Politics | Lo sviluppo dell'autonomia in Trentino

Il 3° Statuto visto dal Trentino

Nel 2013 insieme a Gianfranco Postal e Massimo Carli, il professore di diritto costituzionale comparato all’Università di Trento Roberto Toniatti ha elaborato delle proposte per l'approfondimento di possibili linee guida per il 3° statuto di autonomia. L'ipotesi di revisione statutaria dei tre autori trentini riguarda in primo luogo l'autonomia della Provincia autonoma di Trento e un nuovo assetto dell'attuale Regione. Ma questa bozza di 3° statuto comprende anche un ventaglio di proposte e idee di riforma per l'Alto Adige-Sudtirolo. Roberto Toniatti ne parlerà il 28 febbraio alle ore 19.30 presso l'Antico Municipio di Bolzano, in via Portici 30 a Bolzano, nell'ambito della serie di incontri dedicati all’autonomia, promossi dal Südtiroler Bildungszentrum e dalla cooperativa POLITiS.
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In Alto Adige si parla di una “Convenzione per l’autonomia”, e in Trentino? Quali temi, con che metodi e quali persone stanno affrontando il tema?

Premetto che rispondo come cittadino e come studioso, senza vincoli di natura politica ma con un’esperienza di collaborazione con le istituzioni dell’autonomia che risale ormai agli anni ’90. Anche in Trentino nel dibattito pubblico (politici, studiosi, opinion makers, etc,) si sono fatte molte ipotesi, più o meno realistiche e più o meno suggestive. Rispetto all’Alto Adige,  in Trentino la polemica  strutturale contro la maggioranza si esprime attraverso un frequente riferimento alla Regione come entità politica da recuperare ma – mi sembra - con argomenti molto vaghi e in fondo con scarsa convinzione da parte degli stessi proponenti. Nel complesso, le nuove dinamiche di centralizzazione obbligano, da un lato,  a privilegiare un orientamento difensivo (soprattutto attraverso i ricorsi alla corte costituzionale) e, dall’altro, ad affidarsi al negoziato riservato finalizzato ad acquisire in sede politica il consenso per norme di attuazione che espandano l’ambito dell’autonomia. In questa seconda prospettiva, prevale invece un orientamento propositivo. Dunque, gli unici veri protagonisti di questa fase sono le due Giunte provinciali.

Quali sono gli aspetti dell’autonomia che il Trentino punta a sviluppare di più e che è pensabile e possibile realizzare e quali sono invece quelli più difficili da ottenere?

Si tratta di materia che rientra nella discrezionalità politica delle Giunte e non mi risulta che vi sia stato un dibattito pubblico in sede consiliare. Ad esempio, benché si faccia spesso riferimento al concetto di “Vollautonomie” e di autonomia integrale, temo che si tratti più di uno slogan politico che di una nozione ben definita ed articolata. Credo comunque che le due province debbano percorrere insieme la strada dell’autonomia integrale.

Il tema è riservato ai soli esperti? In che modo si tenta di coinvolgere i cittadini in questo processo di sviluppo?

Direi di sì. Non mi sembra che si tenti di coinvolgere i cittadini – se non su iniziativa di gruppi non istituzionali – e non sono neanche sicuri che i cittadini siano disposti a lasciarsi convolgere.

Come vede il futuro della collaborazione tra le due province, la Regione, l’Euregio, l’Europa delle regioni e delle minoranze?

L’Europa delle Regioni è più un’ipotesi o un’immagine (o, ancora una volta, uno slogan politico) che un vero e proprio concetto, tanto più quanto più intergovernativa si rivela essere l’integrazione europea, con un formidabile recupero di protagonismo degli Stati nazionali. Realisticamente, già da tempo si preferisce parlare di Europa con le Regioni anziché di Europa delle Regioni, in quanto è chiaro che le Regioni non riusciranno – almeno in tempi medi – a prendere il posto degli Stati quali soggetti costitutivi dell’Unione Europea. Questa diversa prospettiva pone l’accento sulla capacità differenziata delle Regioni di essere presenti nello scenario europeo ed internazionale. Anche per quanto riguarda le minoranze nazionali, per ora siamo appena al loro mero riconoscimento formale nel testo del Trattato istitutivo. Poiché tutti i popoli europei si ritrovano ad essere minoranze nel contesto dell’Unione, le vere minoranze interne corrono il rischio di scomparire. L’Euregio la vedo ancora come una dimensione solo istituzionale e poco civica e pochissimo partecipata. Per quanto riguarda il mio ambito professionale, quello universitario, manca una visione di ampio respiro e si cerca di compensare questo vuoto con piccole esperienze di collaborazione.

E come vede in futuro il rapporto tra la nostra autonomia speciale e lo stato?

Nel migliore dei casi lo vedo ispirato ad un costante negoziato.

In un tempo di crisi economica e in un contesto italiano che non ama le autonomie, che prospettive praticabili ci sono? Come spiegare che le autonomie speciali hanno diritto di continuare ad esistere?

Non si tratta infatti di privilegi come tanti dicono, bensì di assetto differenziato, ponendo l’accento sul fatto che l’autonomia speciale è fondata sul binomio indissolubile “autonomia e responsabilità” e che a maggiore autonomia corrisponde maggiore responsabilità. Forse la nostra piccolezza si potrebbe rivelare come  la nostra forza, nel senso di assicurare che la nostra autonomia differenziata dà poco fastidio agli altri.