Luci ed ombre del bilinguismo in città
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Tanti spunti quelli emersi durante il convegno “Crescere bilingui nella nostra città – Zweisprachig heranwachsen in unserer Stadt”, che si è tenuto sabato 25 novembre. Nel corso dei lavori all'Eurac sono state tematizzate in particolare le numerose difficoltà nel crescere le nuove generazioni bilingui noostante l'avere competenze nelle due lingue principali oggi sia percepito come una risorsa da parte dei genitori.
A tale proposito vengono introdotti i due giovani autori bilingui del cortometraggio “CN5 - Convivenza Zusammenleben”. Alex Beato e Agata Gritti hanno realizzato, in occasione del 53esimo festival studentesco, un video che mostra il punto di vista dei giovani sulla convivenza tra gruppi linguistici. In 12 minuti sono condensate le tante gioie e i tanti dolori di essere cresciuti in una terra piena di opportunità linguistiche ma che purtroppo difficilmente vengono colte. In apertura al video i due ragazzi parlano ai microfoni di Eurac di una divisione che loro sentono come molto presente: “La scuola può fare molto ma finché i Treffpunkte dei ragazzi restano divisi” afferma Beato “finché esisteranno discoteche, bar, palestre per tedeschi e per italiani sarà difficile per noi giovani incontrarci e conoscere le rispettive lingue e culture”.
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Nel video vengono intervistati alcuni studenti fuori da diversi licei ed istituti superiori italiani e tedeschi sul tema del bilinguismo, sulle loro abilità nell’altra lingua e la convivenza in generale. Ai ragazzi viene sottoposto un breve test che conferma i preoccupanti risultati che conosciamo sull’effettiva preparazione dei giovani nella seconda lingua. Il dato che però intristisce riguarda il rapporto tra i giovani appartenenti ai due gruppi linguistici.
Alla domanda “hai amici dell’altro gruppo linguistico” quasi nessun ragazzo risponde affermativamente, segno che nonostante i due gruppi abitino contemporaneamente la città questi non si incontrino mai per svolgere attività assieme. Fortunatamente il video si chiude con un segno di speranza. I giovani intervistatori chiedono ai coetanei “cosa ne penseresti di una scuola bilingue con metà delle materie in tedesco e metà in italiano?” e tutti i giovani coinvolti ritengono sia una buona idea, in grado veramente di cambiare le cose.
Il convegno prosegue con l’intervento di Heidi Niederkofler, che affronta il tema della scelta dell’istituto da parte dei genitori. La ex dirigente scolastica sostiene che alla scuola venga assegnato compito troppo grande e che sia necessario che anche altre istituzioni si facciano carico di crescere le nuove generazioni bilingui. È necessario, secondo Niederkofler, aiutare ad orientare i bambini linguisticamente già all’asilo, mentre ora si fa il contrario, si lascia tutto agli istituti scolastici: “sono la società e le istituzioni che devono preparare alla scuola e non il contrario”.
Vengono poi riportati i dati dei due studi di ricerca Kolipsi I e II di Andrea Abel e Chiara Vettori, di cui potete trovare un approfondimento in questo articolo. La docente prosegue affermando che anche il contesto socioeconomico e psicologico di riferimento dei ragazzi influisce su questi risultati, e sono le istituzioni culturali e socio-sanitarie a dover supportare i ragazzi, non solo la scuola. È necessario avere coraggio, sostiene Niederkofler “perché per non ledere il diritto dei genitori di scegliere in che lingua istruire i loro figli si sta penalizzando la didattica nelle scuole”.
Prende poi la parola Don Paolo Renner, che sottolinea come il bilinguismo sia responsabilità della scuola, come anche della famiglia e delle istituzioni. “L’articolo 19 dello Statuto di autonomia tutela le minoranze linguistiche ma bisogna smettere di vivere questo articolo come un divieto e comprendere che si tratta di una tutela e di un’opportunità”, sostiene il Don. “Rispetto alla scelta della lingua in cui istruire i figli spesso i genitori sono lasciati soli quando invece andrebbero svolte delle consulenze in tal senso”. Il dato triste, sottolinea padre Renner, è che alcune famiglie tedesche stanno decidendo di mandare i figli in scuole fuori da Bolzano perché ritengono che all’interno delle scuole tedesche bolzanine non vengano istruiti come si deve alla loro Muttersprache.
Uno sguardo diverso è quello posto dalla dottoressa Marta Guarda, che presenta la ricerca svolta da EURAC sul tema delle nuove forme di multilinguismo. “Nonostante non ci siano dati al momento è di tutta evidenza che le nostre scuole sono sempre più ricche di bambini con altre risorse linguistiche oltre all’italiano e al tedesco. Queste altre lingue però sono spesso escluse dalla didattica, quando queste dovrebbero essere vissute dai ragazzi e dalla scuola come una risorsa”. Ma è possibile svolgere una didattica multilingue? Secondo Guarda bisogna partire dal presupposto che non esiste una formula magica per ottenere una didattica inclusiva. È necessario mettere al centro i bambini, in particolare quelli di provenienze diverse, attraverso professionisti come mediatori linguistici e culturali.
La ricercatrice si sofferma anche sull’importanza della formazione agli insegnanti su questi temi, necessaria per poter far vivere alle nuove generazioni una scuola in cui le lingue sono trattate sempre meno come compartimenti stagni. Guarda espone poi alcune delle strategie positive sviluppate nel corso del progetto di ricerca “SMS – A lezione con più lingue”, che verrà presentato ad Eurac ai primi di dicembre; è presente una sua intervista sul tema del multilinguismo a questo link.
Insomma, le problematiche di una scuola veramente bilingue ed inclusiva sono tante e se gli spunti e le opinioni su come lavorare per le nuove generazioni sono diversi. L’impressione di molti è però che la politica tenda invece a chiudere gli occhi. All’interno del video CN5 viene intervistato anche Philipp Achammer, Obmann dell’SVP e assessore alla scuola tedesca, partito storicamente contrario ad una scuola bilingue. “Noi siamo dell’idea che sia fondamentale sostenere e promuovere prima di tutto la madrelingua e solo in un secondo momento promuovere la seconda lingua. Bisogna rispettare le differenze tra gruppi linguistici, non penso che le scuole separate costituiscano un problema.”
È interessante notare come invece siano proprio due studenti bilingui a sostenere che unire le scuole anziché separarle sia la soluzione. “Provengo da una famiglia italiana”, dice nel video Alex Besoto, “ma mia madre mi ha sempre parlato in tedesco per permettermi di crescere bilingue e frequentare le scuole tedesche. Durante un colloquio con i genitori la mia maestra di tedesco delle elementari disse a mia madre che aveva sbagliato ad appropriarsi di una cultura che non era la sua parlandomi in tedesco. Se fosse stato per lei, mi avrebbe mandato alla scuola italiana. Io ho continuato a frequentare le scuole tedesche ed ora sono perfettamente bilingue ma tanti sentendo quelle parole si sarebbero scoraggiati. Non sarebbe forse meglio unire le due culture con una scuola bilingue?”
La amara conclusione è che la questione del bilinguismo non sia risolvibile solo all’interno degli edifici scolastici perché la distanza tra le due lingue e culture è radicata nel tessuto sociale. Sicuramente ci sono problemi legati alla carenza di insegnanti, soprattutto in lingua tedesca, e necessità di percorsi didattici sempre più innovativi ed inclusivi. Bisogna tenere conto delle esigenze di tutti, non solo dei gruppi linguistici italiano e tedesco ma anche di tutti i nuovi studenti di altre nazionalità che sempre più abitano le nostre scuole e la nostra Provincia. Gli spunti su come la scuola possa crescere giovani bilingui sono tanti. La famiglia, i luoghi di cultura, le istituzioni hanno tutte un ruolo, il lavoro in questo senso è più che mai collettivo.
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