Una questione di salute
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“Sempre più persone in Alto Adige faticano a fare fronte alle spese per i servizi sanitari”. Con queste parole Beatrix Mairhofer, direttrice della Caritas di Bolzano-Bressanone, due settimane fa ha presentato la campagna di sensibilizzazione “La povertà è più vicina di quanto pensi”. Se per disoccupati, lavoratori precari, persone con un basso livello di istruzione o background migratorio e anziani il diritto alla salute sembra pertanto essere ormai un lusso, ancora più critica è la condizione delle persone senza dimora – in molti casi escluse dal sistema sanitario – in cui l’insorgere di patologie mediche va di pari passo con l’acuirsi delle problematiche sociali e la cui aspettativa di vita – ha affermato Mairhofer – “è inferiore di vent'anni rispetto al resto della popolazione”.
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Le patologie della popolazione homeless
“Le persone senza dimora che curiamo sono spesso senza residenza (vedi infobox in fondo all’articolo) e quindi, Pronto Soccorso a parte, non hanno accesso al sistema sanitario nazionale”, afferma la dottoressa Anna Thurner, tra le volontarie più longeve dell’Ambulatorio Medico Mobile dell’associazione Volontarius, che opera ogni mercoledì, dalle ore 16 alle 18, a parco Rosegger a Bolzano. Il servizio – svolto in collaborazione con la Croce Bianca – è uno dei presidi sanitari a cui gli homeless del capoluogo possono rivolgersi liberamente e vede l’impegno di una decina di medici. “Nei nostri pazienti riscontriamo problemi odontoiatrici, cutanei – dermatiti, scabbia, eczemi, micosi –, gastriti dovute a un’alimentazione irregolare e di scarsa qualità”, spiega la dottoressa. Tra le persone senza dimora, vi è poi anche chi soffre di patologie croniche e deve assumere regolarmente una terapia. “C’è chi ha problemi cardiaci, chi la tubercolosi, chi è diabetico e dovrebbe conservare l’insulina in frigo ma non ne ha la possibilità, altri ancora soffrono di asma o ipertensione”, continua Thurner.
Quasi sempre le problematiche di chi si rivolge all’Ambulatorio Medico Mobile sono correlate alla vita all’addiaccio. In strada, infatti, si dorme molto poco e a lungo andare un deficit di sonno significativo aumenta il rischio dell’insorgere di diverse malattie, tra cui disturbi cardiovascolari e obesità, depressione e ansia. “In inverno bisogna poi fare i conti con le patologie legate alla stagione, soprattutto problematiche respiratorie e bronchiti”, prosegue la dottoressa, che illustra, infine, come a bordo dell’Ambulatorio Medico Mobile lei e le altre volontarie possano contare su tutti i dispositivi medici di cui hanno bisogno per svolgere la loro attività: “Grazie alla collaborazione con la `Farmacia Solidale’ disponiamo di medicinali comuni e farmaci di urgenza, di un elettrocardiogramma e un defibrillatore, che per fortuna abbiamo dovuto usare solo una volta”.
"Le persone senza dimora sono spesso escluse dal sistema sanitario nazionale."
Un altro presidio sanitario di riferimento per molte persone ai margini è l’Ambulatorio Stranieri Temporaneamente presenti (STP) dell’Azienda Sanitaria della Provincia di Bolzano. Norbert Pescosta, coordinatore dell’Ambulatorio – e volontario del progetto dormizil (di cui ci occuperemo nel prossimo episodio ndr) –, illustra che: “Il codice STP ha una validità semestrale, rinnovabile per ulteriori sei mesi, e consente alle persone straniere sprovviste di regolare titolo di soggiorno sul territorio di attingere a farmaci e prestazioni mediche, tra cui ricoveri ospedalieri urgenti, prestazioni ambulatoriali ad accesso diretto e visite medico-specialistiche in strutture pubbliche”.
Una platea di pazienti molto larga, che comprende anche diversi “fuori quota” in attesa di poter formalizzare la domanda di protezione internazionale. Sono situazioni giuridiche che portano anche i medici dell’STP a confrontarsi con i “buchi” del sistema, per cui – dice Pescosta – “capita di ricoverare una persona, che, una volta dimessa, ritorna sotto un ponte, dove il rischio di ricaduta è molto alto”. Riferendosi alle problematiche psichiatriche, invece, il medico ritiene che sia difficile garantire una continuità delle prestazioni. “Molto spesso, con persone fortemente traumatizzate non si riesce ad andare oltre a un primo colloquio in psichiatria e questo andrebbe sicuramente migliorato”. Più in generale, basandosi sia sulla sua esperienza in ospedale sia su quella al dormizil, Pescosta rileva anche che le persone “vivono nell’urgenza del loro presente e, a volte, se poco dopo aver assunto una terapia si sentono meglio, spesso non continuano la cura”. Questo perché, a fronte di un’esistenza precaria e spesso regolata da altri – quando dormire, fare la doccia, la lavatrice, il pranzo, la cena –, conclude Pescosta, “il corpo è in molti casi l’unico elemento su cui sentono di poter esercitare ancora un pieno controllo”.
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Invecchiare in strada
Raccogliere con precisione numeri e statistiche relative alle problematiche sanitarie delle persone senza dimora è un’operazione molto difficile. “Tuttavia, è possibile individuare alcuni “gruppi-target”, sostiene Diana Seyffarth, responsabile dell’“Area persone di strada e grave emarginazione” dell’associazione Volontarius. "Alle persone più giovani, in molti casi richiedenti asilo e rifugiati che fanno i conti con traumi legati al percorso migratorio, si sommano i cosiddetti ‛storici’, che nei tanti anni di vita in strada hanno sviluppato una o più dipendenze e per i quali il processo di invecchiamento e deterioramento della salute è più rapido rispetto alla media”. Questo riguarda naturalmente gli over 65, ma anche persone non ancora anziane dal punto di vista anagrafico, che si trovano a fare i conti con gravi problemi di salute fisica, mentale o con patologie neurologiche invalidanti. Per loro una delle poche prospettive di cura è rappresentato dall’ingresso in casa di riposo, anche se, fa notare l’operatrice di Volontarius, “spesso non hanno i requisiti per entrarvi – età anagrafica, residenza e risorse economiche –, ma anche quando ne sono in possesso la loro multi-problematicità rende complicato un inserimento in quel contesto”.
"Per le persone da tempo in strada il processo di invecchiamento è accelerato."
La casa di riposo è proprio la prospettiva a cui potrebbe idealmente aspirare A., 65enne affetto da un tumore a una gamba. L’uomo vive in strada da decenni e oggi si trova davanti a un bivio: sottoporsi a un intervento che prevede l’amputazione dell’arto o rinunciare e lasciare che la malattia continui a fare il suo corso fino al suo esito fatale. “Di perdere la gamba A., però, non ne vuole nemmeno sentire parlare”, dice Seyffarth. È anche questa probabilmente la sfera del “controllo” e del “qui e ora” a cui faceva riferimento il dottor Pescosta. Al momento A. continua a fare dentro e fuori dall’ospedale per le visite di controllo periodiche per poi fare ritorno al Ricovero Notturno Invernale del capoluogo.
In riferimento alla permanenza in dormitorio delle persone anziane o con problemi di salute, le “Linee di indirizzo per il contrasto alla grave emarginazione adulta in Italia” della Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora (fio.PSD) rilevano che questa soluzione “può essere particolarmente inadeguata”. In alternativa, secondo fio.PSD, dovrebbero essere sviluppati “percorsi di inserimento in forme abitative stabili e assistite: comunità alloggio, case famiglia, gruppi appartamento”. A livello nazionale, esistono alcune esperienze di questo tipo, che propongono soluzioni volte al contempo al supporto abitativo, al contrasto dell’isolamento e alla tutela della salute. La Cooperativa sociale Stranaidea di Torino, per esempio, offre assistenza transitoria a persone anziane indigenti per accompagnarle in un secondo momento verso l’inserimento in RSA. Altre città come Savona, Bergamo, Siena, Biella, Ravenna e Roma, invece, hanno dato vita a progetti di Housing First e Housing led (letteralmente “abitare accompagnato”) coinvolgendo anche persone con un’età superiore ai 65 anni o in situazione di particolare fragilità.
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Risposte strutturate per bisogni complessi
Oltre all’ambulatorio Medico Mobile e all’STP, a oggi, sul territorio sono pochi i servizi di supporto per persone senza dimora che soffrono di problemi di salute, cronici e non. Tra questi il Centro Lemayr, nato per sopperire a situazioni di emergenza, offre 9 posti letto per motivi di salute per il periodo di convalescenza. Altri quattro posti letto per “motivi sanitari” li fornisce la Casa dell’Ospitalità della Caritas. A garantire presenza e supporto in entrambe le strutture, però, sono solo operatori e operatrici sociali e non vi è una presenza stabile di personale sanitario, essenziale per garantire una copertura dei bisogni degli utenti, che sono di natura eterogenea.
Come sottolinea fio.PSD, infatti, le persone senza dimora sono portatrici di una sofferenza di tipo “bio-psico-sociale” complessa intorno alla quale nel tempo si sono realizzati “servizi specialistici basati sulle competenze di settore e su soluzioni o terapie a breve raggio”. Attorno a una persona senza dimora malata, di fatto, possono operare simultaneamente diversi attori – operatori della Sanità, del SERD, medici di base, infermieri, educatori, assistenti Sociali, streetworker –, che però raramente agiscono in maniera concertata. Diana Seyffarth evidenzia che ciò che manca è “uno sguardo complessivo e una prossimità – anche fisica – tra i diversi professionisti” e ritiene necessaria “la creazione di luoghi in cui tutte le professionalità chiamate in causa siano presenti e possano collaborare e condividere saperi e competenze nel massimo interesse dell’utente”. Luoghi dedicati alle persone senza dimora e strutturati in maniera flessibile e collaborativa, dunque, che lavorino insieme per superare la marginalità in tutti i suoi aspetti: dal ruolo sociale degli individui agli aspetti relazionali, passando per la dimensione abitativa e quella lavorativa. Esperienze di questo genere sono ancora poche, in Italia e in Europa. Un progetto che va in questa direzione è la Krankenstube für Obdachlose della Caritas di Amburgo, in Germania. Il servizio sorge in un vecchio ospedale situato nel quartiere St. Pauli e dispone di "20 posti letto per persone senza dimora a cui, oltre all’assistenza sanitaria 24 ore su 24, viene fornito un supporto socio-educativo che mira a un accompagnamento delle persone assistite e, laddove possibile, a un successivo ingresso in appartamento”, afferma l’assistente sociale Thorstern Wikeimer in un video di presentazione del progetto.
Sebbene per un pieno rispetto del diritto alla salute della popolazione homeless ci sia ancora molta strada da fare, va detto che di recente in Italia si è registrata una buona notizia. Dopo più di un decennio di lotte portate avanti da numerose organizzazioni del terzo settore, qualche settimana fa il Parlamento ha approvato il Ddl 1175 “Assistenza sanitaria persone senza dimora”. La norma garantirà alle persone senza dimora prive della residenza anagrafica l’iscrizione nelle liste degli assistiti delle aziende sanitarie locali, la scelta del medico di medicina generale o pediatra di libera scelta, nonché l’accesso alle prestazioni garantite dai livelli essenziali di assistenza (LEA). Il provvedimento stanzia un milione di euro rispettivamente per gli anni 2025 e 2026 per un programma sperimentale che sarà avviato nelle 14 città metropolitane del Paese. Bolzano non è tra queste, ma potrebbe prendere spunto – e partire – da questa novità attesa da tempo per garantire la totale copertura sanitaria totale alla popolazione homeless del territorio, affinché nessuno sia lasciato indietro.
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Il diritto alla residenza
L’iscrizione nei registri anagrafici del Comune di residenza costituisce il presupposto per beneficiare, tra le altre cose, del diritto all’assistenza sanitaria. L’articolo 2 della Legge n. 1228/1954 ha definito l’iscrizione anagrafica un “diritto soggettivo (e non concessorio) riconosciuto dal nostro ordinamento a tutti i cittadini che ne hanno facoltà”. Le persone senza dimora hanno la possibilità di richiedere l’iscrizione anagrafica indicando una via fittizia e “il luogo ove la persona stabilisce la sede principale dei suoi affari ed interessi”. La via fittizia – a Bolzano, via della Casa Comunale 11 – è una via che non esiste, istituita proprio per dare la possibilità alle persone senza dimora di ottenere la residenza e i diritti a essa connessi. Nonostante ciò, molto spesso gli Uffici anagrafe negano alle persone senza dimora questo diritto in maniera del tutto arbitraria, violando così la legislazione nazionale.
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Nell'articolo viene tralasciato un'altra esigenza impellente, accenna il giornalista alle problematiche psichiche e ai traumi, ma non approfondisce un tema che preoccupa la popolazione perché crea percezione di insicurezza,non sono molte le persone con questi problemi che circolano a Bolzano,ma sono rifiutate da tutti i centri di accoglienza a causa dei problemi che creano, sono soggetti che necessitano una attenzione particolare, in piccoli nuclei ,condotti da persone con le competenze adeguate.Non possono essere inserite nel sistema di lager istituito dalla Provincia di Bolzano in cui si ammassati fino a 200 persone in un capannone e che come operatori ha guardie di sicurezza.Rimangono in circolazione ,al freddo,ammalandosi,trasmettendo le loro malattie, soffrendo,e commettendo piccoli reati anche per richiamare l'attenzione su se stessi. Aiutarli è ,egoisticamente,anche un modo di far vivere meglio i cittadini.