suoi momenti horror e i registi sanno come dosare i tempi degli spaventi gestendo il tono con maturità. My two cents? Talk to Me è il biglietto da visita di due filmmaker da tenere d’occhio. Se vi piace il genere un giro se lo merita.