Society | Burqa

“Non possono essere vietati”

La parola alle donne. Il quadro normativo e giurisprudenziale. Avvocata Oberhammer: “E’ pericoloso vietare il burqa. Le donne rischiano di rimanere chiuse in casa”.
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Foto: upi

Ogni qual volta ci si imbatte per le nostre città in una donna vestita col burqa, è inevitabile che si sollevino questioni anche di natura giuridica.

Sugli aspetti normativi e giurisprudenziali del tema abbiamo chiesto il parere alla presidente della commissione per le pari opportunità della provincia di Bolzano l’avvocata Ulrike Oberhammer.

 

Salto.bz: Presidente Oberhammer, In Italia si può girare a volto coperto?

Ulrike Oberhammer: L’articolo 5 della legge 22 maggio 1975 n. 152 vieta, in assenza di un giustificato motivo, in luoghi pubblici o aperti al pubblico,  l'uso di caschi protettivi o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona.

La nostra giurisprudenza considera il burqa un mascheramento?

No, è un capo di abbigliamento, peraltro più diffuso in Germania che in Alto Adige, dove si vedono veramente poche donne col burqa. 

La giurisprudenza: il burqa non è una maschera né un mezzo atto a evitare il riconoscimento. Il vestito islamico e il velo non possono essere vietati se il loro uso trova giustificazione nelle tradizioni culturali e religiose della donna che li indossa. Il divieto di indossare il burqa deve invece sostenersi solo in occasione delle manifestazioni pubbliche. Importante è che la donna consenta la rimozione del velo alle autorità che lo richiedano per la sua identificazione.

Con quali argomentazioni giuridiche i giudici italiani escludono che il burqa integri una forma di travisamento del volto? Quali le principali pronunce al riguardo?

La sentenza del Tribunale di Treviso del 15 agosto 2005 ha annullato una multa dei vigili a carico di una donna straniera che aveva indossato il burqa: si è stabilito il principio, secondo cui coprirsi il volto per motivi religiosi non costituisca reato, salvo che non vi sia un rifiuto a sollevare il velo di fronte ad un’eventuale richiesta delle forze dell’ordine.

L’ordinanza 24/2004 del sindaco del comune di Azzano Decimo in provincia di Pordenone è stata annullata prima dal prefetto di Pordenone e poi dal Consiglio di Stato con la sentenza 3076 del 2008. Tale pronuncia ha sancito che il burqa non sia una maschera né un mezzo atto a evitare il riconoscimento: il vestito islamico e il velo non possono essere vietati se il loro uso trova giustificazione nelle tradizioni culturali e religiose della donna che li indossaIl divieto di indossare il burqa deve invece sostenersi solo in occasione delle manifestazioni pubbliche. Importante è che la donna consenta la rimozione del velo alle autorità che lo richiedano per la sua identificazione.

Nella sentenza del 14 marzo scorso la Corte di Giustizia Europea ha stabilito che il divieto di velo sul luogo di lavoro in una ditta privata non sia discriminatorio. Quali le conseguenze?

La Corte di Giustizia Europea ha chiarito che possono essere vietati indumenti, che siano „segni religiosi“, come il velo, ma allo stesso tempo ha anche dichiarato che tale divieto deve valere per tutti ed essere motivato per esempio con la neutralità dell’impresa. Ora però dovranno decidere ancora i giudizi nazionali.

Quali ricadute avrà tale pronuncia sui diritti delle donne?

Tale sentenza può anche restringere le possibilità delle donne che vogliono portare il velo a trovare e potere continuare a svolgere il loro lavoro. Avere un lavoro e quindi un reddito vuol dire per tutte le donne essere più indipendenti.

Intanto in Liguria è stato introdotto il divieto di entrare col burqa negli uffici pubblici regionali, in ospedale e nelle strutture sanitarie. E’ favorevole?

No, non ha senso ed è gravissimo vietare l’ingresso a chi ha bisogno di aiuto.

Al Senato è stato presentato il disegno di legge Calderoli “Disposizioni volte a contrastare i precetti religiosi e ideologici incompatibili con i principi costituzionali, l’ordinamento giuridico, la pubblica sicurezza e il  benessere sociale della collettività”: si prevedono tra l’altro multe da 150 a 300 euro, commutabili in attività gratuita per la collettività, per chi indossa abiti in grado di travisare il volto in pubblico, un anno di reclusione ed un’ammenda di 30 mila euro per chi costringa altri ad indossare tali vestiti. Come valuta tale proposta di legge?

E’ una riforma pericolosa, perché invasiva rispetto alla libertà delle donne che sarebbero maggiormente esposte alla pressione di padri, mariti e parenti. In caso di divieto di uso del velo o di altro abito coprente in pubblico (burqa o niqab) i familiari impediranno alle donne di uscire di casa. Le donne devono invece poter uscire e partecipare alla vita pubblica. Poi una sanzione fino a 300 euro è elevata per le persone povere. Quanto alla reclusione di un anno per gli uomini, le carceri sono già sovraffollate. Infine, alcune donne vogliono indossare burqa, sicché è prioritario intervenire soprattutto su chi non vuole portare determinati vestiti.

E’ fondamentale l’integrazione delle donne straniere sia nella società sia sul lavoro nonché favorire la conoscenza della lingua.

Come si deve intervenire?

Con corsi di formazione indirizzati sia alle donne, specie le giovani e le bambine sia agli uomini, volta a spiegare le differenze tra vestiti (veli che coprono solo i capelli, niqab che lascia fessura degli occhi scoperta, burqa che copre integralmente il volto), dove essi siano usati, quali siano le diverse libere possibilità di praticare la religione. E’ fondamentale l’integrazione delle donne straniere sia nella società sia sul lavoro nonché favorire la conoscenza della lingua. Tali donne devono sempre più andare a scuola a colloquio con le insegnanti e a parlare col medico: ora, in prevalenza sono i mariti a farlo.

A suo avviso quale immagine della donna promuove il burqa?

Il burqa, simbolo soprattutto religioso, indossato non in tutto il mondo islamico, ma soprattutto in Afghanistan per tradizione, è negativo per le donne, che sono isolate, tenute a distanza e oggetto di sfiducia altrui.

Infine, alcuni affermano che per il principio di reciprocità internazionale noi dovremmo vietare il burqa allo stesso modo in cui in taluni Paesi noi siamo obbligati a indossare il velo. E’ d’accordo?

Noi dobbiamo rispettare la cultura dei musulmani e questi ultimi devono rispettare la nostra. E’ sbagliato sia imporre alle donne italiane di mettere il velo nei Paesi stranieri sia da noi vietare il burqa alle donne straniere.

Domani: Parte 3 - la voce della mediatrice culturale Fatima Azil.