Society | Road to pride

“Il Pride è una festa politica ed umana”

Adele Zambaldi racconta le scelte del direttivo dietro alla manifestazione LGBTQIA+ di sabato. “Appoggiamo i diritti delle persone trans, la GPA e la causa palestinese, ma chi viene non deve condividere ogni punto, siamo uno spazio di dialogo”.
Adele Zambaldi
Foto: Andy Odierno/SALTO
  • Mancano 24 ore al primo Pride altoatesino, che domani (28 giugno) riempirà le strade di Bolzano di colore e protesta queer. Il percorso che ha portato l'associazione Alto Adige Pride Südtirol ad organizzare la parata per i diritti delle persone LGBTQIA+ sta per giungere al termine dopo non poche polemiche. Abbiamo chiesto ad Adele Zambaldi, nel direttivo organizzatore, di raccontarci le ragioni di questa marcia per i diritti, spiegandoci il posizionamento ideologico, le richieste della comunità e perché oggi il Pride è prima una rivendicazione politica che una celebrazione dei traguardi raggiunti. 

    SALTO: Partiamo subito con una domanda personale: qual è il percorso che l’ha portata al direttivo del Südtirolo Pride, che sfilerà questo sabato (28 giugno) per le strade del capoluogo?

    Adele Zambaldi: Sono nata a Merano e cresciuta a Bolzano, e durante le superiori, iniziando a capire meglio la mia identità, mi sono resa conto che non esistevano spazi di aggregazione per persone LGBT+, soprattutto per persone non uomini. Questa mancanza ha generato un forte senso di solitudine: nella mia scuola c’era solo una persona apertamente gay e sembrava che non ci fosse nessun altro. Molti miei amici hanno fatto coming out solo dopo i diciott’anni, me compresa, ed è qualcosa che ho ritrovato in tante altre esperienze simili. Dopo tre anni di studi a Bologna, sono tornata per un tirocinio e ho notato che Centaurus comunicava in modo molto aperto e accessibile, ad esempio sui social. Questo mi ha spinta ad avvicinarmi, anche se in passato provavo vergogna nel cercare questi spazi. Ho iniziato a fare volontariato e da lì, un po’ per caso, mi sono ritrovata coinvolta nell’organizzazione del Südtirolo Pride e poi nel direttivo.

  • Per la manifestazione di questo sabato sono previste 5.000 persone. Foto: Pexels - Dibakar Roy
  • Quest'anno ci sono state molte polemiche attorno al Pride: patrocini mancati, citazioni di Goebbels, la questione della “bandiera divisiva”... Come state vivendo questa opposizione forte di una parte politica importante che governa a livello provinciale, cittadino e nazionale?

    Niente di tutto quello che succede ci sorprende particolarmente... Il clima politico degli ultimi anni va in questa direzione in modo molto netto, quindi, non era inaspettato il fatto che ci fossero delle critiche forti ed esagerate. Certe risposte di pancia e d’odio sono veramente fuori scala, soprattutto se pensiamo alle richieste che questo pride fa, che sono davvero banali e semplici. La tendenza globale in questo periodo è quella: se sentiamo i massimi capi di stato internazionali che dicono che certe parole non si possono più dire, che le università sono woke, che le persone trans non esistono, è chiaro che poi su scala locale si ripropongano le stesse dinamiche. 

     

    “Una manifestazione considerata ‘normale’ come il Pride oggi viene percepita come una provocazione”

     

    Il Pride nasceva come atto di protesta, poi è diventato quasi una festa, un momento di celebrazione. Oggi sembra che si stia tornando indietro - il Pride sta tornando ad essere prima una rivendicazione politica e poi un momento di celebrazione. È così?

    La traiettoria che hanno avuto i diritti delle persone queer è simile a quella delle tematiche femministe. Negli anni ’70 il movimento LGBT+ ha vissuto una fase di lotta molto attiva, poi per un periodo si è avuto l’impressione che le cose stessero migliorando in modo lineare, con l’arrivo delle unioni civili e di altri piccoli avanzamenti. Negli ultimi cinque anni, però, si è fatta strada la consapevolezza che i diritti non sono acquisiti per sempre e possono essere tolti. Il Pride, che in una fase più recente aveva assunto un tono più festoso e celebrativo, oggi torna ad avere un valore profondamente politico. Dinamiche come il patrocinio istituzionale – dato, tolto o rifiutato non solo a Bolzano – mostrano come anche manifestazioni considerate ormai “normali” vengano nuovamente percepite come provocazioni. Questo accade anche perché molte figure politiche che un tempo erano ai margini, oggi sono al Governo o in Europa, e portano nelle istituzioni posizioni che prima erano minoritarie. 

  • Adele Zambaldi: “La traiettoria che hanno avuto i diritti delle persone queer è simile a quella delle tematiche femministe” Foto: Andy Odierno/SALTO
  • Come possono il Pride e la comunità che rappresenta dialogare con chi è critico o con chi è disinformato, mantenendo la radicalità ma cercando un'apertura?

    Io credo che la radicalità vada mantenuta su alcuni ideali base su cui come comunità non ci dobbiamo muovere. 

     

    “Chi partecipa al pride debba sottoscrivere ogni punto del documento politico”

     

    Ad esempio?

    All'interno della comunità LGBT+ non tutte le persone condividono la lotta per i diritti delle persone trans o, ad esempio, la gestazione per altri (GPA). Questo però non significa che chi partecipa debba sottoscrivere ogni punto del documento politico. Il Pride è uno spazio dichiaratamente aperto e plurale, anche di conflitto produttivo: si può essere presenti, non sentirsi allineati su tutto, ma comunque scegliere di attraversare quello spazio, portando la propria esperienza e rimanendo parte attiva del movimento. Un esempio è la solidarietà con il popolo palestinese espressa da molti Pride, compreso il nostro: non tutti si sentono a proprio agio con questo, ma ciò non esclude la possibilità di esserci, confrontarsi e convivere in una dimensione collettiva e critica.

    Come si sta insieme nella diversità delle opinioni?

    Di recente Lorenzo Bernini, docente all’Università di Verona, ha tenuto una lezione molto stimolante a Bolzano in cui ha spiegato come temi come la GPA o la questione palestinese siano diventati esempi di radicalizzazione del dibattito pubblico. Ha sottolineato quanto sia difficile, oggi, cogliere la complessità e i diversi livelli delle discussioni: non sempre ci si può o ci si deve schierare da una parte o dall’altra, perché spesso esiste uno spettro molto più ampio. Prendendo la GPA come esempio, è possibile discuterne riconoscendo sia i rischi legati allo sfruttamento del corpo delle donne, in assenza di adeguate tutele, sia ascoltando le esperienze dirette di chi vi ha fatto ricorso in modo consapevole. L’importante è mantenere uno spazio aperto al confronto, senza cancellare le domande scomode. E il Pride può essere proprio questo: un luogo in cui ritrovarsi, partire da idee comuni condivise e continuare a discutere insieme, nel rispetto delle differenze.

  • La vignetta di Valentina Stecchi per la sua rubrica 'Tra le righe'. Foto: Valentina Stecchi
  • “Il nostro Pride appoggia i diritti delle persone trans, la GPA e la causa palestinese”

     

    Che posizione avete rispetto ai diritti delle persone trans? 

    In Italia, i percorsi di affermazione di genere e la modifica dei dati anagrafici sono ancora estremamente complessi e poco accessibili, soprattutto a livello medico e burocratico. Per poter iniziare una transizione, è necessario passare attraverso psicologi e psichiatri che devono diagnosticare la disforia di genere, considerata “il sintomo” della propria identità trans. Solo dopo questa certificazione si può avviare l’iter legale, spesso lungo, umiliante e gestito da professionisti non sempre preparati. Ma va chiarito, specificatamente per la categoria diagnostica "disforia di genere" che - per fortuna -  non tutte le persone transgender vivono questi "sentimenti disforici" rispetto la propria identità e che pertanto le identità trans non sono riducibili a una categoria diagnostica, per questo ne chiediamo la depsichiatrizzazione. L’accesso alla chirurgia arriva, se va bene, dopo anni. Per i giovani, la richiesta principale è l’accesso ai bloccanti della pubertà, farmaci che impediscono lo sviluppo delle caratteristiche sessuali secondarie, ma anche questo percorso è oggi quasi impossibile, dopo la sospensione di uno dei pochi centri che se ne occupavano, a Firenze. Il nostro posizionamento è chiaro: serve semplificare radicalmente questi percorsi, renderli accessibili e rispettosi per le persone che ne hanno bisogno senza che stiano degli anni dietro ad iter estremamente disumanizzanti. Conosco persone che hanno vissuto con un nome anagrafico non corrispondente alla propria identità fino ai trent’anni, dopo aver iniziato l’iter a venti: dieci anni di procedure che rappresentano una forma di violenza istituzionale.

    Cosa chiedete alle istituzioni a livello locale con questa manifestazione? 

    Abbiamo elaborato una lista di richieste concrete indirizzate alla Provincia, l’ente che localmente può agire con più efficacia, per tradurre in azioni reali i principi del nostro documento politico. Tra le proposte ci sono misure come l’uniformazione della carriera alias nei servizi pubblici – ad esempio su tessere di biblioteche o trasporti – che oggi dipendono dalla buona volontà delle singole istituzioni. Chiediamo una delibera chiara che renda questo diritto sistemico. Il punto centrale, però, resta l’adozione di una legge provinciale contro l’omotransfobia, simile a quelle già esistenti in alcune regioni italiane, per riconoscere formalmente questi reati e i dati che li riguardano. Infine, proponiamo il potenziamento del Centro tutela contro le discriminazioni, oggi sottodimensionato, affinché diventi un punto di riferimento visibile e accessibile su tutto il territorio.

  • La discussa bandiera al NoiTechPark, oggetto del post del consigliere di Fratelli d'Italia Diego Salvadori che ha citato Goebbels. Foto: Noi Techpark
  • “Sappiamo che la nostra base è italofona, non volevamo solo fingere di essere bilingui ma creare spazi davvero interetnici”

     

    Sembra che ci sia una volontà interetnica dietro all'evento che state proponendo, a partire dal nome. Come avete preso questa decisione?

    Abbiamo discusso molto sull’interetnicità, perché non volevamo solo fare comunicazione bilingue in modo simbolico, ma affrontare davvero il fatto che le comunità linguistiche, qui, sono ancora molto separate. Sapevamo che la nostra base era soprattutto italofona – come Centaurus, che è un’associazione percepita come italiana – ma ci siamo chiesti come aprirci davvero. Il punto non era fingere che fossimo già una realtà bilingue e mista, ma creare spazi in cui anche chi parla poco italiano si sentisse legittimato a partecipare. Abbiamo provato con traduzioni, con chiarezza sulle lingue usate, e anche semplicemente con l’ascolto. Non è stato facile, ma secondo me ha funzionato: alcune persone si sono sentite accolte e si sono attivate, e il Pride è diventato anche occasione per uscire da Bolzano e parlare a tutta la provincia.

    Cosa vi aspettate dal giorno del Pride?

    È difficile immaginare come sarà, perché è la prima volta e non ci sono riferimenti simili qui. C’è un senso di incertezza e curiosità: alcune persone ci scrivono per sapere come vestirsi, perché magari non sono mai state ad un Pride. Questo lo rende speciale, ma anche una sfida: creare uno spazio sicuro, comprensibile e accessibile per chi non ha mai vissuto un’esperienza simile. Io mi aspetto che sarà una giornata bella, calda, piena di musica, performance, interventi, ma anche di relazioni e presenza. Anche chi non si identifica direttamente con la comunità può venire, partecipare, conoscere. Sarà una festa con una dimensione politica, ma anche molto umana.

     

    “Sarà una festa con una dimensione politica, ma anche molto umana”

     

    Dopo l’evento come continua l'impegno del direttivo nel futuro?

    Dopo il 29 giugno ci sarà un momento di pausa: non pensiamo di rifarlo già l’anno prossimo. Vorremmo alternarci con Trento, o magari portare il Pride anche fuori dalle città, nelle valli. Ma il vero lavoro sarà quello che viene dopo: usare la visibilità del Pride per rafforzare i gruppi e le associazioni, in particolare Centaurus che al momento è l’unica a offrire servizi sul territorio. Speriamo che questa manifestazione faccia emergere nuove energie, aiuti le persone LGBT a conoscersi, a sentirsi meno sole, a immaginare progetti insieme. Soprattutto fuori da Bolzano, dove l’isolamento è ancora forte, può essere l’inizio di qualcosa.

     

  • La parata

    Il programma della giornata di sabato:

    Foto: Südtirolo Pride