Arno al bivio
Kompatscher riduce il dibattito all’esigenza del quotidiano acquisito dal gruppo Athesia di rivendicare la sua autonomia e la sua “italianità”. Usando lo stesso metro di misura sarebbe facile dire che il sostegno della Svp alla campagna della destra tedesca sulla toponomastica, la chiave scatenante, anche se non unica della frustrazione di una parte preponderante del mondo italiano, è dettata dalla necessità politica di non fare scavalcare il partito di raccolta a destra perdendo alle prossime elezioni parti consistenti di elettorato. Il problema è purtroppo più complesso e riguarda qualcosa che Kompatscher si guarda bene di affrontare ovvero il tema del futuro di questa terra e della strategia da seguire per lasciare alle spalle un secolo di conflitti e tensioni.
La toponomastica è stata una delle questioni che hanno fomentato il riaccendersi del dibattito sul disagio e lo stato di salute del gruppo italiano. Fa sorridere che chi ha partecipato attivamente alla riemersione del tema adesso si stupisca sul senso di smarrimento provocato su una comunità che già è minoritaria in termini di demografici sociali e economici sul territorio provinciale.
Forse vale la pena risalire alla storia recente del tema. Una decina di anni fa un gruppo animato dallo psichiatra Bruno Frick aveva rilanciato il tema dei toponimi. Frick rivendicava il diritto a fare tornare indietro le lancette della storia da parte della minoranza tedesca propungando non solo l’eliminazione dei nomi di Tolomei ma anche anche un ridimensionamento del gruppo italiano alla percentuale di italofono presenti in provincia di Bolzano nel 1918 (circa il 5%). Il governatore Durnwalder si era premurato di sostenere la causa in via sia indiretta che diretta attraverso il rapporto con i ministri romani (Fitto prima e Delrio dopo) e soprattutto evitando di intervenire per rimuovere i cartelli monolingui comparsi in aperta violazione dello statuto di autonomia. La battaglia sui nomi è diventata cavallo di battaglia dell’ultima legislatura, l’unico invero, mancando completamente di competenza politica aggiuntiva, da parte dei partiti dell’estrema destra tedesca che rivendicano una vicinanza culturale con l’estremismo in odore di simpatie naziste dei Freiheitlichen di oltrealpe.
Tra le prime apprezzate dichiarazioni successive al suo insediamento il governatore Kompatscher aveva espresso la volontà di lasciarsi per sempre alle spalle le diatribe etniche. La Svp è purtroppo un partito in aperta crisi di visione. Al suo interno si trovano figure che esprimono le istanze della destra dell’assessore Stocker già vicepresidente del Fuen, fino alla posizioni più dialoganti e pragmatiche dell’ala economica. Stretto tra i diversi gruppi di pressione e osteggiato in modo più o meno aperto dai fratelli Ebner e dal loro gigantesco conflitto di interesse Kompatscher non è riuscito purtroppo a smarcarsi. La prospettiva di una presidenza Hofer in Austria deve avere portato ulteriormente a pensare di fronteggiare le spinte revansciste e secessioniste provenienti dal mondo delle valli e della periferia e così si è arrivati a un sostegno aperto al progetto di eliminazione della toponomastica italiana che paradossalmente prima ancora di essere oggetto di discussione è stata politica già messa in atto nei fatti sulle montagne e nelle periferie. Sentire il governatore parlare del riemergere della questione del disagio degli italiani come di un rigurgito neonazionalista in questo quadro produce prima ancora che sconcerto un senso di malessere profondo. E’ questa la guida e il traino per portare la provincia di Bolzano fuori dalle secche del conflitto etnico? Non si riesce a vedere che fino a che non sarà definitivamente superato con pari beneficio tra le comunità linguistiche che abitano il territorio il fuoco del nazionalismo continuerà a rappresentare la Spada di Damocle che rischia di affossare i risultati raggiunti in questi ultimi quaranta anni?
Disconoscere il valore identitario della lingua come segnale di identificazione con il territorio è un’operazione che non ha alcuna legittimazione storica. La storia è un processo dinamico e oggi sono più gruppi linguistici a abitare il territorio della provincia di Bolzano. Per chi è cresciuto identificando i nomi di cime valli e luoghi nella propria lingua madre vedere l’opera di pulizia attuata in nome del principio di giustizia storica prima ancora che un enorme crimine culturale, è un’umiliazione che fa molto male.
Ne vale davvero la pena? Si può sacrificare il senso di identità e le aspettative di un intero gruppo linguistico per soddisfare le richieste di politici che perseguono il consenso parlando alla pancia degli elettori? Si può avere come riferimenti di un dialogo politico persone come Kollman o Knoll, sperando di non andare incontro all’esplodere di nuove forme di conflittualità che metteranno a rischio il benessere raggiunto da parte di tutti?
Perché in fondo l’autonomia della provincia di Bolzano è legittimata esclusivamente dalla capacità come istituzione e patto sociale che ha avuto in questi anni di evitare un conflitto accesso. Senza questa garanzia l’autonomia resta solo un privilegio che i rapporti di forza tra le nazioni e i gruppi possono ribaltare. E in una società globalizzata e attraversata da cambiamenti epocali è assai probabile che pochi si accorgerebbero dell’accaduto.
Se Kompatscher vuole non essere un prigioniero di logiche di consenso di breve periodo ma uno statista che segna la storia di questa terra farebbe bene a guardare il film Invictus che parla della figura di Nelson Mandela. Quando Mandela fu nominato presidente del Sudafrica dopo ventiquattro anni di prigionia aveva molte buone ragioni per vendicarsi dei suoi avversari. Ma Mandela era una persona intelligente che vedeva lungo. Quando il suo partito votò per cambiare il nome Springboks alla squadra nazionale di rugby il Sudafrica era uscito da un periodo difficilissimo con un sistema legislativo che aveva oppresso e segregato la maggioranza nera. Il sistema del cosiddetto apartheid era durato 42 anni molto è più del ventennio fascista di Mussolini lasciando dietro di sé una tensione sociale e politica altissima. I quattro quinti della popolazione del paese erano neri, mentre la squadra nazionale di rugby orgoglio del paese era composta quasi esclusivamente da afrikaner bianchi e era sostenuta da tifosi che non lesinavano di esporre striscioni razzisti nei confronti dei neri.
Il partito di Mandela aveva ottime ragioni per chiedere il cambio del nome della squadra di rugby ma Mandela si oppose. Quello che Mandela aveva capito era che una nazione spaccata dal conflitto si ricostruisce solo insieme e non con prevaricazioni di un gruppo sull’altro. I simboli sono importanti e non si depotenziano facendoli sparire ma attribuendo a essi un nuovo significato. Mandela così chiese di organizzare i campionati del mondo di rugby in Sudafrica e chiese al capitano della squadra di vincere il torneo a nome di tutti i sudafricani uniti. Quando il Sudafrica vinse la finale con gli All Blacks neozelandesi Mandela si presentò in campo con il berretto degli Springboks e il pugno chiuso che simboleggiava la lotta all’apartheid in nome della nuova unità nazionale post apartheid. Il futuro era il suo orizzonte e non un passato torvo e pieno di ingiustizie.
I revanscisti a la Kollmann non hanno orizzonti. Il loro sguardo è ricurvo sul passato e si portano dietro con esso astio e istanze di vendetta che non appartengono a una visione moderna e accettabile di democrazia. Sarebbe bello che Kompatscher prendesse in mano le redini del suo partito e lo portasse oltre la palude delle contrapposizioni etniche. Sostenere che l’eliminazione dei toponimi italiani è un atto di giustizia storica purtroppo è un’ affermazione priva di contenuto sia politico che culturale. L’idea destinata a passare sarebbe quella che è la rivalsa a guidare l’azione dei partiti tedeschi e che gli italiani sarebbero destinati a fare la fine prima o poi dei loro nomi.
Il cordiale e educato Arno Kompatscher è arrivato a un bivio. Trattare le tematiche del disagio come materia di propaganda non gli fa onore. E soprattutto si può fortemente dubita che ciò gli potrà portare fortuna elettorale. Ma Kompatscher non è il vecchio Luis Durnwalder. Forse quello che gli serve è solo un po’ più di coraggio per comprendere che, dopo i conflitti, l’unica strada per andare avanti è che vinti e vincitori si diano la mano.
Caro Prof. Fazzi, già la vedo
Caro Prof. Fazzi, già la vedo impallinato per aver osato proporre un'analogia fra Sud-tirolo e Sud-africa ! (anche se lo fa non nei termini usuali)
Ad ogni buon conto complimenti, ottimo contributo.
Condivido tutto, Luca. Anche
Condivido tutto, Luca. Anche la misura e la passione malcelata. Bravo. Aggiungo solo che AK non mi pare affatto uno statista. Resta immobile come tutto nelle amministrazioni pubbliche di Bolzano, specie in Provincia. Nessuno osa fare più nulla, tutti spaventati anche di spostare un foglio sul tavolo. AK è il terminale, lui si limita ad eseguire. Rivolgersi a lui è sbagliare bersaglio.
Una visione piuttosto
Una visione piuttosto unilaterale in netto contrasto con la sostanza improntata sul dialogo e l'apertura verso l'altro dell'articolo.
Di paragoni verso l'estero ne possono essere fatti a bizzeffe per le posizioni più contrastanti. Se dal Sud Africa ci spostiamo all'Australia osserviamo come ci sono voluti secoli per ridare il nome originario all'Uluru. Ma si può anche rimanere a casa nostra, dove a Merano è stato cambiato il nome ad una scuola senza troppe discussioni per ovvie ragioni di giustizia storico-culturale https://www.salto.bz/de/article/24122015/von-wenter-zu-wolf
Alla fine della fiera non si può che concordare con Kompatscher: il problema del gruppo etnico italiano in Alto Adige è semplicemente quello di non avere figure politiche di rilievo che si prestino ad essere espressione del gruppo etnico italiano-altoatesino (e qui sta il punto!) in quanto tale.
In reply to Una visione piuttosto by Mensch Ärgerdi…
E comunque direi che se è
E comunque direi che se è vero che nel gruppo italiano non sono presenti statisti di rilievo assoluto è altrettanto vero che quello tedesco soffre dei medesimi se non addirittura più seri problemi. Altrimenti non si spiegherebbe il dilagare della destra neo-nazista e xenofoba in una terra come la nostra che in termini assoluti è il paese del bengodi. In una terra dove il benessere economico è diffuso, appena sfiorata dalla crisi che ha azzoppato mezzo mondo, riuscire a far dilagare le destre mi pare davvero impresa degna di nota (di demerito)
In reply to Una visione piuttosto by Mensch Ärgerdi…
Passi pure il concetto che il
Passi pure il concetto che il gruppo italiano non abbia personalità di spicco sul quale contare; ma se un gruppo opprime l'altro, caro non ti arrabbiare, il problema non è che l'oppresso non si difende a sufficienza: il problema è che l'oppressore si permette di opprimere!
Il giorno in cui una personalità veramente forte tornerà ad interessarsi delle sorti del gruppo italiano potrà essere un giorno felice per quest'ultimi, ma difficilmente lo sarà per le sorti di questa terra e delle genti tutte che la abitano.
A forza di tirare la corda il rischio che ad emergere sarà un leader populista è enorme. E cosa può succedere quando a guidare un popolo umiliato è un leader populista? nulla di buono, temo.
In reply to Passi pure il concetto che il by utente cancellato
Il problema sta nel vedere l
Il problema sta nel vedere l'eliminazione meramente formale-amministrativa di nomi fascisti, non italiani ma fascisti, un atto di oppressione di un gruppo etnico verso l'altro. Nessuno vuole abolire i nomi italiani con una radice storico culturale pulita, ma solo gli obbrobri. Capisco benissimo che molti siano cresciuti con questi nomi senza sapere la loro origine o senza volerli usare in tale accezione, ciò non toglie che sono quel che sono e che queste schifezze vanno eliminate. L'esempio della scuola Wenter mi sembra lampante a riguardo. E come già detto altrove lo stesso vale anche per nomi tedeschi nelle valle ladine, quindi di oppressivo non c'è nulla.
Si tratta di una questione normalissima in mezzo mondo, ma dato che a sollevarla da noi non è come altrove la sinistra politically correct, ma la destra patriottica, se ne fa una questione di revanscismo, di oppressione di un gruppo etnico verso l'altro ecc...
In reply to Il problema sta nel vedere l by Mensch Ärgerdi…
E bravo, quindi TU decidi
E bravo, quindi TU decidi quale nome è pulito e quale no...
In reply to E bravo, quindi TU decidi by Dai retta a un…
No decide la scienza, gli
No decide la scienza, gli storici, va bene?
In reply to Il problema sta nel vedere l by Mensch Ärgerdi…
Non sono d'accordo. Wenter è
Non sono d'accordo. Wenter è il nome proprio di una persona con una storia ben precisa alle spalle. Renon è il nome di un semplice luogo (uno qualunque), di uso comune. Un nome che per quel che mi riguarda può essersi inventato anche Attila il terribile ma che sin dai tempi dei miei nonni chiamiamo così e che a sentirlo pronunciare non causa in me alcun sentimento di orrore a pensare alle malefatte compiute da Attila il terribile, ormai morto e sepolto, bensì mi rievoca i giorni felici in cui andavo a passeggiarci con la famiglia. Se dall'oggi al domani mi dite che non posso più chiamarlo Renon ma Ritten e mi eliminate di conseguenza la relativa cartellonistica in quanto di derivazione "attilistica" (!) ci rimango male; talmente male che non appena avrò un leader carismatico dietro al quale proteggermi, mi armerò di mazza, salirò al Renon, e prenderò uno ad uno a mazzate i cartelli in legno riportanti la tanto offensiva dicitura monolingue.
Al che tu mi dirai che sono "attilista". Io ti dirò che non è vero. Tu controbatterai che allora non avrei dovuto abbattere il cartello. Io ti racconterò la storia delle passeggiate felici con i miei nonni sul Ritten. Tu dirai che son tutte balle, che è solo un nome, che ai miei nonni del nome del luogo non interessava nulla. Io da bravo latino prenderò questa tua ultima uscita come un insulto ai miei defunti nonni e reagirò tirandoti la mazza di cui sopra in testa.
Nulla di nuovo sotto il sole insomma. E' la storia dell'uomo che si ripete ancora una volta. Siccome però sappiamo che andrà a finire così, perchè quel dannato cartello non me lo lasciate così com'è e vi accontentate di governare questa terra in pace?
PS. io il Renon lo chiamo già Ritten. I miei nonni pure e Attila, a leggere i libri di storia, mi sta antipatico.
In reply to Non sono d'accordo. Wenter è by utente cancellato
Certo con un modo di pensare
Certo con un modo di pensare così limitato, la soluzione e l'esito della vicenda non può essere altro. Ma per fortuna la maggior parte di noi si è evoluta anche nel modo di pensare, perché in fondo tutto il tuo ragionamento basa su un sentimento di pancia mentre da un punto di vista logico non c'è nulla da ridere sull'abolizione (e non il divieto d'uso) di nomi fascisti. In un'ottica etica, intesa come sintesi di pathos e logos, la soluzione di togliere solo i nomi fascisti (e tra l'altro solo in parte perchè i nomi di comuni e frazioni rimangano) e non tutti quelli italiani, come anche quelli tedeschi inventati di sana pianta dalle valli ladine è di certo la soluzione migliore. Aveva ed ha pienamente ragione il buon Durnwalder quando anni fa disse "se ci sono lamentele sia dalla destra italiana che da quella tedesca, vuol dire che probabilmente abbiamo fatto bene".
In reply to Non sono d'accordo. Wenter è by utente cancellato
Vale la pena ricordare (anche
Vale la pena ricordare (anche se Urzì o l'Alto Adige o purtroppo Luca Fazzi vi vogliono far credere altre cose), che nomi come "Renon" non sono minimamente in pericolo di abolizione... Il disegno di legge fimato SVP-PD prevede, come detto, che sull'esistenza o non-esistenza di ogni singolo toponimo italiano decide una commissione di ben tre linguisti italiani. Certo, per qualche ruscello in Val Martello o alcuni prati in Val Aurina si farà fatica a dimostrare l'uso del toponimo tolomeiano...
Bravo, proporrei di tornare
Bravo, proporrei di tornare ai nomi latini o celtici...
In reply to Bravo, proporrei di tornare by Dai retta a un…
Ma quelli non li usa più
Ma quelli non li usa più nessuno, eccetto forse qualche maldestro seguace di Tolomei.
In reply to Ma quelli non li usa più by Mensch Ärgerdi…
Giusto, allora facciamo pure
Giusto, allora facciamo pure sparire quelli italiani, tanto non li usa nessuno...
In reply to Giusto, allora facciamo pure by Dai retta a un…
No, solo quelli storicamente
No, solo quelli storicamente scorretti imposti dai fascisti come anche quelli ugualmente scorretti tedeschi (fascisti, nazisti e non) nelle valli ladine. Sarebbe cosa buona e giusta.
"Per chi è cresciuto
"Per chi è cresciuto identificando i nomi di cime valli e luoghi nella propria lingua madre vedere l’opera di pulizia attuata in nome del principio di giustizia storica prima ancora che un enorme crimine culturale, è un’umiliazione che fa molto male. "
Caro Fazzi, il disegno di legge attualmente in stato di applicazione (o bocciatura?) prevede che sull'esistenza o non-esistenza di ogni singolo toponimo italiano decide una commissione di ben tre linguisti italiani (nel senso di: italofoni)... Le fantasie di Knoll o Kollmann sul che fare coi toponimi italiani sono ben diverse...
L'analogia più azzeccata arriva da Menschärgerdichnicht. Uluru/Ayers Rock è davvero un bel esempio, si potteva anche menzionare il caso Mount McKinley/Denali. A volte una communità ha bisogna di tempo.
In reply to "Per chi è cresciuto by Albert Hofer
Le analogie di
Le analogie di Menschärgerdichnicht sono azzeccate. Peccato che come denominatore comune abbiamo il fatto che le popolazioni che dettero i nomi originali a quei luoghi nel frattempo sono state sterminate/soggiogate e che Australia e Alaska (mi pare si trovi li il McKinley/Denali), territori non esattamente a maggioranza aborigena/inuit abbiano fatto il bel gesto quale contentino riparatore per aver usurpato e più o meno indirettamente sterminato le popolazioni originarie del luogo.
E' esattamente ciò che, per qualche decennio, è sembrato potesse accadare anche nella nostra terra. Grazie a Dio (o a chi per esso) non è accaduto e oggi siamo qui, noi tutti, a poterlo testimoniare. Da noi addirittura è successo che alla minoranza oppressa e a rischio di essere più o meno indirettamente eliminata è stata data la possibilità di tornare a governarsi. Inuit e aborigeni centrano con i sudtirolesi come i cavoli a merenda.
In reply to Le analogie di by utente cancellato
Che bello. Alla minoranza "è
Che bello. Alla minoranza "è stata data addirittura la possibilità di governasi". Mi potrebbe indicare chi
dobbiamo ringraziare per questa magnanima concessione ? Tutte le minoranze c'entrano con noi.
Quelle sterminate da barbari colonizzatori, quelle costrette a fuggire dalla loro terra, e quelle dove una
dittatura ha estirpato nomi e cognomi degli "alloglotti" ed i loro toponimi. Per ciò in molte parti del mondo anche dove non ci sono minoranze si si è riparato alla violenza dell' invasore, riportando i toponimi alla loro origine. Vedi per esempio la Cina (Canton-Guangzhou) India (Bombay-Mumbai) ecc,
Mi spiega perchè in Piemonte e nella Valle d' Aosta, tutti in toponimi italianizzati dai fascisti nel 1947 vennero riportati alla loro originaria denominzione franco-provenzale ecc., mentre farlo in Sudtirolo è sempre stato osteggiato da una classe italiana che sembra prigioniera del loro passato familiare di aderenti e simpatizzatori del PNF ?
In reply to Le analogie di by utente cancellato
Dunque seguendo questo
Dunque seguendo questo ragionamento, i nomi fascisti andrebbero eliminati, o sarebbero stati da eliminare solo nel momento in cui la popolazione tedesca sarebbe sparita o sparirebbe per mano di chi li ha imposti?
Per carità non credo proprio che sia questo ciò che si voglia dire, ma di fatto è ciò che si legge. Altro che cavoli a merenda, questi sono cavoli amari!
In reply to Dunque seguendo questo by Mensch Ärgerdi…
rispondo a entrambi; il punto
certo che no! rispondendo a entrambi: il punto è che in Piemonte e Valle d'Aosta si parla rispettivamente esclusivamente e quasi esclusivamente l'italiano. Dunque sono persone di lingua italiana che decidono di ripristinare i nomi storici dei luoghi in lingua "straniera". Così come fatto in Australia, in Alaska, alle Hawaii etc. etc.
Qui da noi la storia è diversa perchè non la stanno scrivendo i "vincitori" (usurpatori, immigrati, coloni, chiamateli come vi pare). La storia continuano a scriverla coloro che questa terra la abitavano sin dall'origine. Mi seguite?
Qui non c'è alcun italiano, australiano o hawaiano che ripristina i nomi delle popolazioni originarie del luogo! Qui c'è un sudtirolese, che non è estinto bensì ancora padrone in casa propria, che cancella i nomi dei nuovi arrivati!
Cavoli a merenda!
Certo, mi direte, gli odiati nomi vanno eliminati perchè introdotti da coloro, i fascisti, che tanto apertamente hanno tentato di fare in alto adige quanto fatto in Australia, in Alaska e in altri centomila posti sul pianeta. Ci fossero riusciti, oggi saremmo qui a discutere non tanto di cancellare i nomi italiani, quanto piuttosto di ripristinare i nomi tedeschi!
Che, coerentemente con quanto da me scritto sino ad ora, farebbe schifo uguale!
Perchè cancellare i nomi italiani non è altro che fomentare una politica dell'occhio per occhio dente per dente, un torto, così come ripristinare il nome originario in Australia non è altro che un gesto riparatore di un torto già perpetrato nel passato.
Chiudo lasciandovi con una riflessione. Voi probabilmente avete ragione. Cambiare quella manciata di toponimi veramente in ballo non è in se nulla di trascendentale fintanto che discutete tra persone che tirano in ballo pathos e logos (cit. Menschärgerdichnicht). Dubito che lei mi prenderà mai a mazzate in testa caro Menschärgerdichnicht. Come le assicuro che non lo farò io. Discorsi da salotto a parte però, negli Stati Uniti governerà un personaggio come Trump, che, nel migliore dei casi, sentendosi tirare in ballo pathos e logos penserà a due località balneari greche. E' lui ad essere stato democraticamente eletto. L'Italia era, fino a pochi anni fa, nella stessa identica situazione. Questi sono i rappresentanti che la maggioranza della nostra società elegge. Ed io, sinceramente, ad una maggioranza che va in vacanza a pathos farei di tutto pur di non mettere una mazza in mano.
In reply to rispondo a entrambi; il punto by utente cancellato
Già in passato la parte più o
Già in passato la parte più o meno colta della società si è voltata dall'altra parte quando il populismo dilagava con i risultati agli occhi di tutti. Speriamo bene di non ripetere di nuovo questo errore, non qui in Europa, non oggi quando siamo consci di cosa può accadere. Mai più.
Lei, Signor Prevedello, si ostina a glissare sul punto fondante della questione, permanendo ostinatamente sull'equivoco di base d'un lato e generalizzando come se si trattasse di abolire un intera lingua dall'altro. Non si tratta di togliere nomi italiani, ma di togliere nomi fascisti. È così difficile da riconoscere?
O siamo tutti d'accordo nel condannare questa ideologia e i suoi frutti, oppure facciamo finta di nulla. Io sono del parere che la seconda ipotesi sia fermamente da rigettare.
Di nomi italiani, come anche di cittadini di lingua italiana, in Alto Adige ce ne sono stati moltissimi ben prima del fascismo, e nessuno vuole togliere quest'ultimi o negare che siano esistiti come parte di questa terra. Allo stesso modo si vogliono togliere nomi tedeschi della stessa natura, semplicemente perché in entrambi casi si tratta di ingiustizie storiche che non costa nulla togliere. Anzi, sarebbe doveroso togliere.
In reply to Già in passato la parte più o by Mensch Ärgerdi…
Ripeto, con- di-vi-do. Ma il
Ripeto, con- di-vi-do. Ma il bel e buon discorso che mi fa Lei, che non si firma, resta purtroppo un discorso da salotto. Perchè la realtà è questa:
http://altoadige.gelocal.it/polopoly_fs/1.14194623.1475481938!/httpImag… questa: http://i.res.24o.it/images2010/SoleOnLine5/_Immagini/Notizie/Italia/201… o questa: http://radionbc.it/wp-content/uploads/2016/05/cartelli-Tirolo.jpg
e con questa realtà non mi può venire a dire che la popolazione può accettare la cancellazione del toponimo fascista di un rio vattelapesca in alta val martello. Perchè caldaro non è in val martello, e quel cartello a caldaro è già li. A casa mia, si chiama presa per i fondelli. La politica che tanto spinge su questo provvedimento per essere credibile dovrebbe agire al fine di arginare il fenomeno della indiscriminata cartellonistica monolingue. Allora si che sarebbe credibile. Così invece, ripeto, sa di presa per i fondelli!
Cordiali saluti e alla prossima
In reply to Ripeto, con- di-vi-do. Ma il by utente cancellato
Caro signor Prevedello, gli
Caro signor Prevedello, gli unici nomi ufficiali al momento sono quelli dei decreti del 1923, 1940 e 1942... I toponimi tedeschi sono giuridicamente più o meno inesistenti. Se la politica spingesse manu militari ad una cartellonistica fondata sullo stato giuridico dei nomi, anche quel risultato sarebbe monolingue...
Ormai si cerca da tantissimi anni una soluzione legislativa, combattuta da entrambe le destre. Per Knoll & Co. sarebbe uno stupro culturale accettare pur un singolo nome inventato da Tolomei. Per Urzì & Co. sarebbe un olocausto linguistico, se si perdesse il nome "italiano" di un ruscello in Val Martello...
Da questo punto di partenza il disegno di legge SVP-PD (ogni gruppo linguistico decide da solo tramite una commissione di esperti) mi sembra un buon compromesso.
A cosa serve la segnaletica
A cosa serve la segnaletica verticale in montagna: indica la località di destinazione, il numero del sentiero e il tempo di percorrenza, spesso pure la scala di difficoltà, per non perdersi ci sono inoltre picchetti di segnavia oppure ometti di pietre.
Per esperienza girando da una vita per i sentieri dell’arco alpino mi sento di considerare la nostra segnaletica tra le migliori, neppure nella vicina Austria si è viziati a tal punto da non doversi servire della cartina o del GPS.
I sentieri sono per la maggior parte curati dalle sezioni locali del AVS, del CAI, dagli addetti dei parchi naturali e dalle associazioni turistiche. Molto volontariato sta alla base di tale risultato, è merito loro che i sentieri vengano resi ogni anno sicuri e percorribili. (Non saranno certo gli attivisti bolzanini della destra a curare regolarmente i sentieri in alta val Aurina, quando non sanno neppure dove si trovano ?).
Per chi si rifiuta di seguire l’ottima segnaletica è possibile scaricare da un infinita di siti i file GPX.
Dove sta il problema, oramai anche dalle cartine della Tabacco e della Kompass sono scomparsi quei toponimi del Tolomei che non sono diventati comuni, per chi rimpiange l’italianità si procuri le vecchie tavole dell’IGM per perdersi sicuramente.
Cari bolzanini lasciate in pace i molti sudtirolesi di madrelingua italiana che vivono pacificamente nelle valli e che non avallano tale comportamento. Si cerchi un compromesso, una via pragmatica per risolvere questo tema, ma non una chiusura a priori.
In reply to A cosa serve la segnaletica by Alessandro Stenico
Grazie Sandro, questa dose di
Grazie Sandro, questa dose di buonaenso ci voleva…
In reply to A cosa serve la segnaletica by Alessandro Stenico
Dunque seguendo questo
Dunque seguendo questo principio il volontario in Valle Aurina può omettere il toponimo italiano (e magari quello bolzanino al Colle può omettere quello tedesco...)
Uno strano concetto di rispetto reciproco
«Le analogie di
«Le analogie di Menschärgerdichnicht sono azzeccate. Peccato che come denominatore comune abbiamo il fatto che le popolazioni che dettero i nomi originali a quei luoghi nel frattempo sono state sterminate/soggiogate e che Australia e Alaska (mi pare si trovi li il McKinley/Denali), territori non esattamente a maggioranza aborigena/inuit abbiano fatto il bel gesto quale contentino riparatore per aver usurpato e più o meno indirettamente sterminato le popolazioni originarie del luogo.» Allora forse può andar bene l'esempio del Sudafrica.
In realtà oltre agli
In realtà oltre agli aborigeni sono stati citati anche i sudafricani… ma potremmo parlare anche di Catalogna e Galizia. Inoltre, per chi vive sulla luna, va detto che il quotidiano Alto Adige, il CAI (cit. «non possiamo chiedere di pronunciare un nome tedesco») e molti altri (Urzì imprimis) parlano eccome del mantenimento dei microtoponimi e anzi rifiutano la distinzione fra macro e micro (malghe, prati e quant'altro), il che — come scrive Sandro — è chiusura a priori, rigidità e (aggiungo io) arretratezza culturale. Qui si parla di rifascistizzazione o ritolomeizzazione; ma penso che nemmeno STF sia contraria alla traduzione di «fermata», «ruscello» e «funivia».
Non è nello mio stile creare
Non è nello mio stile creare barriere tra le persone, semmai le ho sempre ripudiate, vivendo in una famiglia di diversa estrazione linguistica ed avendo tra gli amici e famigliari acquisiti rappresentanti di più continenti.
E’ un dato di fatto per esperienza vissuta, che gli immigrati provenienti dal resto d’Italia che fissano la propria dimora fuori dai grossi centri abitati di valle, tendono ad integrarsi molto prima e la loro prole non ha tutte quelle difficoltà identitarie e linguistiche. Così è stato per i miei figli e per molti altri nella loro situazione. Essi partecipano alla vita associativa di paese, nelle società sportive, tra i pompieri o le bande musicali.
Nel mio post precedente non ho mai detto che i bolzanini non conoscono per esempio la valle Aurina e le sue montagne, ma ho detto chiaramente che i rappresentanti delle destre bolzanine che vogliono mantenere la toponomastica del Tolomei non mi davano l’impressione di conoscere quei luoghi e di non essere dediti all’escursionistico su quei sentieri.
Non ho mai scritto che chi abita fuori dai centri abitati è esperto di montagna e gli altri no, ma è una dato di fatto che se un immigrato da Verona si trasferisce a Predoi, oppure a Ridanna o a Scaleres ha un’altra percezione e attenzione per i luoghi e per la popolazione in cui abita, rispetto a quello che vive in via Resia o in Viale Europa a Bolzano.
Molti di quelli che vivono nei quartieri bolzanini di Oltreisarco o di via Resia, hanno ancora oggi grosse difficoltà identitarie, comprensibili senza offesa. Non parlo per astrazione, a Bolzano sono andato a scuola e ci ho lavorato per un biennio e i miei cugini di quei quartieri non spiccicano una parola di tedesco e vivono come in un enclave.
Non so cosa cercherà ora Luca Fazzi per offendermi, io non l’ho frainteso, rispetto il suo punto di vista senza condividerlo. Almeno ora ha ammesso di tollerare la micro toponomastica tedesca.
In reply to Non è nello mio stile creare by Alessandro Stenico
Se uno viene da Verona e si
Se uno viene da Verona e si trasferisce in Val Ridanna è persona che viene da fuori e ha necessità di integrarsi. Se uno è nato qui, sebbene di lingua italiana, non deve in nessun caso sentirsi nella necessità di integrarsi perchè questa è anche casa e questa casa deve accoglierlo e ripettarlo alla pari del madrelingua tedesca.
La politica attuale portata avanti non solo dalle destre tedesche ma dalla SVP stessa è volta invece a far passare il principio che l'italiano qui, anche se presente da generazioni, è ospite, magari anche un pochino sgradito perchè frutto del "fascismo" al pari dei toponimi (parafrasando Pervasion il voler mantenere gli italiani come parte di questa terra è sbagliato perchè si tratterebbe di "rifascistizzazione"...)
In reply to Se uno viene da Verona e si by Dai retta a un…
Parafrasa pure, ma parafrasi
Parafrasa pure, ma parafrasi male… la "rifascistizzazione" riguarda la volontà di portare i toponimi di Tolomei dove nemmeno Tolomei e il fascismo riuscirono mai a portarli. Parafrasando bene, sarebbe come voler portare, ad arte, il numero degli "italiani" in Sudtirolo oltre la percentuale raggiunta nel ventennio.
In reply to Se uno viene da Verona e si by Dai retta a un…
Credo che ormai il capolinea
Credo che ormai il capolinea argomentativo sia definitivamente raggiunto. Qua si prendono volutamente fischi per fiaschi per il sol fatto che c'è gente che ha capito benissimo di cosa si parla e che parla delle proprie esperienze di vita. MI sembra di ascoltare certi esponenti della destra bolzanina, il cui successo politico, con questi discorsi, è sotto gli occhi di tutti.
In reply to Credo che ormai il capolinea by Mensch Ärgerdi…
Sono assolutamente d'accordo.
Sono assolutamente d'accordo. Perchè alla fine il tutto si riconduce alla solita tiritera del "allora sei un fascista...". Questo sì, hai ragione è il capolinea argomentativo. Anzi è la "singolarità" argomentativa direi.
Che il gruppo tedesco si faccia un pochino di autocritica no eh ? Perchè in alto adige le destre (quello brutte e pericolose) mica stanno fra i 4 sfigati italiani...così come non ci sono partiti-etnici, quelli sì vergognosi...
O tanto a sputtanare il "disagio" altrui quando hanno basato la loro intera politica sul lamento e la recrimanazione istituzionalizzate.
In reply to Sono assolutamente d'accordo. by Dai retta a un…
Mi sembra di aver ripetuto
Mi sembra di aver ripetuto più volte chiaramente che qui nessuno da del fascista a qualcun altro. Però è evidente che se uno vive parafrasando tutto contro di lui (in realtà per rafforzare la posizione vittimistica caposaldo del "disagio"), non può capire, perché semplicemente ha capito benissimo, sa di essere in torto ma la pancia è molto più forte della testa.
La discussione qui riportata è espressione del dibattito tipico che si ripete da anni in questa terra con sempre lo stesso esito, almeno è da esempio per chi dovrebbe inciampare nel discorso senza conoscerlo; il post di Sandro chiude la partita con un secco 3 a 0.
Beh allora anche per Lei
Beh allora anche per Lei Professor Fazzi vale lo stesso discorso di sopra: è necessario che un gruppo etnica venga eliminato perché si comprenda che dare un nome ufficiale inventato di sana pianta ad un luogo sia sbagliato? Poi magari io mi sono espresso male, ma non ho mai parlato di persecuzione culturale, ho detto che i nomi fascisti (e anche Lei vedo che fa fatica ad usare il termine oggettivamente, storicamente e culturalmente corretto) sono una vergogna e che il loro mantenimento ufficiale è semplicemente sbagliato.
Signor Fazzi, abbiamo davvero
Signor Fazzi, abbiamo davvero raggiunto un livello grottesco... La questione sulla toponomastica sudtirolese gira intorno al dibattito su cosa fare con nomi inventati ed imposti da una dittatura fascista. Dobbiamo decidere quanti e quali nomi vogliamo mantere sulla base di ragioni contenutistiche. L'assurdità inizia nel proprio momento, quando qui viene manifestato implicitamente, che fa un a differenza, se la popolazione indigena interessata è stata sterminata. No, mi dispiace, non fa neanche la minima differenza. Toponimi contaminati da un contesto storico sgradevole non sono solamente revocabili come "gesto riparatore" nel caso di un genocidio... È, per dir poco, scioccante leggere certe affermazioni.
Tra l'altro la prego di documentarsi meglio. "Nessuno discute dei nomi di molti microtoponimi" è una tesi ovviamente sbagliata. Per dir la verità, i microtoponimi sono la causa della "guerra" delle ultime settimane. Sta di fatto, che nel quadro giuridico attuale nessun nome "italiano" dei decreti del 1923, 1940 e 1942 è in qualsiasi modo annullabile, perchè le norme in vigoro prevedono un bilinguismo senza eccezioni. Per questo il disegno legge tanto combattuto da entrambe le destre, include per la prima volta la possibilità, che un nome tolomeiano può essere giudicato fattualmente inesistente (da una commissioni di linguisti), perchè mai entrato in uso nella comunità italofona. Da qui i tumulti "urziiani", da qui la campagna dell'Alto Adige. Che qua si parla assolutamente anche dei microtoponimi si evince dai calcoli buttati in giro (“Il 57% dei nomi italiani sparirà, si tratta di pulizia etnica”) o dalle conferenze stampa, dove si grida contro la cancellazione di nomi "italiani" di malghe a Curon Venosta...
«Perchè in alto adige le
«Perchè in alto adige le destre (quello brutte e pericolose) mica stanno fra i 4 sfigati italiani...» Grazie dell'informazione. E io che pensavo che l'unica destra dichiaratamente fascista e apertamente antidemocratica a sedere in un consiglio comunale fosse CasaPound.