Society | kalašnikov&valeriana

Capitalismo e patriarcato a braccetto!

Davvero qualcunǝ di noi sta bene in questo binomio? La buona notizia è che esistono alternative.
Patriarcato e Capitale alleanza criminale
Foto: Cielos del Infinito/Youtube

Nella scorsa puntata di kalašnikov&valeriana ho svelato la mia necessità di quantificare il lavoro invisibile che svolgo in famiglia e di come in comune accordo con il mio partner abbiamo deciso di renderlo retribuito. La decisione di suddividere tutte le entrate e proprietà al 50/50 a “prova di bomba” (o forse meglio dire “a prova di separazione”) arriva dal seguente ragionamento: se uno di noi può lavorare/guadagnare di più, è perché l’altra si occupa di queste faccende invisibili ma indispensabili. Non è la narrazione tossica de “il marito bravo, perché dà una mano” e non è una mera questione di riconoscimento. Intendiamoci, il grazie e i fiori mi fanno piacere, ma non mi tutelano e soprattutto non mi permettono un’indipendenza economica. E l’indipendenza economica, lo sappiamo, è il primo importante passo per poter vivere la propria vita in modo autodeterminato.

Ma… quando ci guardiamo intorno, vediamo quanto difficile sia raggiungere e mantenere questa indipendenza economica. La raggiungi da giovane donna, almeno quasi (guadagnerai comunque meno del tuo equivalente maschile). Se diventi madre devi battagliare e imparare a fare salti mortali per mantenerla (l’organizzazione della nostra società presuppone che sia la donna a restare a casa con ǝ figlǝ, basti pensare al congedo parentale). Se non lo diventi, avrai comunque le mestruazioni (non sia mai che avanzino una proposta legge anche in Italia per dei congedi extra a chi soffre di dolori mestruali!). Forse, a giudicare da quanto ha recentemente detto un’imprenditrice italiana, dopo i 40 o verso la menopausa è il tuo momento (se a quel punto sei ancora concorrenziale con i tuoi colleghi).

C’è da meravigliarsi? D’altronde chi fa le regole del gioco (il solito vecchio e ricco uomo bianco in cima alla piramide del potere) perché dovrebbe interessarsi alle possibilità che hanno le donne di essere economicamente indipendenti? Sempre colui poi, grande sostenitore e promotore del sistema economico attuale, non trae molto più profitto dallo sfruttamento del lavoro di cura? Mi spiego meglio: se il capitalismo è fondato sull’impiego del capitale allo scopo di generare profitto, come si trae maggiore profitto da un lavoratore? La soluzione più proficua in un’ottica di profitto (monetario) è: ignorare il lavoro di cura indispensabile (non riconoscerlo, non retribuirlo, non facilitare l’accesso, non attivare risorse pubbliche). In questo modo, sarà “naturalmente” a carico di quella persona nella coppia che già guadagna meno, ha un accesso più precario al mondo di lavoro e che si troverà a svolgere gratuitamente una grossa fetta di lavoro di cura a discapito del lavoro retribuito. Così si tolgono di mezzo questioni che riducono il profitto (ad es. assenza per parto, malattia figlǝ o genitori) e si ottiene un effetto da non sottovalutare: l’altra persona sarà la sola responsabile del sostentamento economico della famiglia e quindi più ricattabile, motivata a lavorare di più e sempre disponibile per il datore di lavoro. Se poi gli facciamo credere che questa sia l’ordine naturale delle cose e che anzi, sia auspicabile, il gioco è fatto.

Che scenario triste, un sistema economico basato sullo sfruttamento. Mi ricorda quel sistema sociale basato sull’oppressione… Ah già, sono capitalismo e patriarcato a braccetto! Davvero qualcunǝ di noi sta bene in questo binomio?

La buona notizia è che esistono alternative, che esistono i femminismi per interrogarci su questi sistemi tossici e combatterli. E, inoltre, che possiamo (e intendo proprio tuttǝ noi, nella nostra vita quotidiana) iniziare a farlo rendendo visibile il lavoro di cura, scioperare, discutere il problema con chi ci circonda, redistribuire il lavoro invisibile in famiglia, retribuirlo.