Politics | Immigrazione

Uno "ius migrandi"?

Lo ius migrandi è un diritto acquisito dei cittadini comunitari, ma la Ue nella storia ha faticato parecchio ad applicarlo a tutti i nuovi paesi membri.
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Tant’è vero che una delle cause principali per la scelta pro-Brexit degli inglesi fu proprio l’immigrazione dal resto dell’Ue. Ora questo ipotetico diritto viene rivendicato per tutti gli individui per il mondo intero, cioè la libera circolazione di tutti dappertutto. Non si tratta di uno dei vari appelli ingenui tipo “porte aperte a tutti” in Europa, ma di una richiesta seria, formulata da nessun altro che Raniero La Valle, un politico, filosofo e giurista di primo ordine in Italia. In occasione del convegno del Centropace “In nome dell’umanità” del 25 novembre a Bolzano La Valle ha auspicato l’introduzione di tale ius migrandi nel diritto internazionale, che punta ad attribuire a chiunque al mondo un diritto soggettivo di immigrare dove gli pare.

Nutro forti dubbi che un tale ius migrandi potrebbe aiutare i paesi poveri, soprattutto quelli dell’Africa, dai quali i giovani emigrano a centinaia di migliaia. Rafforzerebbe il drenaggio del “capitale umano”, delle persone più istruite e più capaci verso i paesi industrializzati. Rafforzerebbe i regimi corrotti, perché tutti gli oppositori se ne andrebbero, succhierebbe da tanti paesi i giovani prosciugando le economie e le comunità locali. È un’illusione credere che gli emigrati con le loro rimesse sollevino poi l’economia del loro paese, perché gran parte non riuscirerebbe a trovare un lavoro decente e stabile in un mercato del lavoro europeo troppo affollato da troppi immigrati. Un ius migrandi non sarebbe sostenibile né per l’Africa né per l’Europa.

Lo stesso La Valle nel suo intervento a Bolzano ha citato proiezioni secondo cui potrebbero essere 50 milioni gli africani pronti a lasciare il loro paese se potessero viaggiare liberamente. Ciò equivale ad un afflusso annuale di migranti ben maggiore di quanti già stanno arrivando in Italia, ma anche di quanti arrivarono in Europa nell’anno speciale 2015. L’Italia già fatica molto ad accogliere i circa 200.000 migranti all’anno, che arrivano oggi, per non parlare della loro effettiva integrazione. Poi sono note le ripercussioni sociali e politiche che ha provocato il milione di nuovi arrivati in Germania del 2015. Alcuni paesi una volta molto aperti, come la Svezia, hanno cambiato rotta bruscamente, altri paesi dell’Est negano ogni responsabilità, e l’Ue stessa non riesce a darsi una nuova politica comune dell’immigrazione. Proporre uno ius migrandi in questa situazione sembra una provocazione.

Un ipotetico ius migrandi generalizzato fa a pugni con altri diritti fondamentali dei popoli e delle minoranze e sarebbe incompatibile con il diritto degli Stati di controllare il proprio territorio, mettendo a repentaglio non solo un’integrazione ordinata, ma anche la stessa pace sociale. Anche tanti popoli senza Stato, pensiamo ai popoli indigeni fortemente legati al loro territorio, non hanno motivo di entusiasmarsi di un ius migrandi. Sarebbero esposti indifesi all’immigrazione che ben presto li trasformerebbe in una minoranza sul proprio territorio. La Valle nel suo intervento avrebbe potuto accennare ad un altro diritto fondamentale: quello di poter vivere nel rispetto dei diritti umani nella propria comunità. Se la comunità internazionale sapesse assumersi le sue responsabilità per l’attuazione dei principali diritti umani già codificati di tutti nei loro paesi, non servirebbe introdurre un nuovo ius migrandi, realizzabile in uno Stato mondiale, ma certamente non in un mondo diviso in 200 Stati.

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Martin Daniel Thu, 11/30/2017 - 09:42

Nonostante il fatto che sui seguenti singoli punti si possa essere di diversa opinione, le conclusioni dell'autore sono comunque del tutto da condividere:
"Rafforzerebbe il drenaggio del “capitale umano”, delle persone più istruite e più capaci verso i paesi industrializzati": da interviste in un reportage della ZDF di ieri sul Gambia (https://www.zdf.de/nachrichten/heute-journal/fluchtursachen-in-gambia-b…) risultava che sono prevalentemente giovani uomini (sotto i 20 anni) senza lavoro ne prospettive a volersene andare;
"succhierebbe da tanti paesi i giovani prosciugando le economie e le comunità locali": secondo l'heute journal di ieri il 60% della popolazione é costituita da giovani e le rimesse degli emigrati ai paesi d'orgine (35 mld) superano gli aiuti allo sviluppo dell'UE (21 mld). Certo, alla lunga non si può vivere di sole rimesse che - in quanto soldi e non beni produtti e produttivi - non contribuiranno a uno sviluppo duraturo delle economie africane.

Thu, 11/30/2017 - 09:42 Permalink
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Thomas Benedikter Thu, 11/30/2017 - 17:37

Le rimesse sono importanti, senza dubbio, ma il "brain drain" pesa di più, oltre alla fuga di capitali dai paesi in vi adi sviluppo, soprattutto dell'Africa, che supera di gran lunga anche il flusso inverso di rimesse. I giovani del Gambia e della Nigeria saranno spesso poco istruiti, ma seguiranno quelli più istruiti: "Ma l'emigrazione sarà selettiva: i migliori e più brillanti avranno più da guadagnare da uno spostamento. Sono quelli che hanno maggiori probabilità di ricevere una buon aaccoglienza nei paesi di destinazione," scrive Paul Collier in "L'ultimo miliardo" (Laterza, 2004, p.115), "quelli che vanno via non torneranno e l'invio delle loro rimesse si interromperà dopo una generazione."
Überhaupt empfehle ich Paul Collier, einen der führenden Experten für afrikanische Wirtschaft und Ökonomien der Entwicklungsländer, für mehr Einsichten in die Migrationsdynamik, etwa in den Bestsellern:
Exodus: warum wir Einwanderung neu regeln müssen, Siedler Verlag München 2014
Gestrandet: Warum unsere Flüchtlingspolitik allen schadet - und was jetzt zu tun ist. Siedler Verlag München 2017

Thu, 11/30/2017 - 17:37 Permalink