Politics | Toscani in politica

Tuscans do it better?

Dopo Enrico Letta, originario di Pisa, il timone del governo italiano è passato a un fiorentino: Matteo Renzi. Abbiamo chiesto a Riccardo Dello Sbarba, anche lui toscano, di Volterra, di svolgere alcune riflessioni partendo proprio dagli aspetti legati alla provenienza.

A metà degli anni Ottanta la cantante Madonna sfoggiò nel video della sua canzone “Papa don't Preach” una t-shirt con la scritta “Italians do it better” (Gli italiani lo fanno meglio). Non è difficile capire a cosa si riferisse, tenendo poi conto della piccola nota di orgoglio legata alle origini familiari della star statunitense. Ma anche i toscani, nel loro piccolo, potrebbero da ora in avanti recare un certo orgoglio, almeno relativamente al fatto che gli ultimi due presidenti del Consiglio provengono proprio dalla loro regione. Questo lo spunto dal quale siamo partiti per commentare assieme al Consigliere provinciale Riccardo Dello Sbarba (Verdi), guarda caso toscano anche lui, il recente cambio della guardia – tra Enrico Letta e Matteo Renzi – alla guida del governo.

Salto.bz.: Niccolò Machiavelli è considerato unanimemente l'inventore della moderna scienza politica. Gli ultimi due presidenti del consiglio italiani sono toscani. Un caso?
Riccardo Dello Sbarba: Beh, c'è Toscana e Toscana. Uno era pisano, l'altro è fiorentino. Come dire: il diavolo e l'acqua santa. Comunque sia: gli ultimi due presidenti del consiglio erano di centrosinistra, che ha in Toscana una delle sue roccaforti. In questo autunno della politica, in cui in Sardegna la metà degli elettori non vota e il centrosinistra festeggia una vittoria in cui ha perso un terzo dei suoi voti, è ovvio che i partiti si attestino sulle ultime trincee. La penultima del centrosinistra era l'Emilia Romagna, ma quella se l'è bruciata bruciando Prodi. Dunque non gli resta che la Toscana. L'ultima spiaggia. Come Renzi.

Come giudica il passaggio di consegne tra Letta e Renzi? Una mera questione di potere (e di lotta per il potere), oppure un'opportunità per il paese?
Come dicevo, Renzi è l'ultima spiaggia. Certamente c'è la “congiura di palazzo”, una crisi di governo avvenuta fuori dal parlamento. Dunque uno spettacolo indecoroso, che conferma la riduzione della politica a tecnica del potere. Qui c'è molto Machiavelli, ma un po' – visti i tempi – anche Guicciardini; la cura del “particulare”, cioè dell'interesse di una nuova generazione di politici e politiche che si vuole affermare e non accetta di aspettare ancora. I colpo di mano di Renzi è un'accelerazione del suo “piano di rottamazione”. I giovani fanno fuori i vecchi. Sta accadendo in tutti i partiti. Bisogna sperare che la nuova generazione abbia successo, che riesca a cambiare l'Italia e non solo le facce. Altrimenti, persa anche l'ultima spiaggia, poi si affoga.

Renzi ha annunciato un calendario di interventi a tamburo battente. Un attivismo per certi versi sconcertante, che appartiene comunque allo stile dell'uomo. Ce la farà a mantenere le attese che sta suscitando?
Renzi vive di sparate ad effetto e cambia idea spesso: non aveva detto una settimana fa che non sarebbe andato al governo manco morto? Lui punta sulla velocità perché, temo, sul medio-lungo periodo vengono fuori le debolezze di ogni spaccone. Renzi è un prodotto mediatico: lui ci mette la faccia, le idee le mettono altri, il gruppo di imprenditori, economisti, intellettuali e esperti in comunicazione che lo sostiene. In definitiva, il successo o il fallimento di Renzi dipendono dalla ripresa dell'economia. Di qui anche l'accelerazione di questi giorni: i suoi consulenti hanno sentito odor di ripresa. Hanno studiato le previsioni: Pil in leggera crescita, Spread ai minimi, più fiducia tra gli imprenditori. Tutto dipende dalla ripresa, quindi in definitiva da un fattore esterno a Renzi stesso. Se ci sarà la ripresa dell'economia mondiale e se questa ripresa “tirerà” il “carro-Italia”, allora Renzi l'ha vista giusta. Ma io vedo tre problemi sulla sua strada. Primo, non è detto che la ripresa mondiale “tiri” l'Italia. Dalla crisi emergeranno nuovi protagonisti economici, e non vedo l'Italia tra questi. Secondo: la ripresa non vuol dire aumento dell'occupazione. Nella crisi l'economia ha imparato a fare a meno del lavoro. La crisi sociale non finirà. Terzo: per agganciare la ripresa il governo farà la solita cosa, investimenti in infrastrutture. In cantieri. Cioè in cemento (Renzi l'ha fatto da sindaco di Firenze, e anche Kompatscher mi pare su questa strada nel suo bilancio). Rischiamo una colata di cemento per far girare gli affari. Ma questa è una strategia di lungo periodo? Ed è “nuova”? Non mi pare.

La SVP ha già salutato Renzi come il nuovo "amico dell'autonomia". Eppure nel recente passato il sindaco di Firenze ha affermato che i privilegi delle regioni e delle province a statuto speciale dovrebbero essere ridotti. Insomma, nei nostri confronti Renzi si comporterà da vero “amico”?
Guardi, non credo che Renzi si occupi molto di noi. Certo, ha interesse a tener buone le autonomie. Dunque le rispetterà, almeno nella forma. Delrio è un suo uomo di fiducia, lo consiglierà, insieme a Dellai, che è un politico intelligente. Però Renzi ha anche bisogno di grosse risorse per il suo progetto di riforme. E, tra tutte le sue “sparate”, quella di riprendersi la competenza sulle concessioni idroelettriche (e con esse almeno parte degli introiti), mi pare la più temibile. Insomma: Renzi non farà la guerra alle autonomie, ma certo gli interessa la loro “cassaforte”. Il discorso torna all'aggancio della ripresa economica: se Renzi ci riesce, avrà anche più risorse proprie e ci lascerà in pace. Se invece non ci riesce, allora dovrà raschiare il fondo del barile. E in quel fondo potremmo esserci anche noi.


 

 

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Martin Daniel Thu, 02/20/2014 - 11:35

è vero che Renzi punterà tanto sull'economia, ma se gli riesce l'abolizione del Senato avrà fatto il colpo del secolo. Quanto pare, vuole metterla nel cassetto prima di tutte le altre riforme, avendo capito che il confezionamento di una nuova legge elettorale porta con sé un forte rischio di elezioni anticipate. Perché quella del Senato è la riforma più importante? Senza Senato elettivo persino il porcellum, da tutti ritenuto la peggiore legge elettorale di sempre, avrebbe dato maggioranze stabili alla Camera. Sia Prodi che Bersani infatti avevano una larghissima maggioranza alla Camera e sono inciampati sui diversi rapporti di forza in Senato. Inoltre automaticamente si ridurebbe drasticamente il numero di parlamentari (con la p minuscola) e aumenterebbe la speditezza nella legislazione e di conseguenza anche l'azione del governo. Speriamo che questo giovanotto narcisista dalle immense ambizioni riesca col suo furor tipico della gioventù a scardinare un sistema bicamerale assurdo, unico al mondo nella sua attitudine a bloccare o rinviare in eterno ogni decisione davvero riformatrice. No, sbaglio - anche la Tailandia c'e l'ha, questo sistema del bicoglionismo perfetto. Quindi perchè non vedere anche noi questo bischero toscano in un'ottica macchiavellistica, come veicolo liberatorio da un anacronismo secolare? Se poi magari riuscisse a fare qualche altro colpo, tipo meno tasse su lavoro e imprese, ben venga!

Thu, 02/20/2014 - 11:35 Permalink