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Politics | Lingua e cultura

Censimento di un Alto Adige diverso

Dato il via al censimento linguistico, solo il 18% della popolazione ne ha preso parte. Non sono poche infatti le problematiche e le critiche ad esso correlate, dovute ad una differenza della società altoatesina odierna rispetto a quella del 1972
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 Tu conti - campagna di comunicazione
Foto: Astat
  • In Alto Adige, come previsto dallo Statuto di Autonomia, è in corso il censimento linguistico. Per la prima volta Astat offre la partecipazione al sondaggio in forma telematica e, per chi entro il 29 febbraio non ne avrà preso parte, ci sarà la possibilità di contribuire alla raccolta dati per mezzo del modello cartaceo.

    In tutta la provincia, i residenti che hanno la facoltà di partecipare sono oltre 484 mila; tuttavia, dal 4 dicembre solo il 18,3% ha fatto accesso alla pagina online per segnare la ‘X’ sul gruppo linguistico a cui appartiene o a cui si aggrega.

    Una percentuale molto bassa, escludendo nei comuni ladini, che fa molto riflettere sulla divergenza tra la sensibilità a tale tematica tra la classe politica e la società.

  • Foto: Astat
  • Prima di andare a sottolineare alcune problematiche riguardanti questo censimento così obsoleto e inconciliabile con la realtà altoatesina odierna, facciamo un po’ di chiarezza.

    Innanzitutto, è indispensabile chiarire che la dichiarazione effettuata per mezzo del censimento linguistico è anonima e nulla ha a che fare con la dichiarazione di appartenenza linguistica, che va invece effettuata presso il Tribunale o il Giudice di Pace. Inoltre, è necessario comprendere a cosa serva effettivamente questo censimento.

    Non c’è nulla di più sbagliato che pensare all’obiettivo come una mera conoscenza delle proporzioni dei gruppi linguistici. Infatti, tale proporzione ha degli effetti per nulla indifferenti sulla Pubblica Amministrazione, sulle politiche provinciali e, di conseguenza, su tutti gli altoatesini.

    Il rapporto linguistico rilevato dovrà difatti ripresentarsi nella distribuzione dei posti pubblici, nella ripartizione dei fondi provinciali e nella rappresentanza negli organi collegiali.

    Giusto per far comprenderne l’importanza, un esempio lampante di problematica relativa alla ripartizione dei fondi provinciali è il ramo della cultura e, soprattutto, dell’Istruzione. Proprio in questi giorni, in parallelo alla formazione della Giunta provinciale, le polemiche sono concentrate su dichiarazioni e prese di posizione da parte dell’Assessora del capoluogo Ramoser (SVP) e della futura Assessora provinciale Ulli Mair (Freiheitlichen) in merito all’istituzione di un’eventuale Commissione Paritetica per le scuole di lingua tedesca. Non si può infatti lasciare scollegata la volontà di molte famiglie di istruire i propri  figli come cittadini altoatesini bilingui, dalle differenze – talvolta anche meramente strutturali - tra le scuole sotto amministrazione dell’assessorato italiano e quelle invece sotto assessorato tedesco.

    Al di là dell’ambito scolastico, che pur rappresenta un punto cardine della società, il censimento linguistico è ormai – per fortuna – inconciliabile con la realtà sociale altoatesina. Le cosiddette famiglie miste, ovvero con genitori bilingui o genitori di due gruppi linguistici differenti, non sono più rare e, soprattutto in alcune aree del nostro territorio, il bilinguismo è una vera e propria realtà intrinseca non solo alla comunità, ma alle singole persone. Allora, ciò premesso, com’è possibile richiedere di scegliere a quale gruppo linguistico appartenere? È un po’ come dover scegliere come propria solo una di un paio di scarpe, impensabile se poi per uscire le indossiamo entrambe? Non è forse un controsenso?

    Il “modello altoatesino”, assolutamente invidiabile in molti campi, dovrebbe stare al passo con i tempi. La suddivisione netta tra i tre gruppi linguistici è venuta a mancare negli anni, questo è dimostrato anche dal sostegno che partiti come l’SVP ottengono anche dai madrelingua italiana e – anche se in maniera minore – partiti italiani ottengono dagli appartenenti al gruppo tedesco. Il censimento linguistico e la conseguente divisione sono diventati quindi dei temi prettamente politici, che vogliono vedere – e far vedere – l’Alto Adige come una società a compartimenti stagni, una società ferma al 1972.

    Il fatto di non portare sul piano politico la realtà altoatesina nella sua interezza ha avuto durante le elezioni di ottobre un riflesso con un alto astensionismo (relativamente all’affluenza che è solita in provincia), chissà se almeno sul disinteresse alla politica locale verrà effettuata una seria riflessione.

    È necessario quindi che avvenga un cambiamento, affinché il cosiddetto modello altoatesino, spesso citato come esempio, possa effettivamente dimostrarsi quale rappresentazione di una provincia multiculturale e plurilingue, non solo per una convivenza tra diversi gruppi, ma per una vera e propria integrazione tra gli stessi.